Venerdì 22 Novembre 2024 - Anno XXII

Schegge Balcaniche, Vukovar

Vukovar

Una fetta d’Europa così vicina, eppure ancora così lontana. Una realtà che porta sulle spalle il peso del suo passato più recente – con tutti i suoi controsensi – assieme a una gran voglia di cambiare, di crescere e di costruirsi un futuro

Il fiume Vuka
Il fiume Vuka

Dopo le tristi vicende degli anni Novanta, che hanno portato quest’area sulla cresta dell’onda mediatica, fino alla dissoluzione della Jugoslavia di Tito, oggi la sua realtà sembra esser stata risucchiata nel buco nero dal quale era spuntata. Nascondendo, in verità, un mondo alquanto affascinante, ricco di storia, cultura e natura.

Una realtà che vale la pena conoscere. Lo abbiamo scoperto grazie all’associazione “Tenda per la pace e i diritti” di Monfalcone (Friuli Venezia Giulia). Con lei abbiamo viaggiato tra Serbia e Croazia, seguendo un itinerario volto non solo a visitare i luoghi, ma anche a incontrarne gli abitanti: per indagare i molteplici aspetti di una realtà molto più variegata di quanto essa appaia a prima vista. Il nostro viaggio inizia a Vukovar.

C’era una volta Vukovar

Vukovar, un edificio distrutto dai bombardamenti
Vukovar, un edificio distrutto dai bombardamenti

Scenari bucolici che svaniscono non appena lo sguardo si posa sull’hotel Dunav e lo spazio circostante: la pavimentazione ai piedi dell’albergo e la piccola torre piezometrica del centro portano segni di pallottole, granate e mortai ancora ben evidenti. Siamo nel centro di Vukovar, città croata situata all’estremità occidentale della ricca e fertile pianura pannonica. Città divenuta famosa soprattutto quale teatro di una delle prime stragi che hanno condotto al conflitto tra Serbia e Croazia nel 1991, conseguenza della dichiarazione d’indipendenza croata dalla Federazione jugoslava, su esempio dell’allora neonata Repubblica Slovena, appena reduce dalla “guerra dei dieci giorni”. E a diciotto anni di distanza, lasso di tempo così lungo eppure così breve, le ferite ci sono ancora. A ricordare gli antichi edifici rasi al suolo dai bombardamenti, le decorazioni di case incastonate in un’originale cumulo di lapidi accatastate a domino nella piazza di fronte all’albergo, ma soprattutto la torre piezometrica – quella più grande – in Bana Josipa Jelacica, simbolo della resistenza della città verso l’Jna – l’Armata popolare jugoslava – e i gruppi paramilitari serbi.

Vecchia Torre ferita

Vukovar La torre piezometrica
La torre piezometrica

Si racconta che durante l’assedio alla città, tra l’agosto e il novembre del 1991, ogni mattina un vukovaro vi salisse in cima per issarvi la bandiera croata, costante bersaglio delle granate serbe. Oggi la torre, ridotta a un gruviera, con il ristorante panoramico completamente distrutto, è ancora lì, silenziosa, con la sua bandiera in asta, eretta a monumento per i posteri. Martoriate anche molte delle vecchie case non ancora abbattute o ristrutturate, piccoli capolavori di architettura urbana. Come gli edifici che costeggiano la via verso il castello dei conti tedeschi Eltz, attorno al quale si svilupparono le abitazioni dei coloni loro connazionali che, fino alla seconda guerra mondiale, costituirono il 30% della popolazione locale. Nel 1945 il castello venne nazionalizzato, diventando in seguito sede di una scuola di musica e del “Gradski muzej Vukovar”, il museo cittadino. E proprio in quanto simbolo della città, non fu davvero un caso se, assieme all’ospedale, fu il primo edificio a cadere sotto le bombe del 1991.

Oggi “uniti”, ma in parte “divisi”

Grand Hotel distrutto dai bombardamenti e in fase di ristrutturazione
Grand Hotel distrutto dai bombardamenti e in fase di ristrutturazione

Per andare dove? Inghilterra, Australia, sulla costa croata, ma anche semplicemente in Serbia. Oltre alle minoranze ucraina, albanese, bosniaca, slovacca, rutena e ungherese, la regione di Vukovar e della Sirmia ospita infatti una minoranza serba consistente che nel 2001 si aggirava attorno al 15%, salendo al 32,88% nella città di Vukovar. Una convivenza che continua ad essere difficile, perché l’influenza dei nazionalismi (croato e serbo in questo caso) non ha smesso di incidere sul quotidiano: ancora oggi i bambini a scuola entrano dalla stessa porta ma studiano in classi diverse, serbi da una parte, croati dall’altra. E, con libri diversi e piani di studio diversi, imparano anche una storia diversa. “Gli insegnanti non favoriscono il loro incontro, durante la ricreazione”, racconta un ragazzo nato a Vukovar da padre serbo e madre rutena. “E anche diversi bar della città sono divisi tra ekavo e jekavo”, conclude, alludendo alle due varianti del serbo-croato che distinguono la parlata serba (ekavo) da quella prevalentemente croata e bosniaca (jekavo).

Una città da scoprire

I caffè del centro
I caffè del centro

Nonostante i suoi trascorsi e i problemi del presente, Vukovar rimane una città che vale la pena visitare. Che debba esser stata bellissima già in passato, lo si percepisce in fase di avvicinamento: l’aspettativa si crea già lungo il viaggio, mentre si attraversano immense distese di campi di grano e girasole, punteggiate qua e là da paesini con le chiese dai campanili dalle guglie aguzze, le case dai tetti spioventi, lo stesso gusto austriaco molto diffuso anche in alcune regioni della Slovenia e del Nord Italia. Se fosse un colore, sarebbe il verde. Città con il più grande porto fluviale della Croazia orientale, Vukovar corre sul confine con la Serbia; un confine che cade nel bel mezzo del Danubio, sulle sponde del quale la città si erge, divisa in due dall’affluente Vuka dal quale prende il nome. E proprio in questo punto, lungo le sponde del Danubio che qui si chiama Dunav, corre una breve passeggiata frequentata, nelle calde giornate di sole, dai suoi abitanti per abbronzarsi, pescare, rubare il fresco sulle panchine all’ombra degli alberi o, semplicemente, per mangiare un boccone a bordo del ristorante-battello attraccato lì vicino. Giovani coppie che passeggiano mano nella mano, bambini accompagnati dai nonni che corrono sul bordo fiume, rendono l’atmosfera al tempo stesso intima e serena. Di fronte, le frondose sagome dei due isolotti Mala e Velika Ada: sono le tipiche mete balneari nei mesi estivi.

In vendita

Schegge Balcaniche, Vukovar

Nonostante tutta la buona volontà per il ritorno alla normalità di un tempo, a rendere difficile la vita, innanzitutto, ci pensa la forte stagnazione economica: in un paese come la Croazia, che nel 2009 ha visto crescere la disoccupazione dell’11,2% su base annua rispetto all’anno precedente, in quest’area, dove la disoccupazione raggiunge anche picchi del 30% con molti lavoratori che migrano verso le regioni della costa anche solo per i mesi estivi, la ripresa non è scontata. Non aiuta nemmeno un settore industriale in gran parte spazzato via durante e dopo la guerra.

“Dopo la guerra molte industrie sono state vendute a multinazionali straniere”, racconta una donna del posto “o hanno semplicemente richiesto i fondi per essere rinnovate secondo i parametri internazionali. Ma, una volta incassati i soldi, sono state chiuse. L’abitato di Borovo Naselje, oggi inglobato dalla città di Vukovar, è nato prima della seconda guerra mondiale attorno a una nota fabbrica di scarpe che dava lavoro a 2.200 dipendenti provenienti da ogni dove. Ora molti di questi sono a casa. E i giovani, se possono, se ne vanno”. “Prodaja” (in vendita) scrivono i cartelli esposti ben in vista sulle facciate di molte abitazioni appena ristrutturate. “Sono molti quelli che vanno a lavorare altrove per rimettersi a posto la casa e poi venderla”, spiega Iva.

Gradevoli soste

Vikovar Il centro di Vikovar tra vecchie e nuove costruzioni
Il centro di Vikovar tra vecchie e nuove costruzioni

Per godersi Vukovar, basta munirsi della mappa della città e cominciare ad esplorarla da vicino. Passeggiando per il centro non può non colpire il disordinato alternarsi di costruzioni vecchie e nuove: come il Grand Hotel del 1908, dove nel Ventidue venne firmato il primo documento che menzionava ufficialmente la Jugoslavia. Acquistato a suo tempo dal Partito Comunista, la sua imponente figura appare ancora affascinante, ma completamente svuotata. E i piani inferiori ingentiliti da arcate, dove una volta c’erano un cinema e un caffé, oggi ospitano numerosi concerti. Da non dimenticare l’esperienza culinaria. Sotto i portici o all’aperto, con vista fiume o nelle viuzze dell’interno, tra una miriade di bar con tavolini e grandi ombrelloni che emanano un’aria vacanziera, l’imbarazzo della scelta su dove gustarsi un caffé è quasi scontato. Ma attenzione: se volete un caffé all’italiana, bisogna chiedere un espresso, perché qui si beve il “crna kava”, il caffè preparato alla turca.

"cevapi"
“cevapi”

Da non perdere il mercato, situato in una piazzetta retrostante la via principale e attivo dal mattino fino a pranzo, circondato da caffé e bistrot dove trovare qualcosa da mettere sotto i denti, seduti o passeggiando. Bastano pochi minuti di attesa per poter assaporare “cevapi” e “pljeskavica” conditi con insalata, cipolla e salse tipiche a scelta per gli amanti della carne; “burek” ripieno di ricotta salata se si preferisce qualcosa di diverso. Portano vita anche le serate musicali danzanti, i concerti per i più giovani e le manifestazioni sportive che coinvolgono l’intera cittadinanza ma non solo, come la regata Vukovar-Ilok, svoltasi in ottobre o la maratona pannonica in bicicletta che ha visto la sua prima edizione dal 28 settembre al 3 ottobre 2009.

Gite fuori porta

Passeggiate lungo il Danubio
Passeggiate lungo il Danubio

Per gli appassionati della natura, del birdwatching e della bicicletta ma non solo, consigliata una tappa al parco naturale di “Kopacki rit” di Bilje, situato a una quarantina di chilometri a nord di Vukovar, vicino ad Osijek. Una pianura alluvionale creatasi dove il Danubio e la Drava, il suo principale affluente, si incontrano.

Incluso dal 1993 nell’elenco delle zone umide di rilevanza internazionale, il parco è la dimora di centinaia di specie di uccelli, ma anche di invertebrati, insetti e circa quarantaquattro specie di pesci. Attraversato dai percorsi ciclabili internazionali “Panonski put mira” (Strada pannonica della pace) e “Dunavska ruta” (Via del Danubio) il Kopacki rit propone gite in barca e numerose iniziative a seconda dei propri desideri. Anche se per vedere le cicogne basta tornare a Vukovar, alzare lo sguardo e cercare i loro nidi sui comignoli delle case.

Vukowar Monumento alle case bombardate
Monumento alle case bombardate

Sempre sulle sponde del Danubio e verso la località di Ilok, nota per i pregiati vini portati dagli antichi Illiri, si trova invece il sito archeologico di Vucedol.
A quest’area appartengono i ritrovamenti paleolitici risalenti a cinquemila anni fa, come un vaso di ceramica che riporta, per decorazione, uno dei più antichi calendari europei.

Tra gli altri reperti, anche il vaso cerimoniale a forma di colomba, la “vucedolska golubica”, oggi noto come Vucedol Dove e divenuto ben presto simbolo della città.

Per concludere, una tappa significativa in quanto portavoce di un tassello di storia recente. Poco prima Vu?edol, una sosta al centro documentaristico e memoriale di Ovcara è quasi d’obbligo. Si tratta di un monumento ricavato da uno dei capannoni dove, tra il 20 e 21 novembre 1991, vennero radunati i prigionieri catturati dalle armate serbe entrate in città. È senza dubbio un’opera caratterizzata da grande simbolismo, capace di trasmettere ai visitatori delle sensazioni molto forti, ma che soprattutto può aiutare, con tutti i suoi controsensi, a comprendere e a entrare maggiormente in contatto con la città.

Ricostruire dal basso

Vukovar Centro storico di Vukovar
Centro storico di Vukovar

Ciò che manca, dunque, sembra essere l’elaborazione del passato, un passato tenuto rinchiuso negli angoli remoti della memoria da chi l’ha vissuto. Una posizione spesso dettata dal rifiuto di un’analisi critica, spesso plagiata da drammatici eventi della storia privata, ma anche dal rifiuto di confrontarsi, preferendo semmai continuare a trasmettere ai più piccoli le proprie idee, basate sulla contrapposizione. Ma nonostante tutto, c’è anche voglia di cambiamento: numerose le associazioni che si stanno adoperando per creare cultura e, soprattutto, promuovere il dialogo interculturale, al fine di superare ogni tipo di pregiudizio attraverso la conoscenza. “Tabù” è una di queste. Nata a Vukovar circa cinque mesi fa da un gruppo di giovani, essa si propone di coinvolgere altri giovani aiutandoli, attraverso progetti, ad esprimere la propria creatività e a riflettere su tematiche considerate in città ancora veri e propri tabù: omosessualità, ecologia, i diritti delle donne. E la guerra. Benché giovane, l’associazione conta numerose collaborazioni con altre realtà. Non ultima, quella per la realizzazione di un progetto europeo sulla mobilità dei giovani e il dialogo transfrontaliero. “Viaggiare, conoscere giovani di altre nazionalità e quindi altri modi di vivere e di pensare”, racconta uno degli attivisti di Tabù, “a volte è l’unico modo per far cambiare e crescere i nostri ragazzi”. Altra sorpresa è offerta nel paese di Belj Monastir, poco distante da Osijek. Qui una casa, una delle tante che costeggiano una delle vie principali, ospita l’associazione “Luna”.
Luna che in lingua rom significa proprio “luna”, sotto la luce della quale, un tempo, spesso queste popolazioni si trovavano a dover dormire durante i loro spostamenti. L’associazione è nata nel 2005 per la reintegrazione sociale dei “basishi”, popolazione zingara stanziale che vive nella regione della Baranja, in particolare dei bambini e degli orfani. Lo fa collaborando con il governo locale e gli enti, scuole e polizia compresi. Con buoni risultati: “Sono ben trentotto” afferma Duško Kosti?, fondatore dell’associazione “i bambini reinseriti all’interno del circuito scolastico nell’arco di quattro anni”. A rendere particolare l’associazione, non solo le pareti dipinte a colori, i disegni vivaci che si affacciano sul giardino e l’atmosfera di ospitalità con cui vengono accolti i nuovi venuti, ma anche il coinvolgimento di volontari provenienti da Australia, Norvegia, Canada, Zimbabwe ed altri luoghi ancora. Scopriamo così che i basishi non sono né sinti né rom, ma una popolazione a sé stante, con una propria cultura e tradizione. “Anche se alla fine potete chiamarci tutti ‘zigani’ ”, conclude ironicamente Duško Kosti?, “perché in lingua rom ‘zigano’ significa ‘uomo’ ”.

Notizie utili

Turisticka zajednica grada Vokovara

(Ufficio turistico di Vukovar) J.J. Strossmayera 15, 32000

web: www.turizamvukovar.hr

Gradski muzej Vukovar (Museo della città di Vukovar) Dvorac Eltz, Zupanijska 2, attualmente in corso di restauro;

Kopacki rit: Javna ustanova park prirode Kopacki rit (Direzione del parco naturale Kopacki rit) Petefi Šandora 35, 31327 Bilje.

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