Venerdì 26 Aprile 2024 - Anno XXII

Gibuti, fra natura e Islam

Terra infuocata, arida, dalle tinte violente. Persino l’azzurro del mare avverte, col variare delle tonalità, il calore e la pressione che si sprigionano dalle viscere di un continente che si muove. Impercettibilmente, ma si muove…

Poche braccia, tanta fede e lavoro

Gibuti Padre Bertin insieme ai suoi collaboratori
Padre Bertin insieme ai suoi collaboratori

“La Chiesa Cattolica è presente a Gibuti sin dal 1885, con un insediamento a Obok, verso il confine eritreo; due anni dopo viene inaugurata la prima scuola cattolica”, esordisce Padre Bertin. “Qui siamo in quattro-cinque sacerdoti e i fedeli sono rappresentati da circa ottomila persone; solo i francesi della base militare sono quasi tremila, alcuni con la famiglia al seguito. Altri cattolici provengono dalle più diverse parti dell’Africa: da Berbera, da Mogadiscio, dall’Ogaden etiopico. Quelli con passaporto italiano non arrivano alle duecento unità e i convertiti e battezzati gibutini sono pochissimi, ma ci sono”. Chiedo a Padre Bertin quali siano le condizioni di “lavoro”, in un paese quasi totalmente musulmano. “Non facili, certo, anche se a Gibuti l’Islam è vissuto e praticato senza eccessi. In qualche occasione non è esente da forme di vero e proprio fanatismo e i rari casi di intolleranza sono dovuti a gruppi fondamentalisti estranei al territorio. Nel paese operano una cinquantina di missionari e il compito principale è quello di divulgare, soprattutto fra i giovani, i ‘valori’ del vivere civile e religioso, del rispetto reciproco, della cooperazione attiva. Abbiamo scuole cattoliche in tutto il paese e variamo progetti mirati per togliere dai pericoli della strada i ragazzi, oltre a far sentire alta la nostra voce per porre termine alla pratica delle mutilazioni femminili. Tra i progetti che seguiamo, con investimenti a lungo termine, c’è quello di combattere la siccità, vera piaga per chi coltiva i campi. Insomma: vi sono gruppi islamici ricettivi per tutto questo; in qualche caso si rischia una ‘battaglia’, mai la guerra! Confidando, sempre, nell’aiuto del Signore!”.

La dolorosa “spina” somala

Gibuti Padre Bertin al lavoro nel suo studio
Padre Bertin al lavoro nel suo studio

So di toccare un tasto dolente e insieme vivo, per Padre Bertin. Ma gli chiedo di parlarmi delle sue esperienze, che continuano nel tempo, in Somalia. “Questo si che è un Paese difficile; persino da raggiungere! Quando mi reco a Mogadiscio, debbo fare con l’aereo il giro del Corno d’Africa, con molti scali! Dopo l’assassinio di Mons. Colombo avvenuto il 9 luglio del 1989 per mano di alcuni sicari, forse sgherri di Siad Barre, mi è stata affidata la carica di Amministratore Apostolico. La situazione dei pochissimi cattolici della capitale è quasi insostenibile. Le funzioni religiose si svolgono nelle abitazioni dei fedeli, lontane da occhi spioni; addirittura la Via Crucis si sviluppa tra cucina e salotto, quasi sempre con la partecipazione delle quattro (si, quattro!) Suore della Consolata, vera anima della minuscola comunità cattolica. Le suore sono onnipresenti e attivissime: opere caritative, sanitarie, scolastiche, a favore delle madri e dei numerosi bambini. La popolazione le ha prese a benvolere, non così le autorità civili e religiose musulmane. C’è poi la Caritas, diretta da Davide Bernocchi, uno di Rescaldina, che dà una mano per tentare di superare le difficoltà; inoltre la Radio Vaticana è presente con un programma in lingua somala e da Nairobi alcuni fratelli francescani coordinano le attività pro-Somalia. Gli estremismi religiosi e le forti influenze tribali condizionano la vita di molti. Il mio modesto appoggio e aiuto concreto contribuisce, seppur in parte, ad alleviare gli immancabili momenti di sconforto e di paura”.

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La giornata tipo di Padre Bertin

Gibuti Una giovane ragazza al mercato delle spezie di Piazza Mahmoud-Harbdella
Una giovane ragazza al mercato delle spezie di Piazza Mahmoud-Harbdella

“Quando non debbo assentarmi dalla Diocesi, mi sveglio alle cinque e mezzo e recito le preghiere del mattino con i miei confratelli francescani. Alle sette sono in ufficio e mi dedico alla lettura, ricevo persone, controllo le attività scolastiche e mi occupo della campagna promossa per la raccolta di fondi per il restauro della cattedrale, danneggiata dai frequenti terremoti. La somma necessaria si aggira sui duecentotrentamila Euro; mi aspetto un ragionevole ‘ritorno’ dai fedeli, anche perché la Chiesa affronta sforzi enormi a favore della collettività. Oltre alle scuole, ci occupiamo anche di adozioni a distanza. Un grande aiuto arriva dai miei collaboratori e collaboratrici, fra i quali desidero citare, con enorme affetto, due anziani religiosi: Padre Valentino Mastaglia e Padre Ilarino da Lovere, che per meglio ‘agire’ fra i suoi amici di Gibuti indossa spesso magliette sgargianti e un berrettino musulmano! Vivere qui non è il paradiso, ma non ho motivi per essere scontento. Anche perché lavoriamo fianco a fianco, sempre. Specie dopo le grandi piogge estive, quando la chiesa si riempie di fango e tutti, me compreso, si danno da fare per ripulirla; è la casa del Signore, di Colui che ha scelto me per i suoi disegni. Nelle situazioni dure e di pericolo, il suo appoggio non viene mai meno”.


Chi è Mons. Giorgio Bertin

Gibuti Mons. Giorgio Bertin
Mons. Giorgio Bertin

Il Rev.do Padre Giorgio Bertin, O.F.M., è nato il 28 dicembre 1946 a Galzignano (Padova). Entrato nell’Ordine dei Frati Minori nella Provincia di San Carlo Borromeo il 10 settembre 1967, ha compiuto il normale curriculum di studi ginnasiali e liceali a Milano, conseguendo successivamente il Baccalaureato in Teologia.La professione solenne è del 1972 e l’ordinazione sacerdotale risale al 7 giugno 1975. Dopo l’ordinazione, queste le mansioni svolte: studi al Pontificio Ateneo Antoniano di Roma, dove ha conseguito la Licenza in Teologia Spirituale; Diploma in lingua e cultura araba presso l’Istituto Italiano per il Medio Oriente e quindi un Brevetto d’Arabo Letterario presso l’Istituto di Studi Islamici, oltre ad ulteriori gradi accademici in studi arabi (1975-1977). Queste le tappe della missione in Somalia: parroco della Cattedrale di Mogadiscio (1978-1983), direttore della Caritas e Vicario generale (1984-1989), amministratore diocesano (1989-1991). Dal 1991, dopo l’assassinio di Mons. Salvatore Colombo, Vescovo di Mogadiscio, è stato nominato Amministratore Apostolico della medesima diocesi. Il 16 marzo del 2001 il Santo Padre Giovanni Paolo II ha ricevuto in udienza Padre Bertin e il 4 aprile dello stesso anno lo ha nominato Vescovo di Gibuti.

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