Fascino dei Bazar e delle isole sul Nilo
Il più grande e noto bazar del Cairo è quello di Khan-el-Khalili (conosciuto come “El Hussein”). Disponendo di una mappa della città, dal centro vi si arriva anche a piedi in un’ora di cammino. E’ una vera città nella città, pittoresca e attraente. Rumori, colori e odori stordiscono i visitatori, blanditi dal cicaleccio continuo dei venditori che adescano i potenziali clienti invitandoli nelle loro straordinarie botteghe: scambiano convenevoli, raccontano storie, offrono merci e concludono affari solo dopo interminabili e rituali trattative. Nonostante la presenza di turisti, è uno spaccato di autentica vita popolare egiziana, quello che si svolge ogni giorno a el-Khalili. Figure e personaggi come l’uomo dei profumi, quello del legno di sandalo o del rame, restano indimenticabili.
Un altro luogo dove gli egiziani trascorrono volentieri le loro giornate sono le isole sul Nilo. Anche qui si riflette, in un certo modo, la bipolarità della società egiziana. Zamalek è l’isola prediletta per i pic-nic popolari, le passeggiate, gli incontri. Verdissima, al centro della città, Zamalek mantiene un aspetto seducente e riposante. Gzira, invece, è tradizionalmente l’isola dei benestanti. All’epoca di re Faruk, che governava l’Egitto prima del colpo di stato di Nasser, era il luogo della società dorata del Cairo e conservava tutto il fascino indolente di una classe sociale destinata a scomparire o perlomeno a subire profonde trasformazioni.
Venerdì, preghiere e Tivù
Il ritmo abituale della città si arresta di colpo in corrispondenza del fine settimana arabo. Il venerdì mattina la voce del muezzin riecheggia in una città quasi deserta. E’ festa.
Gli autobus sgangherati passano veloci davanti a lunghe file di fedeli chini sulle stuoie stese lungo i marciapiedi. Dappertutto ci sono assembramenti di carattere religioso. Anzi, gli integralisti, per mostrare la loro potenza, scelgono appositamente le piazze più trafficate per celebrare le ricorrenze religiose. E’ il vento dell’Islam che spira in Egitto. L’indignata voce del muezzin sovrasta il rumore del traffico: a tratti tuona contro la dissoluzione morale della società, poi si riprende, ricorda ai fedeli accovacciati le imprese intrepide degli eroi della guerra santa.
Ma oramai la vera regina del giorno di festa è la televisione. Considerata “l’oppio degli arabi”, la televisione egiziana produce una quantità enorme di programmi che esporta in tutta la regione. Il cuore delle trasmissioni sono gli interminabili sceneggiati, sorta di telenovelas indigene, con il solito rituale di amori contrastati, gelosie, odi e riconciliazioni.
Per il resto, i divertimenti festivi sono i soliti: grandi luna park e calcio. Per fortuna ora la città brulica di internet point per i giovani e nella piazza principale del Cairo i fast food all’occidentale hanno fatto la loro apparizione.
Tanti figli, poche case
Finita la festa, riprende il ritmo incessante della vita cittadina. Scene di massa la animano continuamente. Uno dei centri di questo inarrestabile movimento è a Piazza Ramses, dove si trova la stazione centrale. Una fiumana di uomini e donne con figli e piccole mercanzie che salgono e scendono i ponti pedonali. La maggior parte di loro vede il Cairo per la prima volta. Molti sono venuti dalle campagne per visitare i sepolcri dei discendenti del Profeta, altri per curarsi negli ospedali della capitale, altri ancora per affari.
Alcuni però resteranno qui per sempre, qualcun altro invece emigrerà in cerca di fortuna all’estero.