Domenica 5 Maggio 2024 - Anno XXII

La “nuova” Stazione Centrale di Milano

Da due anni i treni continuano ad arrivare e a partire nonostante la presenza di un cantiere grande e complicato. Migliorie e nuove realizzazioni che per fine anno saranno consegnate ai milanesi

Anni Cinquanta, rischio demolizione

I nuovi tapisroulant (Foto: Grandi Stazioni)
I nuovi tapisroulant (Foto: Grandi Stazioni)

Più volte, nel corso dei decenni, la stazione è stata oggetto di lavori. Ma si è sempre trattato di operazioni parziali e scoordinate, che hanno creato un viluppo di superfetazioni, senza una visione d’insieme e un chiaro obiettivo funzionale.
Del resto, la storia stessa della stazione spiega una certa trascuratezza che si è prolungata fino agli anni recenti: fortemente voluta da Mussolini e inaugurata durante il Ventennio, dopo la guerra essa fu subito – e a lungo – “bollata” come un’opera del regime fascista e per questo detestata politicamente e derisa architettonicamente: il suo stile eclettico fu chiamato “assiro-milanese”, espressione che voleva sottolineare il provincialismo della sua monumentalità e una grammatica estetica ibrida, con richiami al Liberty, al Decò, al Rinascimento italiano e alla magniloquenza ottocentesca. Negli anni Cinquanta si fece persino strada l’idea di demolire tutto l’edificio passeggeri: vedere oggi i progetti di allora (su cui si impegnarono anche architetti di fama, tra i quali Vittoriano Viganò) fa rabbrividire. Un altro fatto è stato fortemente conservativo: i conti cronicamente dissestati delle Ferrovie hanno impedito investimenti di rilievo che non fossero in quello che gli economisti chiamano il “core business”, ovvero il trasporto su rotaia; una stazione doveva semplicemente funzionare come luogo di passaggio e di servizio, e basta.

Oggi, Monumento rivalutato

Anni '30 (Foto: Grandi Stazioni)
Anni ’30 (Foto: Grandi Stazioni)

Oggi sono cambiate numerose condizioni. Innanzitutto è mutata la sensibilità, lo stile della stazione è stato ampiamente “storicizzato” e i critici hanno abbandonato ogni riferimento al “kitsch”. Poi si è evoluto, grazie anche all’esperienza aeroportuale, l’atteggiamento mentale nei confronti di una stazione: si è capito che, quale luogo di transito, oltre ai flussi che determina esso può diventare un grande richiamo commerciale non solo per chi viaggia, ma per l’intera città, vista la sua collocazione ormai centralissima. Infine, sono cambiati alcuni presupposti economico-finanziari. Oggi la stazione appartiene a una società immobiliare, Grandi Stazioni, di cui una delle società delle Ferrovie, Rfi (la società della rete) detiene il 60%, mentre il 40% appartiene a un gruppo di privati, che non a caso esprimono interessi ed esperienza nel campo immobiliare (Pirelli, Caltagirone) e commerciale (Benetton).
Ci sono voluti molti anni, insomma, ma alla fine si sono capite due cose fondamentali: che la stazione è uno dei monumenti di Milano e come tale va rispettato e valorizzato; che la sua frequentazione quotidiana da parte di trecento, trecentoventimila persone, ne fa un eccezionale coagulo di potenziali interessi commerciali, finora (quasi) inespressi. Inoltre la stazione (come tutte le stazioni in generale) era diventata un ricettacolo di cattive frequentazioni e di malaffare, che solo un forte presidio di vita civile può allontanare, contribuendo a risanare un’intera area di città.

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Cantieri chiusi per fine anno

Rendering dell'atrio interno (Foto: Grandi Stazioni)
Rendering dell’atrio interno (Foto: Grandi Stazioni)

L’impegno economico testimonia le dimensioni dell’intervento: un investimento di oltre centoventi milioni. È il più importante cantiere attualmente aperto a Milano.
I tempi – che nella fase preliminare, tra ostacoli burocratici e giudiziari, si sono prolungati di alcuni anni – sono stati, in proporzione all’impegno, piuttosto rapidi: avviato nel 2006, alla fine del 2008 il cantiere sarà chiuso e la stazione riconsegnata alla città. Da un punto di vista costruttivo, l’intervento è tutt’altro che semplice e non soltanto per le infinite articolazioni dell’edificio. Si è trattato di lavorare senza interrompere la funzionalità dello scalo, che ha continuato a far partire e arrivare cinquecento treni al giorno, con i flussi di passeggeri e la presenza di personale inalterati; il personale, in particolare, si compone di oltre cinquemila persone (ferrovieri, postali, addetti alle attività e ai servizi che hanno sede in stazione).
Gran parte dei lavori si è svolta e si svolge dunque di notte. Inoltre il cantiere “non è unico” come spiega l’ingegner Antonio Acerbo, direttore dei lavori “perché si interviene solo nelle parti cedute da Rfi a Grandi Stazioni, che non sono la stazione completa. Così i singoli cantieri sono tanti, a pelle di leopardo”.

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