Giovedì 21 Novembre 2024 - Anno XXII

Tel Aviv, il futuro dietro le spalle

Nella mentalità ebraica il cammino della vita è all’indietro, come i gamberi. Il passato è sempre davanti agli occhi mentre l’avvenire è sconosciuto. Tel Aviv va incontro rapidamente e spavaldamente al suo futuro, una città in continua evoluzione ma basata sui solidi fondamenti della tradizione

Vivere all’aperto

Uno dei localini sempre affollati in Sderot Rotschild
Uno dei localini sempre affollati in Sderot Rotschild

A dire il vero tutti i locali sono affollati. Non c’è bisogno di andare fino al porto. C’è una gran voglia di vivere nei giovani israeliani, un modo spavaldo o magari solo disincantato di affrontare la vita che vuole godere di ogni istante, forse dovuto alle oggettive difficoltà politiche e alla consapevolezza che tre anni della loro gioventù per gli uomini e due per le donne saranno dedicati alla Patria come militari. Si percepisce anche la curiosità per chi viene da fuori unita a una certa diffidenza tipica di chi ne ha passate di tutti i colori e continua, purtroppo, a passarne. Non è assolutamente facile capire la mentalità ebraica, richiede un notevole sforzo culturale e personale e un’assoluta indipendenza di giudizio. Però è facile parlare con la gente, basta passeggiare nei giardini che separano le due carreggiate dello Sderot Rotschild, il viale principale di Tel Aviv o andare in uno dei tanti locali della Rehov Shenkin. “Milah zot Milah” dicono gli ebrei, cioè “La parola è parola”. Gli israeliani parlano in maniera franca e diretta, talvolta al limite della brutalità (e anche oltre!) ma dicono in faccia quel che pensano e si aspettano che tu faccia altrettanto. Gli argomenti di discussione passano tranquillamente dalla richiesta di notizie sull’Inter o sul Milan al tuo punto di vista sul grande dibattito in corso sui problemi che affliggono il mondo mediorientale, che qui sono affrontati con un’apertura difficilmente riscontrabile in altre parti di Israele. Tanto per fare un esempio a Tel Aviv si è potuta formare una comunità omosessuale che vive normalmente senza discriminazioni di sorta. Un notevole passo avanti nel rispetto dei diritti civili in confronto alla lapidazione fuori dal campo, condanna prevista dagli antichi libri della Torah!

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Giornate tranquille sulle spiagge

La spiaggia Sheraton vista da una finestra dell'albergo che le dà il nome
La spiaggia Sheraton vista da una finestra dell’albergo che le dà il nome

A Tel Aviv la sicurezza non è un’ossessione, anche se all’ingresso di ogni albergo c’è una guardia armata. Per la città, a cominciare dall’aeroporto dedicato al Padre della Patria Ben Gurion, tutto è tranquillo. Personalmente sono persuaso che la situazione sia assolutamente sotto controllo e che se provi a fare tanto così la sicurezza interviene tempestivamente. Però questa “gestione” del territorio è molto discreta, lontano, tanto per fare un esempio, dalle paranoiche esibizioni muscolari americane. Curiosamente ai nostri occhi, sono ragazze giovani quelle che sono maggiormente addette alla sicurezza, all’aeroporto come negli alberghi ma dietro i loro occhi di ghiaccio, che rivelano antichi antenati tedeschi o slavi o neri come la notte senza luna nel deserto c’è una profonda determinazione e professionalità. Le giornate al mare sono scandite dal tic-toc della pallina colpita dal racchettone di legno, quasi fosse il battito di un orologio. I racchettoni sono lo sport “nazionale” di Tel Aviv e a questo gioco è perfino dedicato un museo. Dicevamo prima che ci sono 14 chilometri di spiaggia libera e accessibile a tutti, curata, con attrezzature per fare la ginnastica, strutture per i bambini, gazebo per il pic-nic e ristorantini e bar dappertutto. È un arenile largo e sabbioso, preso d’assalto in ogni momento libero. Ogni tratto della spiaggia ha un nome e delle caratteristiche particolari. Così, da nord a sud, la Frishman è per i giovani modaioli, la Gordon per gli sportivi, la Sheraton per le famiglie, l’Hilton per i giovani disinibiti, la Hof Hadatiyim per gli ebrei ortodossi con ingressi separati per uomini e donne, la Charles Clore, ideale per i pic-nic e, infine, l’Alma, con forti correnti dove praticare il surf. La stagione dei bagni, in questa parte del Mediterraneo è lunga, almeno sei mesi da maggio a ottobre, perché Tel Aviv ha un clima particolarmente favorevole. Eccetto i tre mesi invernali da dicembre a febbraio dove talvolta piove, per il resto dell’anno è quasi sempre sereno, con un’estate calda mitigata dalle brezze e talvolta fustigata dal terribile “Sharav”, un vento torrido e secco proveniente dal deserto.

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Il cuore di Tel Aviv

Il Suzanne Dallal Centre
Il Suzanne Dallal Centre

La spiaggia termina al promontorio di Jaffa. Questo è il nucleo antico d’aspetto tipicamente mediorientale. Rispetto alla gaudente Tel Aviv, Jaffa concentra in sé numerose gallerie d’arte e atelier ospitate nelle vecchie case arabe. Proprio ai piedi sorge il quartiere di Neve Tsedek che in ebraico significa “Pascolo di giustizia”, nome mutuato anch’ esso dalla Bibbia (Geremia: 21, 23). Una zona particolare. Antica, (se questo termine vale per una città che ha 100 anni) era nata a fine ‘800, prima ancora della fondazione di Tel Aviv, come quartiere ebraico di Jaffa e oggi entrambe sono inglobate in Tel Aviv. Neve Tsedek è molto in voga, con le sue casette basse con il giardino e le stradine strette, una zona ricercata per la sua tranquillità dove convivono case appena ristrutturate splendidamente con edifici lasciati in stato di abbandono: Neve Tsedek è famosa perché qui sorge il Suzanne Dellal Centre, uno dei templi mondiali della danza contemporanea, ospitato in due vecchie scuole dietro a una deliziosa piazzetta dove l’acqua scorre in tanti rivoli tra il selciato a irrigare alberelli di agrumi piantati nella pietra. A Neve Tsedek nascono come funghi localini, ristoranti di moda e caffè. Già, perché a giudicare dall’affollamento di locali pubblici sembrerebbe che gli abitanti di Tel Aviv non pensino altro che a mangiare, bere e divertirsi. Un bel modo di godersi la vita.

(9/9/09)

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