Mercoledì 30 Ottobre 2024 - Anno XXII

Glasgow, piccola “valle verde” della Scozia

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Giriamo per Glasgow in compagnia di un giornalista finanziario. Il nostro ospite viaggiante ci porta in una città, dice, alla quale è stata sottratta la memoria. Non può fondare la sua identità nel passato e si è ritrovata ad ancorarsi nel presente

Glasgow lavora, Edinburgo fa festa

Kelvingrove Art Gallery and Museum, Glasgow (Foto: Paul Tomkins)
Kelvingrove Art Gallery and Museum, Glasgow (Foto: Paul Tomkins)

Glasgow deve convivere con la sua immagine di città industriale dura e arcigna, di strade sporche e di squallore urbano. L’antitesi di Edinburgo, la capitale, riverita per la sua grazia e la sua eleganza. Eppure l’origine del nome, dall’antico Brittonico “Glas Cau” o da un termine affine in Gaelico scozzese, significa appunto “piccola valle verde”.
Nel periodo Gaelico (1116) il nome cambia in Glasgu, che sta per “cara famiglia”. Questo dualismo ha ragioni solo in parte giustificate dalla riconosciuta e non discussa eccellenza dell’una e dalla presunta, e qui in discussione, ordinarietà dell’altra. Citando William J. Smith, “Glasgow è una città virile ed Edimburgo è la sua controparte femminile”.

A Glasgow si va per lavorare e studiare. Edinburgo invece è un luogo di vacanza dove si va per visitare, divertirsi e bighellonare. Una è poeticamente festiva, l’altra è prosaicamente feriale, colpevole di essere raffinata senza essere sofisticata. La storia di Glasgow inizia con il 1560. In quell’anno, l’ultimo arcivescovo cattolico della città fugge dalla riforma protestante. E porta con sé i tesori della cattedrale di St. Mungo e tutti gli archivi riguardanti gli eventi del luogo a partire dalla fondazione della città, cioè prima del 1000.

Glasgow una città a cui è stata sottratta la memoria

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L’università di Glasgow

Tutti i documenti restano depositati per due secoli e mezzo nella chiesa degli scozzesi di Parigi. Da qui vengono prima trafugati e poi persi per sempre nel corso della rivoluzione francese. Luoghi dunque senza storia, anche se, come dimostra l’episodio citato, non per questo privi di fascino. Glasgow paga ancora oggi questo vuoto su due o tre millenni di attività umana. E viene condannata per non aver provveduto a darsi una reputazione attraverso un mito di fondazione come quello di Romolo e Remo.

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È una città alla quale è stata sottratta la memoria. Quindi non può fondare la sua identità nel passato e si è ritrovata e costretta ad ancorarsi nel presente. A cercare le sue ragioni di essere nel divenire e non nel conservare. Come spesso capita a chi ha origini incerte ed è affrancato dagli obblighi di custodia dei propri sacri luoghi di origine. Agli abitanti di Glasgow è venuto spontaneo proiettarsi all’esterno. Una scelta favorita dalla geografia e dall’estuario del Clyde. La città è diventata un porto, il luogo di partenza e di arrivo per i nuovi continenti oltre l’Atlantico.

Repubblica marinara con scambi mondiali

Per circa due secoli, questo centro urbano è stata una repubblica marinara. Ha prosperato sul commercio del tabacco e degli schiavi. Un’attività che ripugna al nostro senso di giustizia e che invita a non guardare questi luoghi con simpatia. In più, ad aumentare il disonore, è stato commesso un altro atto di crudeltà: la sostituzione dei velieri con le imbarcazioni a vapore.

Il Clyde Auditorium chiamato anche l'Armadillo (Foto: Paul Tomkins)
Il Clyde Auditorium chiamato anche l’Armadillo (Foto: Paul Tomkins)

Tra l’inizio del ‘700 e gli inizi del ‘900, la città è stata centro strategico degli scambi mondiali. Uno dei poli industriali più dinamici del pianeta. Oggi le fabbriche sono scomparse e i pochi ruderi rimasti sono esibiti come prova del suo carattere postmoderno. Nel presente, i cittadini inseguono la leggerezza dello stile e delle forme, sebbene qui siano state messe a punto le regole pesanti che hanno permesso al lavoro e al capitale di diventare gli elementi dialettici più importanti delle società moderne (in quella postmoderna il capitale ha vinto e umiliato il lavoro).

Il lavoro e il capitale sono nati qui perché qui sono nati James Watt e Adam Smith. Anche se non si può considerare l’inventore del motore a vapore, Watt è certo la persona che lo ha sviluppato e ne ha dispiegato la potenzialità faustiana (non a caso oggi la potenza si misura in watt). Smith non è nato in città ma qui ha studiato ed insegnato nella locale università: ha potuto osservare da vicino la forza dirompente del capitalismo.

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La città della simpatia e delle macchine

Glasgow-città-ospitale
Glasgow città ospitale

Glasgow ha fondato la sua ascesa sulla simpatia, sull’inclinazione a guardare con fiducia, e non con benevolenza, al comportamento dei propri simili. L’insieme di reciproche aspettative che lega gli individui tra loro fa della società non una struttura immobile di gerarchie con a capo la trascendenza del divino, ma un insieme di scambi di servizi tra liberi cittadini. Glasgow è la città delle macchine, ma senza la fastidiosa retorica marinettiana e la macchina sociale che qui è stata messa a punto ha il proprio motore nella libertà. La condizione fondamentale per ogni possibile progresso. Le ingiustizie create dalla libertà economica sono combattute ma non sono considerate moralmente ripugnanti o come espressione della malvagità di fondo dell’uomo.

Così come il fluire e il ritirarsi della ricchezza, della prosperità e del benessere sono sopportati con pazienza. A nessuno viene in mente che la rinuncia alla libertà sia accettabile. Glasgow è sorta su questo tipo di fondamento culturale e, su questa attitudine, visti i risultati e visto quanto il mondo è stato modificato da queste forze, la città, le sue vie, la sua vita, sono un edificio culturale all’aria aperta di questa visione del mondo.
Certo, Glasgow non è Firenze, mancano le meraviglie artistiche e non si è ancora depositata sulla città la polvere dei significati storici; la narrazione e i romanzi inoltre non hanno ancora contribuito a dare movimento alle forme della città
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Una ricchezza generata dal tabacco

Goma, la Galleria di arte moderna della città scozzese
Goma, la Galleria di arte moderna della città scozzese

La ricchezza generata dalle piantagioni di tabacco in Virginia ha lasciato un’ampia traccia negli eleganti palazzi delle vie del centro: la sede del Goma (Gallery of modern art) fu in origine la dimora sfarzosa di William Cunningham, uno dei baroni del tabacco. Mancano invece i segni della presenza delle strutture di potere che occupano i fondali del centro di molte città europee: la chiesa più importante, la cattedrale di St. Mungo, non si trova nel centro di Glasgow ed è esterna al reticolo delle vie importanti, separata addirittura da esse da una trafficata strada di scorrimento a più corsie: un fondale inconsueto per un edificio religioso, che lascia intendere qualcosa sulla gerarchia dei valori degli abitanti. Testimonianza della ricchezza e della prosperità della città è la sede della camera di commercio, il City Chambers, un palazzone vittoriano di fine Ottocento disegnato da William Young.
In Castle Street sorge un altro tempio laico, il Glasgow Royal Infirmary, una struttura ospedaliera risalente al 1794 che per decenni è stata uno dei centri di eccellenza della sanità mondiale: qui è stata messa a punto, ad esempio, la pratica dell’indagine medica attraverso i raggi X. Diventati miliardari nel giro di pochi anni, con la speculazione finanziaria sui future sul tabacco, i baroni si ritrovarono “ nouveau-rich” senza grazia, una condizione che li spinse a dotare la città di un set conveniente al loro nuovo status sociale.

Fusione tra opulenza e decoro

Il quartiere degradato di Gorbals agli inizi del secolo scorso
Il quartiere degradato di Gorbals agli inizi del secolo scorso

In coerenza con le caratteristiche della sua gente, Glasgow è cresciuta in modo ordinato ma senza costrizioni: la città è infatti il risultato del confronto tra capitale e lavoro e le realizzazioni di entrambi scandiscono il suo ritmo. Gli esempi di questo tentativo di fusione tra opulenza e decoro sono molteplici, a partire dal green, il grandioso spazio verde realizzato a ridosso di Gorbals, allora uno dei quartieri più poveri e densamente popolati d’Europa, al fine di un rilancio e di progresso della zona. In realtà Gorbals è stato per decenni un fondale di povertà e squallore metropolitano a ridosso delle vie eleganti del centro, un Bronx ante litteram. La municipalità ha chiamato, nel corso degli ultimi decenni, i più importanti architetti ad occuparsi del risanamento urbanistico ed architettonico degli slums, ma ancora negli anni ’80, nonostante tutti gli sforzi, Gorbals restava il simbolo del fallimento della capacità dell’architettura di risanare e rilanciare luoghi derelitti. Constatato dunque che gli abitanti odiavano i nuovi palazzoni, l’amministrazione ha provveduto a farli saltare con la dinamite, senza curarsi troppo del fatto che si trattasse di progetti firmati da Basil Spence, uno dei nomi più illustri dell’architettura razionalista del dopoguerra: un’ulteriore prova di dinamismo di fronte all’insuccesso da parte di Glasgow.

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