Venerdì 22 Novembre 2024 - Anno XXII

Miniguida dei 192 Paesi ONU: Timor Est-Tunisia

27ª puntata della presentazione, in pillole, tra storia, geografia, turismo e gossip, degli Stati che fanno parte dell’Organizzazione delle Nazioni Unite

La costa di Timor Est vicino a Dili, la capitale
La costa di Timor Est vicino a Dili, la capitale

Timor Est – Sarà anche che (si diceva un tempo) “piccolo è bello”, sta di fatto che Timor Est, oltre che piccolo, è così poco importante da “stare dentro” (tra dati, info e balle varie) in una sola pagina del Calendario Atlante De Agostini. Eppure, così piccolo è già membro dell’Onu. Ad ogni buon conto trattasi dell’est (l’ovest adesso è indonesiano, prima era possedimento olandese) dell’isola di Timor, ex colonia portoghese, 14.600 chilometri quadrati (capitale Dili) di terra montagnosa abitata da gente povera (di soldi, ma non di lingue parlate, perché tra meno di un milione di abitanti si parlano il portoghese e il Tetum, lingue ufficiali, poi il Bahasa indonesiano e l’inglese). Turismo (andarci) ovviamente “nisba” (anche perché agli Indonesiani ogni tanto gira di occuparla e allora son dolori).

 

Togo – Proprio un bel casino di posto (politicamente, etnicamente, religiosamente, linguisticamente parlando, mentre turisticamente “non è cosa”). Allora. Trattasi di una stretta fascia di circa 600 chilometri (totale 56.000 chilometri quadri) che nell’Africa centro-occidentale si allunga fino nel Golfo di Guinea, ospitando più di cinque milioni (quasi un milione nella capitale Lomè) di (direbbe il Premier italiano Berlusconi) “abbronzati” delle (ben note) etnie Kabrè, Ewe, Gourla, Uaci, Tem (e beninteso più una larga fetta di “altri”) che nei giorni comandati credono da animisti, cattolici, musulmani, protestanti e va là che vai ben. E anche politicamente, si diceva, è proprio un bel casino perché nell’epoca coloniale sono stati sballottati da Tedeschi, Britannici e Francesi che in tutto quell’andirivieni mica avevano il tempo di insegnare come si amministra un paese (anche quello con la P minuscola). Fortunatamente per i Togolesi, non manca qualche minerale.

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Rotta verso le Vava'u, le isole verdeggianti dell'arcipelago di Tonga (Foto: Tongaturismo.info)
Rotta verso le Vava’u, le isole verdeggianti dell’arcipelago di Tonga (Foto: Tongaturismo.info)

Tonga – Un posto (nonostante si parli di un arcipelago della Polinesia nel bel mezzo del Pacifico, unico regno sempre indipendente, con la scomparsa regina che dava del tu all’Elisabetta, suocera della Camilla) che “più italiano non si può”. A Tonga (isola principale Tongatapu, a nord non male il gruppo delle Ha’pai, teatro del “vero” Ammutinamento del Bounty, più su ancora le belle Vava’u, verdi isole su cristalline acque blu, bell’angolo dei Mari del Sud) vive infatti la più numerosa (beninteso in rapporto al numero degli abitanti) colonia italiana del Pacifico. Progenitore e ispiratore di questa migrazione, l’astigiano (Montando Scarampi, 1915) Giulio Massasso, la cui esistenza ha dell’incredibile (l’autore di queste umili righe ne ha scritto una veloce biografia, forse interessante, fosse solo per le intriganti vicende che condussero Massasso dal Vej Piemont alla schietta amicizia con il re Tupou IV). Sempre a proposito di Italians (e loro passioni, in primis il football o ‘balùn’) Tonga è sede e roccaforte.

 

Trinidad e Tobago – Davanti al Venezuela, complessivamente un po’ meno grande della Liguria (e con un po’ meno abitanti, circa 1.300.000) a Trinidad (molto più vasta) e Tobago (assai più piccola ma più turistica e quindi più abbiente) non se la passano male (almeno per gli standard dei Paesi Caraibici). Prova ne sia che la gioventù fruisce pure di qualche buon impianto sportivo, tale da sfornare eccellenti corridori velocisti, i famosi atleti sprinter che corrono i 100 metri in meno di 10”. Il tutto in un contesto che più British non si può; legate alle tradizioni e sorti del British Empire poi Commonwealth, sono pertanto la vita di ogni giorno e la politica. Che vede confrontarsi (ma abbastanza civilmente) il (quasi) 40% di neri con il (quasi) 40% di indiani (e il resto sono meticci, da cui un casino di genti, carnagioni e volti, se si pensa che oltre a bianchi di varia estrazione vivono a Trinidad e Tobago pure molti cinesi). Convivenza abbastanza civile se si pensa che le sullodate genti la pensano differentemente anche in sede religiosa (cattolici, induisti, protestanti, musulmani, anglicani, animisti e chi più ne ha più ne metta). Ma a tutti (beninteso chi più chi meno, e per molti molto meno…) ci pensa madrenatura che ai frutti (cacao e canna da zucchero) di una terra subequatoriale ha pure aggiunto petrolio, idrocarburi e (interessante) bitume naturalem dicasi catrame, nell’interessante “giacimento a cielo aperto” di Pitch Lake.

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Tra le specialità gastronomiche tunisine, il Brick à l'Oeuf e au Thon
Tra le specialità gastronomiche tunisine, il Brick à l’Oeuf e au Thon

Tunisia – Ce la fregarono (Trattato del Bardo, 1881, tra la Republique e il Bey di Tunisi) i francesi. Tant’è che una bellicosa canzone fascista, in pratica giustificante il conflitto 1940/45, recitava “Malta, Gibuti, Tunisi, Corsica e Gibilterra, sono le mète fulgide di questa santa guerra” beninteso “contro la Francia ingrata e contro l’Inghilterra”. E forse da questa canzone nacque l’equivoco, o solo lo rinforzò, che porta gli italiani a confondere l’Inghilterra con il britannico Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda.

Tornando alla Tunisia, più che agli italiani (come detto, 1881) fu fregata ai siciliani perché numerosa e massiccia era a quel tempo la presenza di coltivatori (olive, vite, grano) emigrati dalla non lontana Trinacria. Descrivere oltre Tunisi e il resto della ex Cartagine alla gente del Belpaese (che ad esempio conosce già più che bene Hammamet e alcuni suoi ex abitanti) è superfluo. Basti ricordare che in Tunisia nacque Claudia Cardinale, che sono gastronomicamente assai buoni il Brick à l’Oeuf e au Thon (uova fritte con pastella, contenenti il tuorlo d’uovo o tonno) e che digerire ciò esiste una buona grappa di fichi (a dimostrazione che il Paese è musulmano sì, ma civilmente tollerante, grazie all’avveduto Padre della Tunisia, Habib Bourghiba). Chi passasse poi dalle parti di Tunisi, veda se esiste ancora (ma è passato tanto tempo) il ristorante Mrabèt (facevano, su ordinazione, un piccione farcito alle olive che era la fine del mondo).

(26/02/’09)

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