Programma –
Il responsabile, capo, pierre, direttore, presentatore, saluta e more solito ringrazia i presenti (vabbè si usa), dice quattro balle (in italiano, straniero o italico che sia) dopodiché “introduce” quello/quelli che parlano, che devono “far vedere la merce”. In tal caso (99%) trattasi di straniero/i, che l’italiano poco lo mastica/no (dice/dicono “bona sera” poi attacca/no nella linguamadre) e comincia/no a parlare mentre sul (solito) schermo tipo tivù appaiono (le solite) camere d’albergo (cui segue panoramica dell’annesso cesso) poi tramonto dalla suite del (solito) albergo, infine dissolvenza del (solito) filmino, battimani e riapparizione del presentatore in italiano che invita a “Lu Magnare” (unica vera mèta cultural- professionale della manifestazione, pensata dai presenti già dal momento in cui si infilavano nel metrò).
Lu Magnare – Ovvio buffet in piedi, unica vera “variabile” di queste manifestazioni (dipende da quanto scuce chi organizza, come diceva Eduardo nel suo Teatro, a proposito del prete cui veniva richiesta una particolare e massiccia benedizione pasquale: “Tanta Pagàzio, Quanta Pittazio”). Pertanto, sono superflui commenti in merito (però ‘sto sempre presente salmone da quando gli allevamenti norvegesi lo vendono a tre euro al chilo, comincia – te pareva – a rompere le balle).
Gente – In numero normale, non poca né molta, ma per certo costosissima (se mai si dividesse la spesa globale non tanto per il numero degli sbafanti quanto per il “coefficiente di importanza” dei medesimi: quanto può “valere/costare” la presenza di un fattorino o della contabile di una agenzia viaggi?). Forse un filino penalizzata (la gente) per la presenza di (solo) una decina di sedie appetto a una quarantina di obbligati a mantenere la posizione verticale per circa mezz’ora tra filmini, discorsini e “presentazione visiva di camere e cessi” da parte del già citato “Italian non speaking” manager. Tra la gente, ovvia la presenza di adepti della (solita non meno che storica) Banda della Tartina (e uno di loro “costa” quanto un t.o. che all’hotel presentato manda mille persone l’anno, o quanto un giornalista che sull’hotel scrive un romanzo a puntate. Forte infine la presenza dei (soliti) furbi che arrivano verso la fine di queste (solite) manifestazioni, giusto in tempo per sbafare ed eclissarsi con il “cadeau”-omaggio-regalino (squallido, ma ahinoi di ‘sta gente ce n’è tanta).
Vale la pena tutto ciò (a parte le palle che si fa chi a ‘ste “serate” andare deve?). Sarebbe mica il caso di far qualcosa di diverso dal “solito” (una bella osteria con cucina casereccia, polenta e baccalà “innaffiati” da una buona Barbera, cose vere e genuine)?