Mercoledì 30 Ottobre 2024 - Anno XXII

Venezuela, asterischi di una bella gita

Mini cartoline di un’esperienza sud americana. Dal Paese di Chavez, nuovo populista “patriota-padrone” della Repubblica affacciata sui Caraibi, ecco le considerazioni di viaggio e gli immancabili raffronti con le abitudini dello Stivale

Isla la Tortuga
Isla la Tortuga

* “Perdone señorita”… mi rivolgo alla cameriera durante il “desayuno” (prima colazione) in un albergo di Lecheria (che in spagnolo-castellano vuol dire Latteria), località del Caribe poco distante da Barcelona, sulla costa orientale del Venezuela, e sorridendo concludo “nonostante il nome di questa località servite il latte in polvere”. “Lo siento, caballero”, mi fa con aria estremamente contrita.

 

* Durante il viaggio di ritorno scopro di aver risparmiato un po’ di soldi. All’andata ero infatti pronto a scommettere che durante la gita avrei ascoltato chissà quante volte Alma Llanera, una sorta di ufficioso inno nazionale venezuelano, trascinante, coinvolgente “joropo” (musica e danza, appunto, dei “llanos”, la pianura) gran finale di una Zarzuela composta nel 1917 da Pedro Elias Gutierrez e reso celebre da Hollywood in uno dei tanti film (Los Tres Caballeros, di Walt Disney) che celebrarono il folklore latino americano negli anni Quaranta. E invece niente. Anche da queste parti “non c’è più religione”; ormai suonano solo roba “reggae” urlata dai Rasta. Come da noi non si sente più cantare “Parlami d’Amore Mariù” e “Oggi che Bellissima Giornata”.

Il presidente del Venezuela Hugo Chávez
Il presidente del Venezuela Hugo Chávez

* Ho visto due volte Caracas ma da lontano, in atterraggio e decollo dell’Airbus 340 600 della Lufthansa (a proposito, che bell’aereo, cara gent, e se volete volar bene – beninteso in economy in assenza di classi più infime – scegliete i posti C-D-E della fila 26, la prima, nessuno davanti che rompa i marroni, stendi le zampe, c’è il video regolabile, roba quasi “da business”).

Vedere Caracas più da vicino? Mi sarebbe ovviamente piaciuto compiere il canonico giro della città, ma l’impresa si è rivelata impossibile, per colpa dei miei compagni di gita, grandi cacasotto che non hanno voluto noleggiare una autoblindo, elmetto, giubbotto corazzato e kalashnikov. A sentire i bene informati (e pure quelli di Sin Fronteras che mandano i turisti dall’Italia e amorevolmente ci tengono a farli tornare integri nel Belpaese) sembra infatti che si cucchino più pallottole passeggiando per le strade della capitale venezuelana di quante ne spediva la Wehrmacht sui soldati Yankees di Eisenhower mentre sbarcavano in Normandia. Quelli poi informati ancor meglio, aggiungono che se ti va bene te la cavi con il solo assalto del fuorilegge; se invece sei pure in giornata di sfiga totale, superata la vicenda criminale ti ritrovi a dover fronteggiare la polizia. Paese che vai turismo (e terminologie) che trovi. Secondo i mezzibusto tivù nel Belpaese i turisti “prendono d’assalto” spiagge e quant’altro. Qui sono i turisti a essere “presi d’assalto”.

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Barcelona
Barcelona

* A Barcelona, Venezuela (quasi 900.000 abitanti con le vicine Lecheria, Puerto la Cruz e Guanta) si trattano bene, mangiano e bevono, si godono la vita, spendono e (si diceva antan) spandono. I catalani della Barcelona spagnola, ancorché più ricchi, in rapporto spendono meno, sono più “agarrados”, avari. La vecchia barzelletta del catalano, raccontata dal resto degli spagnoli: sta facendo pipì, vede nel water una moneta da 5 pesetas, non ritiene di sporcarsi le mani per così poco; poi però ci ripensa e butta una moneta da 25 pesetas, concludendo: “Adesso sì che vale la pena”.

 

* Molto probabilmente tanto “spendi e spandi” (vedi sopra) barche di lusso, case vistose, costosi fuoristrada, è dovuto alla felice simbiosi tra il “gozar de la vida”, godersela, della filosofia spiccia andaluso-castigliana (e guarda caso gli andalusi trascorsero secoli sotto l’occupazione della allora illuminata civiltà musulmana) e la propensione al piacere tipica del mondo arabo. Perché a Barcelona venezuelana e dintorni gli arabi (si equivalgono i cristiani, in prevalenza siriani e libanesi, e i seguaci del Corano) abbondano; la loro comunità è la più numerosa arrivando financo a superare quella italiana. Il governatore dello Stato (Anzoategui, curioso nome di origine basca) si chiama Tarek (chissà se parente dell’Aziz, ministro degli Esteri irakeno, pecora nera cristiana tra i tanti Sunniti agli ordini di Saddam).

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