Venerdì 22 Novembre 2024 - Anno XXII

A Predappio un “Eja Eja Alala” per i Dolcini

Nella terra del Duce un incontro con una coppia di vecchi amici. I Dolcini si sono occupati a lungo dei rapporti con la stampa e della promozione per il turismo della Romagna-Emilia. Nelle vecchie Bit milanesi si parlava poco di marketing ma si mangiavano “tajadèl” tirate a mano… che delizia!

La Betlemme squadrista

A Predappio un "Eja Eja Alala" per i Dolcini

Eccomi pertanto nella Betlemme squadrista, dove, nonostante miei precedenti sopralluoghi, scopro ancora cose nuove, oltre a incantarmi nella Dolcinea casa campagnola di Vanni e Lina, a Predappio Alta: che vista, cara gent, dal loro Buen Retiro spaziante sulle dolci colline, talvolta rese un filino inquietanti da bigi calanchi. E che quantità di (piacevoli) sorprese a Predappio Alta, anticamente borgo feudale, con tanto di svettante Rocca, eppoi centro degli interessi economici della famiglia Zoli (tra cui Adone, presidente del Consiglio negli anni ’60 del secolo scorso, in precedenza avversario, ma leale – perché in Romagna così accade – del dittatore nato nella frazione più a valle). Nella pittoresca enoteca sulla piazza (La Vecia Cantena d’la Prè, ex Cà de Sanzvès) intriga scendere e risalire nei tanti piani, dalle fresche costanti temperature, destinati a ricevere le uve che dopo un inverno diventano il magnifico Sangiovese (uno dei soli 3 santi in cui credo, gli altri due essendo San Siro, sponda nerazzurra, e San Fermìn, quello della Fiesta di Pamplona).

Romagna terra di San Giovese, il migliore dei tre santi

Le cantine di Giuseppe Nicolucci
Le cantine di Giuseppe Nicolucci

Già, il romagnolo Sangiovese: ma con che uva crede che sia fatto quel tanto decantato vinello, che si dà tante arie e risponde al nome di Brunello di Montalcino (dico a Giuseppe Nicolucci, produttore di Sangiovese a Predappio Alta, mentre sottopone alla mia assetata ignoranza enologica un sorso del suo Vigna del Generale)?

Ma scendiamo a Dovia (che come detto sarebbe poi Predappio bassa) e in primis, ça va sans dire, si visita il cimitero (che, informa Vanni, è per certo unico in Italia e fors’anche al mondo, in quanto accoglie le spoglie di due capi di Governo: Benito Mussolini e Adone Zoli). Ma più che la cripta dei Mussolini (con tutto il rispetto per la destra estrema) è, almeno artisticamente, più valido ammirare la bella chiesa romanica di San Cassiano, che all’uscita dal cimitero vale un ultimo sguardo di saluto (non romano, a quello ci pensano i camerati reduci dalla reverente visita al Duce).

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Fra i souvenir del “Conducator”

La casa natale di Benito Mussolini
La casa natale di Benito Mussolini

Chicca e curiosità del sopralluogo predappiese, l’enorme varietà di souvenirs mussolinian fascisti, multiforme e multiuso (distintivi, spille, bottiglie, bandiere, adesivi, berretti, accendini, toppe, carte, portachiavi, cravatte, sciarpe, maglie, foulards, orologi, vini, birre, busti, fasci, crest, gagliardetti). Un gran bel business, tant’è che questa sorta di ‘apologia (ancorchè kitsch) del fascismo’ è da sempre, o è in passato è stata, benedetta o comunque cristianamente sopportata dalla amministrazione “comunista” (pecunia non olet, eppoi, il compagno Stalin non si alleò forse con il Führer?).

Ciao Predappio, e ciao Dolcini. Struggente, il congedo, alleviato però da un bel piatto di “tajadèl”, così scandalosamente buone da imporre un seguito di trionfale e macrobiotico Tris composta da una seconda degustazione delle sullodate più “strozzapreti” e “tortelloni”. E Via! Spinti dal Sangiovese, verso la piana dei Guidi e Malatesta, basta che la Stradale non ci guasti la festa. (24/9/09)

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