Venerdì 22 Novembre 2024 - Anno XXII

Sotto i cieli del Tibet in mountain bike

Tibet Foto di aobahorse da Pixabay

Il tour Lhasa – Kathmandu è il sogno irrealizzato di quasi tutti i ciclisti. Assaporiamo l’avventura con le “riflessioni ad alta quota” del poeta e scrittore Giovanni Zilioli che, nel 2005, l’ha percorso con cinque amici

La copertina del libro di Giovanni Zilioli
La copertina del libro di Giovanni Zilioli

Come nasce l’idea di visitare un luogo piuttosto che un altro e farlo con passo lento, a bordo di una bicicletta? I fattori che ci indirizzano in una scelta piuttosto che un’altra sono diversi: il racconto fatto con passione da un amico, la lettura di un reportage, la visione di un documentario o di un film che ci ha particolarmente colpito. Altre volte solo l’irrefrenabile desiderio di andare in un certo posto.
Qualcuno sostiene anche che sia una specie di destino che bussa alla porta dell’anima.
Giovanni Zilioli scrittore e poeta, con una passione sfrenata per la bicicletta, pensa che “siano i luoghi a chiamare noi e non viceversa”.
Nel libro “Sotto i cieli del Tibet”, pubblicato da Edicilo, racconta il suo viaggio, fatto nel 2005, in bicicletta da Lhasa a Kathmandu. Per il Paese delle Nevi, e per la cultura buddhista, Zilioli nutriva un certo interesse già dai tempi dell’università, trent’anni prima del suo viaggio.

Lhasa. La città che sta al Tibet come Roma sta al Vaticano
Il Potala, Tibet
Il Potala, Tibet

“Oltrepassare in volo la catena himalayana – lasciandosi alle spalle le cime più alte della Terra,  scintillanti sopra le nuvole in un cielo azzurro da primo giorno della creazione – significa approdare a un continente nuovo, che visto dall’alto sembra un infinito spazio marrone tagliato in tutti i sensi da innumerevoli valli che confluiscono, spesso, in vasti laghi turchese o smeraldo dalle stranissime forme, lambiti dalle lingue terminali dei ghiacciai (…)”.
Lhasa: “La prima visita – quasi un obbligo morale – è riservata al Potala, il ‘Vaticano’ del buddhismo tibetano, un Vaticano, però, orfano di papa dal 1959 (…)”.

Il Dalai Lama
Il Dalai Lama

“Quanto al potala, che dire, che non sia già stato detto o scritto? La sua magnificenza architettonica, da sola, vale il viaggio. I cortili interni, i molti piani sovrapposti arditamente nella roccia (sono in tutto tredici, numero sacro per i tibetani), le quasi mille stanze, i colori sgargianti degli addobbi e degli arredi, le statue ricchissime di pietre preziose e ori, i dipinti, le miniature, le arditissime soluzioni tecnologiche che ne hanno permesso – secoli fa – la costruzione, lasciano stupefatti e ammirati. È un’autentica reggia, creata per la dimora di un vero sovrano, un palazzo sospeso fra cielo e terra, anzi: un legame solido e onirico fra l’alto e il basso, l’aldiqua e l’aldilà, ciò che passa e ciò che resta (…)”.
“Il Potala non potrebbe che trovarsi a Lhasa, proteso come una gigantesca nave in questo azzurro madreperla, levigato e strattonato dal vento gelido dei 3600 metri d’altezza, a sorvegliare questi orizzonti di cristallo, aperti ai non lontani contrafforti d’Himalaya….”.

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Il primo Cinquemila. Da Yamdrok Tso a Gyantse (110 chilometri)
Monaci tibetani nel monastero di Sakya
Monaci tibetani nel monastero di Sakya

“Dopo l’ennesima sfuriata notturna di pioggia, quando ci ritroviamo sotto la tenda per la colazione, decidiamo di partire, sebbene il cielo rimanga cupo e la temperatura si sia bruscamente abbassata. Questo, però, è un ottimo segnale, penso fra me e me. Significa che le correnti iniziano a cambiare  direzione di provenienza: non più quella umida e tiepida da sud-ovest (con il suo carico di nuvole e  acqua), bensì quelle più secche e rigide da settentrione, avanguardie dei cieli sereni e luminosi. Ne sono sicuro, anche se i miei compagni sospirano titubanti e preoccupati. Comunque, vinciamo gli ultimi  indugi e partiamo, percorrendo un ultimo tratto asfaltato. Superato il villaggio di Nakartse, salutiamo definitivamente lo Yamdrok Tso che ci ha tenuto compagnia negli ultimi due giorni, ci dirigiamo  decisamente verso ovest, in direzione di altissime montagne a chiusura di orizzonte, splendenti ghiacciai ancora lontani, che il sole, via via che i vapori sono dissipati dal vento, illumina con riflessi accecanti.

Al Campo Base dell'Everest (5200 metri), Tibet
Al Campo Base dell’Everest (5200 metri), Tibet

“Lo sterrato è di passabile qualità, il traffico inesistente, il silenzio assoluto. Solo qualche isolato gracchiare di cornacchia e le ali di un’aquila che sbattono potenti nel cielo ormai limpido. Man mano che si sale, il paesaggio si fa mozzafiato: ghiacciai immensi, cime oltre i settemila metri, valloni laterali che si perdono all’infinito… Verso mezzogiorno, raggiungiamo in ordine sparso – come sempre, quando si va in salita, perché ognuno procede con il proprio passo – il Karo La, il nostro primo “cinquemila” pedalato, per l’esattezza 5050 metri! 

Dharamsala. La dimora di Tenzin Gyatso, il quattordicesimo Dalai Lama
Dharamsala. La dimora di Tenzin Gyatso, il quattordicesimo Dalai Lama

Spazi infiniti, azzurri e bianchi, di cieli e di ghiacci; silenzi oltreumani, che il vento da oriente con moto perpetuo e immemore sparge; il sempre nuovo, il sorprendente colore
dei monti e degli occhi di questi fanciulli poveri e gai; la terra che s’apre ai misteri più alti:
nuda concreta felice di essere madre e signora dei nostri miseri guai.
È questo il Tibet segreto, l’immenso forte e modesto terrazzo dal quale si vede il naufragio del mondo. È il Tibet dei templi, dei buddha impassibili eterni; è ostia e altare,
sacerdote e pastore. E baluardo roccioso al dilagare del niente.

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Giovanni Zilioli, fra le nevi del Gamba La
Giovanni Zilioli, fra le nevi del Gamba La

“L’emozione è vertiginosa. Piera e Siro si abbracciano, esclamando la loro gioia infantile e sincera. Le foto scattate non si contano, così come non è quantificabile la meraviglia crescente lungo la tortuosa discesa: pianori desertici, circondati da corone di cime bianche oltre i seimila metri; yak al pascolo ai bordi della neve caduta le notti precedenti, orizzonti smisurati, ai quali non siamo abituati; colori intensi, profondità spaziali del tutto nuove e paralizzanti sono le dimensioni di tutto: esagerate, inattese, da autentico e niente affatto retorico Tetto del Mondo.
Ecco, dovessi dire dove inizia il Tibet vero e proprio, direi: oltre il Karo La. I villaggi sono rarissimi e minuscoli, abitati da chiassosi bambini vivaci e analfabeti. Alcuni sembrano abbandonati, lasciati in pasto al vento e al gelo. I torrenti pulitissimi rumoreggiano schiumosi al fondo di forre, che  improvvisamente si dilatano e poi di nuovo si restringono in gole ruvide e scure, dove la tramontana fischia acuta e la solitudine si fa materia viva, una concretezza in mezzo alla quale si passa a volte con il magone per la troppa bellezza, a volte con il
sorriso della gratitudine.

È tutto portato all’estremo: il gelido e il caldo la notte e il meriggio la gioia e il dolore le stelle e i deserti
la supplica e il canto la morte e la vita l’invisibile e il corpo l’anima dentro le cose l’evidenza e il Mistero –
il Mistero fatto evidenza.

“Dopo molti chilometri di discesa e una breve faticosa risalita, superiamo anche il Simi La (m 4330) e il vasto bacino idroelettrico che lo circonda, tuffandoci poi nella polverosa e disagevole strada che ci porterà alla storica cittadina di Gyantse, a circa 4000 metri di quota. Qui dormiamo e mangiamo, nel lussuoso, recentissimo, nonché cinesissimo, Jing Zi Hotel, fra comitive europee (tedeschi, austriaci, svizzeri, francesi), anche loro in viaggio sulla rotta Lhasa-Kathmandu, più o meno lungo il nostro  itinerario. Le ritroveremo durante i prossimi due o tre giorni, poi ci perderemo di vista definitivamente. Dormire in un buon letto è una pacchia. In fondo, ce lo siamo guadagnati, mettiamola così…”.

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Lasha-Kathmandu: informazioni utili sul viaggio

Come arrivare a Lhasa

Volo aereo da Kathmandu. Per ottenere il visto d’ingresso in territorio cinese ci si deve muovere con molto anticipo contattando l’Ambasciata o il Consolato Generale
Quando andare
I periodi migliori sono quelli che precedono o seguono le piogge monsoniche, cioè maggio/giugno e ottobre/novembre.
Bici e abbigliamento
Munirsi di mountain bike resistente dal momento che lo stato delle strade non è dei migliori. Portare con sé del materiale di scorta: copertoni, camere d’aria, raggi e cavi.
Vestirsi in modo pesante, con capi invernali e ben imbottiti.
Alloggio
A parte i centri maggiori come Lhasa, Gyantse o Kathmandu, non si trovano hotel di standard europeo, ma spartani alberghetti e guesthouse modeste. Un’alternativa è il campeggio libero lungo i fiumi e nelle piane dei torrenti.
Alimentazione
Attenzione alle bevande. Non bere da fontanelle e torrenti. Evitare inoltre di comprare cibi venfìduti e cucinati nei banchetti lungo le strade. A Gyantse, Lhasa e Shigatse ci sono ottimi ed economici ristorantini.

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