“Mai gridare al lupo” esortava il titolo di un celebre film, girato venticinque anni fa in Canada; tutto neve, grandi spazi e caribù. Consiglio: rivedete il film e meditate sul titolo, se siete in partenza per Cuneo e paraggi, perché oggi il regista Carrol Ballard potrebbe girare la sua storia lì. Certo, nella “Provincia Granda” non ci sono caribù. E per tre quarti dell’anno l’unica neve visibile è quella che macchia il lontano profilo del Monviso. In compenso però ci sono i lupi: timidi, teneri e diffamati, proprio come i loro “cugini” del famoso film di Ballard.
Lupi a “cavallo!”: fra Italia e Francia!
Pochissimi non sono: in tutto il Cuneese ne hanno contati quarantaquattro; e solo nelle valli intorno all’Argentera più di venti, suddivisi in cinque branchetti. Ma non sperate di vederli facilmente, perché i lupi non sono scemi e sanno bene che l’uomo a volte è una belva feroce. Perciò stanno alla larga da tutto ciò che è umano: città, paesi, strade di fondovalle. Vagano sullo spartiacque tra Italia e Francia, dove l’acqua è più pura, il cielo più vicino e i camosci più frequenti. Che altro potrebbero trovare a bassa quota, se non rogne? Laggiù non sono amati.
La prova di questo disamore è che circa un secolo fa la specie si estinse e non per cause naturali: tagliole, doppiette e bocconi avvelenati avevano fatto strage degli ultimi esemplari delle Alpi Marittime. Poi, nel 1992, giunse la notizia incredibile: il lupo era tornato. A comunicarla a tutti fu Patrick Ormea, una guardia del Parc National du Mercantour, l’area protetta che tutela il versante francese della catena: a monte di St.Martin-Vésubie, non lontano dal Col di Tenda, il nostro uomo aveva avvistato due lupi intenti a cacciare mufloni.
Schedati e monitorati
Da allora gli avvistamenti si sono moltiplicati, sia di là che di qua dallo spartiacque, dove si estende il Parco Naturale delle Alpi Marittime, gemello del Mercantour. E dal 1994 la Regione Piemonte finanzia un “Progetto lupo” che tiene monitorata la specie, studiando gli spostamenti, gli usi alimentari e l’andamento demografico dei branchi. I lupi non lo sanno, ma oggi sono tutti schedati: ogni esemplare è identificato con una sigla formata da una M (maschio) o una F (femmina) più un numero. E ogni famiglia ha un “cognome”. Qualche esempio? Stura Bassa, Varaita e Tanaro-Roya sono i “cognomi” di tre branchi che frequentano le valli omonime. Un altro gruppo, che pendola tra Italia e Francia nei dintorni del Col di Tenda, si chiama Meraviglie. Quanto alle sigle individuali, F31 è quella di una lupa nata nel 2001 da queste parti, in Val di Pesio, che poi decise di emigrare e finì in Val d’Ossola, a trecentocinquanta chilometri di distanza. Invece M15 era un maschio che non arrivò mai nel parco: fu ucciso in Liguria da un boccone avvelenato, mentre puntava sul Cuneese.
Animali viaggiatori
Il “Progetto lupo” riguarda tutto il territorio piemontese e coinvolge sette studiosi della materia, coordinati da una biologa di Cuneo, Francesca Marucco, che dopo essersi occupata della specie in America è tornata in patria. Ora Francesca passa quasi tutto il suo tempo in montagna, sbinocolando e cercando tracce dei predatori, soprattutto quando il terreno è innevato e le impronte sono più evidenti. Il suo è un mestiere faticoso, che però ha già dato frutti scientifici di rilievo, confluiti in un dettagliato rapporto, diffuso un anno fa. Di quel rapporto riparleremo più avanti. Ma ora occorre rispondere a un quesito preliminare: come ha fatto a “risorgere” il lupo delle Alpi Marittime? In altre parole: da dove è arrivato, o chi ce l’ha portato? “Non ce l’ha portato proprio nessuno: il lupo è un grande viaggiatore e si sposta da solo – risponde la Marucco – Questo infatti è un ripopolamento spontaneo: i lupi appenninici si sono espansi e seguendo le montagne sono giunti da noi. Alcuni, anzi, sono andati ben oltre: hanno seguito l’arco alpino e sono finiti addirittura in Svizzera”.
Monte Argentera, habitat preferito
Che i branchetti delle Alpi Marittime abbiano antenati in Appennino, è fuor di dubbio. Lo prova l’esame del Dna, compiuto su alcuni esemplari trovati morti. E gli esperti lo sapevano già prima delle analisi, perché i lupi delle Alpi Marittime hanno le zampe striate di nero, una variante cromatica tipica della razza del Centro-Italia. Ma se è vero che i lupi sono gradi viaggiatori, in grado di raggiungere la Svizzera partendo da Umbria e Toscana, perché in nessun settore delle Alpi la specie registra una densità come intorno all’Argentera?
“Perché sulle Alpi Marittime – risponde Giuseppe Canavese, vicedirettore del parco naturale – un carnivoro trova habitat adatti, poco antropizzati, e cibo abbondante: basti dire che, alle quote adatte, da noi i camosci raggiungono una densità di cento capi ogni cento ettari, cioè dieci volte più della media delle Alpi. Si aggiunga che abbondanti sono anche altri erbivori: per esempio gli stambecchi, che nel 1980 erano solo quattrocento e oggi sono diventati quattro volte di più, nonostante ripetuti prelievi di esemplari destinati a ripopolare altre zone”.
La dieta? Camosci, caprioli e pochissime pecore
A questo punto va fatta giustizia di un luogo comune, che è all’origine delle molte guerre mosse dai pastori al predatore dei monti. Malgrado fiabe e leggende lo dipingano come terrore degli ovili, in realtà il lupo attacca le pecore solo raramente. Il rapporto firmato nel 2007 dall’équipe della Marucco parla chiaro: il novanta per cento dell’alimentazione dei lupi cuneesi è costituito da camosci e caprioli. Soprattutto da camosci, che talvolta superano da soli l’ottantaquattro per cento dell’alimentazione complessiva. Le pecore, per alcuni branchi, non raggiungono l’uno per cento. Comunque, è innegabile che gli attacchi al bestiame domestico ci sono: dal 1999 al 2006 le pecore e capre predate dai lupi nel Cuneese sono oscillate da un minimo di cinquantacinque a un massimo di centoventisette l’anno. Il dato può sembrare alto ma non lo è, contando che va rapportato a un territorio immenso (non a caso chiamato “Provincia Granda”), dove l’allevamento di ovini e caprini allo stato brado è ancora diffuso. In ogni caso i danni patiti dagli allevatori vengono risarciti: quindi la persecuzione dei lupi come “nocivi” è del tutto ingiustificata.
Vita dura. Vita da Lupi
Eppure i pregiudizi sono duri a morire e i lupi delle Alpi Marittime, proprio come i loro lontani cugini del film di Ballard, continuano ad avere nell’uomo un nemico. Dalla “risurrezione” della specie a oggi, in Piemonte ventotto capi (di cui sette nel Cuneese) sono morti per cause non naturali: alcuni sono stati investiti per caso da auto, ma altri sono stati fucilati o avvelenati deliberatamente, nonostante i severi divieti di legge. Più dell’uomo uccide soltanto l’inverno, che coi suoi stenti e con le sue valanghe ogni anno si porta via il quindici per cento dei lupi “residenti”. Perciò, se quest’autunno andrete a camminare intorno all’Argentera e non vedrete i lupi, cercate di capirli: per loro, sfuggire l’uomo è una necessità vitale. Anzi, vi diciamo subito che non li vedrete: al massimo, se siete fortunati, dopo le prime nevi troverete per terra le loro tracce. Sarà un’emozione indimenticabile. E se le tracce si faranno più fitte e più recenti, non fatevi prendere dalla sindrome di Cappuccetto Rosso, perché i lupi sono timidi e diffamati. Ricordate piuttosto il titolo-esortazione del famoso film: mai gridare al lupo!
Idea. Far guardare il lupo negli occhi
A Entracque è in via di allestimento un “Centro lupo”, che una volta terminato permetterà a tutti di familiarizzare con alcuni esemplari della specie, fino a guardarli negli occhi da vicino. Si tratta di un grande recinto, che delimita un pendio boscoso in riva a un corso d’acqua, dove verranno tenuti (in cattività, ma liberi di muoversi in un ambiente naturale) da due a quattro lupi provenienti da giardini zoologici. Un tunnel consentirà ai visitatori di accedere a una torretta di osservazione, proprio al centro dell’area recintata. Scopo dell’iniziativa, spiegano alla direzione del Parco, è favorire la rieducazione del pubblico, abituandolo a vedere il lupo come è davvero, al di là dell’immagine negativa che ne dà la tradizione. Sul versante francese delle Alpi Marittime un’iniziativa simile esiste già a St.-Martin-Vésubie (telefono 0033 4 93023369).
Parco Alpi Marittime. La carta d’identità
Il Parco naturale delle Alpi Marittime è nato nel 1995 dalla fusione di due aree protette preesistenti: quella dell’Argentera (istituita nel 1980) e quella dei Laghi di Palanfrè (1979). Si estende su tre valli (Vermenagna, Gesso e Stura) e quattro comuni (Valdieri, Entracque, Aisone e Vernante) a ridosso di due passi transalpini (Col di Tenda e Colle della Maddalena). Il territorio è marcatamente alpino, con cime che superano i tremila metri e comprende fitti boschi, pascoli d’alta quota, un piccolo ghiacciaio e ben ottanta laghi. Per arrivare, in auto si raggiunge Cuneo e si prosegue sulla statale 20 fino a Borgo San Dalmazzo, snodo delle tre valli del parco; a Vernante si può anche andare in treno (linea Torino-Cuneo-Ventimiglia).
La sede principale è a Valdieri (piazza Regina Elena 30, telefono 0171 97397) ma per i visitatori ci sono anche quattro centri di accoglienza, di cui solo due aperti in autunno-inverno (a Entracque: piazza Giustizia e Libertà 2, telefono 0171 978616; a Vernante: via Umberto I 111, telefono 0171 920220).
Per altre notizie: www.parks.it/parco.alpi.marittime
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