Due fari per un mare difficile
Ma è una volta giunti in cima al promontorio, sulla terrazza del vecchio faro, che si colgono davvero l’immensità e la bellezza della natura: all’orizzonte si apre adesso un’infinita distesa blu che, a tratti interrotta solo dalla scia bianca lasciata delle balene, finisce per confondersi con il cielo…e forse continuare al di là di esso.
L’istinto suggerirebbe di fotografare spasmodicamente questo panorama, ma sarebbe del tutto inutile farlo perché nessuna foto è in grado di rendere in maniera fedele ciò che si ha di fronte. Lasciarsi andare e osservare ad occhi nudi l’orizzonte, catturando nella propria mente gli scorci più belli, è il modo migliore per portare via con sé il ricordo di questo luogo unico al mondo. Volendo, ci si può spingere ancora più in là, seguendo un tortuoso viottolo sugli scogli, a strapiombo sull’oceano, che porta al faro di Cape Dias, cioè il nuovo faro, costruito all’inizio del 1919 in posizione più bassa e strategica rispetto al vecchio (risalente invece alla metà del 1800) così da essere visibile ai navigatori anche in caso di foschia e nubi, da questi parti piuttosto frequenti a causa della corrente e del vento del polo sud.
Tramonti che valgono il viaggio
Tornando indietro verso il parcheggio, ci si spinge adesso giù, verso le spiagge deserte e rocciose della penisola per arrivare infine all’estremità ovest, ossia il Capo di Buona Speranza, giusto in tempo per non perdersi lo spettacolo della natura più bello in assoluto: il tramonto sull’oceano. Qui, seduti su uno scoglio, si attende in tutta tranquillità il lento tuffo del sole in mezzo al mare, scandito dal rumore delle onde e dal canto dei gabbiani. Varrebbe la pena viaggiare fino a quaggiù solo per ammirare il calare del sole, tanto è lo splendore che irradia e l’emozione che ne deriva, quella dall’essere soli con la natura e l’immensità del mondo, nel momento più bello della giornata e forse dell’intero viaggio verso sud.