Sabato 18 Gennaio 2025 - Anno XXIII

La Domus dei “Casti Amanti”

L’ultimo scavo effettuato nell’area archeologica di Pompei è stato trasformato in un cantiere aperto al pubblico. Una visita unica nel suo genere, che rappresenta un vero e proprio viaggio nel passato della città viva e pulsante, ignara della minaccia del vulcano e del proprio destino

Un momento conviviale ritratto in uno degli affreschi rinvenuti nella Domus dei
Un momento conviviale ritratto in uno degli affreschi rinvenuti nella Domus dei “Casti Amanti”

Interessante assistere al lavoro di archeologi e restauratori per scoprire come, frammento su frammento, si ricostruisce il puzzle della storia e della fine della famosissima città distrutta dal Vesuvio. Si tratta dello scavo iniziato nel 1987, che ha riportato alla luce un intero isolato lungo la centralissima via dell’Abbondanza, il principale decumano dell’antica Pompei che collega il Foro all’Anfiteatro.
Cuore degli ambienti riportati alla luce, la casa di un ricco panettiere e il suo laboratorio. Stanze di vita e di lavoro quotidiano che si aprono, dopo quasi venti secoli di oblio, e che sembrano ancora vive dei rumori e degli odori di quel tragico 24 agosto del 79 dopo Cristo, il nono giorno prima delle calende di settembre, come riferisce nella sua lettera Plinio il Giovane, testimone oculare di quella tragedia.

Prima dell’eruzione, un grande terremoto
Archeologi davanti all'ingresso della Domus
Archeologi davanti all’ingresso della Domus

Il marciapiedi del piccolo cardo d’accesso mostra delle buche, materiale rimosso che a prima vista sembra una banale e vistosa sciatteria di chi ha aperto al pubblico il posto. E invece è una prima traccia che porta il visitatore a conoscere e vivere le ultime ore di Pompei. Si tratta di lavori in corso: vecchi di duemila anni. “Procedendo con lo scavo” spiega Varone “abbiamo scoperto le tracce evidenti di opere in corso lungo la strada al momento dell’eruzione. Riguardano la riparazione di fosse settiche pesantemente danneggiate da un forte evento sismico”. L’intera città di Pompei presenta tracce di danni sismici e di lavori di restauro effettuati da poco.
L’interpretazione corrente vuole che si tratti dei segni di un grande terremoto verificatosi nel 62 dopo Cristo, 17 anni prima della disastrosa eruzione. Non c’è dubbio che la città abbia subito pesanti danneggiamenti da parte di quell’evento storicamente accertato, ma questo non significa necessariamente che i lavori di restauro si siano trascinati per decenni. E i lavori in corso nei pressi della Domus dei Casti Amanti ne sono la prova.

Scavi “coram populo”
Il direttore degli scavi di Pompei, Antonio Varrone, spiega le novità dello scavo
Il direttore degli scavi di Pompei, Antonio Varrone, spiega le novità dello scavo

“Nell’affrontare questo scavo abbiamo puntato a conoscere aspetti nuovi di Pompei e dell’eruzione del Vesuvio” esordisce Antonio Varone, direttore degli scavi di Pompei, che da tempo immaginava la Casa dei Casti Amanti come occasione per far conoscere al grande pubblico il lavoro dell’archeologo e le piccole e grandi verità che prova a svelare.
L’accesso del pubblico alla Domus è da un cardo, un vicolo laterale, e immediata è la sensazione di trovarsi in un luogo che riserba sorprese. I ponteggi danno l’idea dei lavori in corso e con le mura antiche, cavate a fatica dalla cenere e dalle pomici solidificate, creano uno strano e intrigante connubio. Non una casa come le altre visibili a Pompei, ma un cantiere-laboratorio nel quale sono davvero al lavoro archeologi e restauratori. Scavo e recupero delle testimonianze della casa continuano, infatti, sotto gli occhi dei visitatori in un lungo progetto di ricerca. Un lavoro certosino che ricostruisce ed interpreta quanto affiora dal terreno. Un lavoro vivo, come viva era la città prima dell’ecatombe vulcanica.
“Vogliamo offrire ai visitatori un’esperienza unica” spiega Marcello Fiori, commissario della Soprintendenza archeologica di Pompei “entrare nel vivo di uno scavo e partecipare al lavoro dei ricercatori. Una visita che porta a conoscenza del pubblico le scoperte che man mano si stanno realizzando in questo luogo”.

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Plinio, testimone degli eventi
Resti dei muli che azionavano le macine del panificio
Resti dei muli che azionavano le macine del panificio

Proprio in prossimità della strada, i locali terranei del fabbricato mostrano due stalle. All’interno i restauratori stanno ancora lavorando al recupero degli scheletri di sette muli uccisi dall’eruzione. Si tratta di animali impiegati alle macine del panificio e, probabilmente, impiegati anche per il trasporto del pane. “Le fosse settiche per decenni inagibili e li animali vivi, erano incompatibili” spiega Varone “Immaginate il cattivo odore e i problemi igienici, proprio in prossimità di un panificio. Questo significa che i danni che si stavano riparando in strada riguardavano un evento sismico recente. Un’emergenza verificatasi da pochi giorni, alla quale si stava ponendo rimedio. Questo dimostra che i pompeiani non erano una popolazione indolente che ancora riparava i danni del 62 e, soprattutto, dimostra che l’eruzione fu preceduta da un forte evento tellurico”.
Un terremoto precursore, dovuto alla pressione del magma che spingeva sotto le pendici del vulcano. “Un evento” sottolinea Varone “dimostrato da questo scavo, ma, a ben leggere, già presente nella testimonianza di Plinio, che scrive: ‘Giorni prima si era sentita una scossa di terremoto ”. Così le parole di Plinio, come in una sorta di cronaca in diretta del disastro, trovano oggi evidenza concreta e lasciano immaginare al visitatore la tenace laboriosità di quella gente alle prese con una natura che doveva rivelarsi molto più crudele di quanto immaginavano.

Pittori al lavoro, per l’ultima volta
L'affresco che ha dato il nome alla Domus pompeiana
L’affresco che ha dato il nome alla Domus pompeiana

Scene che evocano il culto conviviale romano e mostrano la grande maestria degli artigiani che le hanno realizzate. Proprio questo scavo ha permesso ai ricercatori di conoscere in dettaglio come operavano i pittori di duemila anni fa. Nel cantiere dei Casti Amanti c’è quella che è conosciuta come la Domus dei Pittori al lavoro.
Al momento dell’eruzione, una squadra di pittori stava decorando le pareti di un ampio salone che affacciava su un portico e su un giardino. Il loro lavoro è rimasto incompiuto, ma questo ha permesso di ricostruire le tecniche impiegate e la suddivisione dei compiti tra le maestranze. “Sulla parete troviamo tre pannelli dipinti in nero, rosso, e bianco” spiega Mattia Bondonno, una delle guide del cantiere “Il pannello bianco è quello che doveva essere ulteriormente dipinto, ma è rimasto incompiuto, con gli artigiani che si sono dati alla fuga spaventati dall’eruzione. Poiché la decorazione doveva essere eseguita prima che l’intonaco si asciugasse e poiché nella stanza sono presenti altri decori in corso di realizzazione, si deduce che alle opere stavano lavorando persone diverse”. Il visitatore scopre con i propri occhi le tracce geometriche che precedono la realizzazione delle cornici dei decori, le figure abbozzate che attendono di essere definite e colorate. Fasi di un procedimento a catena e ben organizzato che prevede diverse specializzazioni dei “pictores”: da quello più abile che esegue le figure più raffinate, a quello che stende i colori di fondo, all’apprendista che si limita a preparare la parete.

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Vita semplice e laboriosa, prima dell’eruzione
Il forno del panettiere di Pompei
Il forno del panettiere di Pompei

È proprio la vita, quella scandita dalle faccende di tutti i giorni, a svelarsi al visitatore del cantiere della Domus dei Casti Amanti. Cosa c’è di più quotidiano e vitale che la preparazione e la cottura del pane? Il locale per la preparazione del pane si svela con la sua antica ed immutabile familiarità. Un forno non molto diverso da quelli usati ancora oggi per la pizza e il pane casereccio. Quattro macine in pietra lavica, che senza bisogno di guide o informazioni video, indicano la loro atavica funzione, ormai impressa nella memoria tecnologica della nostra specie.
L’indaffarata quotidianità di chi operava nel panificio sembra ancora palpabile agli occhi del visitatore, che non può non volgere il pensiero alle storie anonime e minute che dovevano svolgersi nel circondario. Gente al lavoro in una giornata estiva come tutte le altre, che all’improvviso si oscurò sotto l’immenso ombrello di materiale vulcanico sputato dalla montagna.

I messaggi del servo alla padrona
Il giardino e il triportico
Il giardino e il triportico

Il percorso della visita scorre lungo passerelle che consentono una vista dall’alto dei vari ambienti dello scavo, per poi scendere al livello del suolo, dove insistevano il giardino e il laboratorio della panetteria. Il giardino è circondato da un triportico interamente ricostruito con le pietre e le tegole poste con rigore scientifico nella posizione esatta in cui si trovavano quasi venti secoli fa. Su alcune colonne sono presenti dei graffiti, dei messaggi che un servo lasciava alla padrona di casa per informarla dei compiti svolti. Dei veri e propri “post-it” dell’antichità che alla lettura mostrano le differenze tra il latino letterario che si studia a scuola e la lingua parlata, che tende alla semplificazione dei casi e dei generi.
Il giardino su cui affaccia il triportico riproduce con immensa fedeltà quello che gli abitanti della Domus hanno visto fino a quel drammatico agosto del 69. Lo scavo ha fatto rinvenire pollini e tracce vegetali che hanno permesso di accertare quali varietà di piante fossero coltivate e di reimpiantarle nello stesso posto. Non solo: lo scavo ha messo in luce dei piccoli fori diagonali nel terreno che si disseminavano in maniera ordinata sul piano di calpestio. Le tracce di una palizzata realizzata con sottili canne, un decoro in voga che appare anche in alcune pitture dell’epoca. Lo studio delle tracce, unito alle informazioni delle pitture, ha permesso di realizzare lo stesso impianto, che conferisce al giardino e alle architetture che vi si affacciano un impressionante tocco di realistica vivacità.

Antichi amori. A Pompei
Uno schermo riproduce i dettagli del restauro
Uno schermo riproduce i dettagli del restauro

Un primo esempio, un antipasto di come il cantiere archeologico aperto al pubblico permetta di conoscere dal vivo come si ricostruiscono gli eventi storici. “La visita alla Domus dei Casti Amanti è aperta a gruppi ristretti di persone”, spiega Fiori. “Una ventina di visitatori alla volta, per un percorso che richiede circa un’ora. Un’esperienza che arricchisce l’offerta degli scavi, alla quale è possibile partecipare previa prenotazione attraverso il sito web della Soprintendenza”. Una visita che mette insieme il lavoro concreto degli archeologi con le tecnologie moderne. Delle telecamere riprendono in diretta i dettagli degli esperti all’opera, per mostrarli su schermi posti lungo il percorso. Immagini che mostrano la polvere e le difficoltà che stanno dietro alla scoperta e alla ricostruzione di un frammento di mosaico, di un decoro, di un caratteristico affresco pompeiano.
E’ proprio un affresco a dare il nome alla Domus e allo scavo. Si tratta di una delle scene di un ambiente tricliniare decorato, con una serie di motivi conviviali che, nelle intenzioni del committente, dovevano ispirare gli ospiti intrattenuti a banchetto. Quando la casa fu portata alla luce, gli archeologi furono colpiti dall’immagine di due innamorati che durante un banchetto si scambiavano caste effusioni. La scena riproduce un convivio estivo sotto una tenda, nel quale due giovani uomini si accompagnano a delle etére, delle cortigiane di classe. Una scena non priva di ironia. Al centro del dipinto si vede, infatti, un terzo uomo armato di bastone, probabilmente il padre di uno dei giovani adirato per come il figlio dilapidava le ricchezze di famiglia.

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Dal cielo, il cataclisma finale
Dalle passerelle lo sguardo cade sulle macine
Dalle passerelle lo sguardo cade sulle macine

Lungo una parete, gli archeologi hanno lasciato intatti i vari strati di depositi che hanno avuto ragione dell’edificio e, probabilmente, della gente che lo abitava. Una sorta di cronaca momento per momento dell’eruzione che è durata varie ore. Prima la pioggia di ceneri e lapilli, poi l’incandescente ondata piroclastica che ha sventrato le mura e percorso la città come uno tsunami e, infine, il sisma che ha seguito la fase più acuta dell’eruzione. Un monumento reale e impressionante di quel cataclisma, quasi un simbolo senza tempo della precarietà dell’esistenza e delle costruzioni umane.
Al di là del fascino di entrare in un cantiere archeologico, al di là dei supporti multimediali che in vari punti del percorso informano il visitatore, al di là ancora delle meravigliose pitture, il fascino di questo posto e di tutta Pompei, è proprio nell’essere specchio dell’umanità, soprattutto quella spicciola e per questo più capace di rappresentarci. Un esempio? Sulla parete della panetteria sono presenti dei graffiti. Appunti, magari conti e note di pagamento dei clienti più assidui e meno ricchi. Una contabilità minimale, certamente più umana delle luci al neon e dei registratori di cassa dei nostri supermercati. Tracce di storie di uomini e donne a noi sconosciuti, ma vicini nella loro fragilità, di fronte allo scorrere del tempo e alla potenza della natura.

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