Ma perché mai tanto “querida” (cara) simpatica e invidiata?
Semplicemente perché ‘sti goderecci di Andalusi non sono dei santi, ma qualcosa di simile ai “miracoli” la stanno facendo. Un esempio, una dimostrazione concreta? Eccola (e per carità di patria si evitino barbini paragoni con regioni e città del Belpaese, isole comprese). Mancavo da meno di un anno da Siviglia e in questo breve lasso di tempo cosa non hanno combinato i locali, cosa non ti ritrovo nella capitale di quella che potremmo definire la “Teronia Hispanica”?
Siviglia “moderna” …
Tante belle innovazioni, cambiamenti, iniziative, per migliorare la qualità della vita del cittadino. Pochi mesi fa, come detto, avevo visto alcune vie del centro occupate da “lavori in corso” e le ho ritrovate percorse da modernissimi, silenziosi, capienti tram ecologici. Sono scomparsi i vecchi autobus del trasporto urbano eruttanti le solite schifezze e ne ho visti di nuovi fiammanti con su scritto “Grazie al ‘gas comprimido’ manteniamo l’aria pura”. I normali semafori dirigenti gli attraversamenti dell’incasinato Paseo de Colòn, lungo il Guadalquivir, sono stati sostituiti da luciferini impianti scandenti i tempi, i secondi restanti per raggiungere sano e salvo l’opposta sponda prima che una balda carrozzella ti possa arrotare.
Sotto la Giralda, sprovveduti turisti infilano cartoline in un box eretto sul marciapiedi, ritenendolo una cassetta postale e invece trattasi di un lindo scarico della “monnezza” (la introduci e il tutto, aspirato, scompare).
Vini andalusi: un vero “love affair”!
L’invito a volare in Andalusia (come detto gentilmente, e subito accettato) era motivato da due “full immersions”: nel Flamenco (in occasione del Festival di questa espressione artistica, tipica della regione, che da alcuni lustri si svolge a Siviglia negli anni pari) e nel Vino di Jerez (il celeberrimo “Fino”, di difficile spiegazione al lettore italico, che in materia di vini indulge forse troppo in un deprecabile Chauvinismo, salvo spiegargli sbrigativamente che a questa categoria appartiene l’universalmente noto, anche in Italia, “Tio Pepe”).
Affinché divenissi “Maestro” di Flamenco (beninteso a livello gazzettistico-culturale e non certo come “Cantaor o Bailaor” e nemmeno quale suonatore di chitarra) la troupe degli invitati fu portata a soggiornare a Priego de Cordoba, mentre per “saperne di più” in tema di vini, non si poteva che condurci, appunto, a Jerez de la Frontera (con blitz nelle non distanti Puerto de Santa Maria e Sanlucar de Barrameda, patria della Manzanilla, che sempre un vino “Fino” è, ma col Fino jerezano intrattiene un rapporto campanilistico non dissimile dalle discordie calcistiche tra Novara e Pro Vercelli all’inizio del secolo scorso).
E poiché tutta la vita è un Derby, un confronto, una scelta, se mai qualcuno osasse chiedermi quale dei due “Corsi di Istruzione” ho più gradito, ça va sans dire che (stonato come sono e con le dita ‘negate a suonare la chitarra’) lo ammetto, ho di gran lunga preferito l’immersione nel vino (con il quale intrattengo un buon rapporto da circa un sessantennio).