Sabato 5 Ottobre 2024 - Anno XXII

Ah, la Cozinha Portuguesa…

Basta “drinks” e aperitivi in bicchiere, scopriamo il gusto, verace, della Cucina portoghese. Magnifiche sardine, prosciutto di maiale Pata Negra, formaggi della Serra da Estrela e da Gardunha. Da provare anche a Milano

Moderna gastronomia...
Moderna gastronomia…

Non finirò mai di predicare che se uno vuole conoscere un Paese, deve assolutamente conoscerne la Cucina. E ho detto Cucina! Basta con l’inflazionatissima parola “gastronomia”. A forza di tirarla in ballo ci ritroviamo a mangiare le stesse identiche “composizioncine”, più chic dire “rivisitazioni”, meglio ancora se “molecolari”, beninteso servite in dosi lillipuziane in mini-bicchierini con mini-cucchiaino.

Basta con tutte ‘ste manfrine! Viva la Cucina, i sapori veraci, casarecci e genuini; porzioni giuste per viaggiatori affamati, servite nei vecchi bei piatti d’antan di bianca ceramica! E se mai qualche aficionado lettore volesse saperne di più in merito a questa mia “crociata” contro la parola “gastronomia” non mi resta che rinviarlo a uno scritto da poco pubblicato, ovviamente in questo baldo web magazine con ascendente viaggiatorio sì, ma anche mangereccio.

Pesci, carne, formaggi. E vino, naturalmente

Un buon piatto di Porco a Alentejana
Un buon piatto di Porco a Alentejana

E veniamo alla Cozinha Portuguesa, ottima (e non costituisca motivo di sorrisini la solita pirlottata, la scrivono tutte le guide e i dèpliants, delle 365 diverse ricette per ammannire il Bacalhau, una al giorno, e tutti a sorridere…). Qualche esempio? Mai assaggiato la “Cataplana”, casseruola in cui può essere cotto il pesce o il pollo o il maiale o financo il coniglio (ma provate quella con le Ameijoas, vongole, belle veraci dell’Atlantico)? Ed è poco buono il Porco a Alentejana (maiale con vongole e arance)? E non parliamo di pesce e soprattutto di crostacei: per una Sapateira (granciporro) e/o una Santola (granseola, e si parla di quelle atlantiche, giganti) venderei l’anima.

E quanto ai Queijos, formaggi, dalla Serra da Estrela (e non è da meno quella da Gardunha) provengono caci speciali che so io come impiegarli (li svuoti degustando la pasta morbida con il cucchiaino e nella cavità ricavata vi sbatti qualche bell’uovo strapazzato, operazione fattibile anche con caldi rigatoni al sapore di salsa di pomodoro, ça va sans dire, di marca Mutti). Eppoi – udite udite – quei sornioni dei portoghesi “chiano chiano” si sono pure messi (anzi l’hanno sempre fatto) a produrre Presuntos, alias prosciutti, del divino maiale Pata Negra, si quella leccornia che in Spagna costa come un mutuo.

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A Lisbona tutto parla di “bacalhau”

E allora orsù diamoci da fare, viva un filino di curiosità, per scoprire gli altrui mangiari. E se poi si parla di Portogallo, nel senso di cucina portoghese, posso subito, in uno slancio di immodestia, dire la mia. Coltivo infatti ormai da decenni una viva curiosità a proposito di quel che mangiano i portoghesi, fosse solo il fatto che della vicina Spagna “a tavola” so molto se non (quasi) tutto o quantomeno quel che è bastato per scrivere un dizionario gastronomico (vabbè, mica potevo definirlo “cuciniero”) spagnolo-italiano e una miniguida riportante più di 500 posti (ristoranti, bar de tapas ecc. ecc.) da me “collaudati” a sud dei Pirenei. Avrei voluto compiere, pertanto, identica operazione (appunto la scrittura di un dizionario gastronomico) anche per gli a me cari portoghesi, ma la faccenda non è mai andata in porto (minuscolo, non nel senso del portoghesissimo vino, maiuscolo) per svariati non meno che arcani motivi (che non racconto nemmeno al mio confessore spirituale).

Ma “tirèmm innanz”, come diceva noto personaggio risorgimentale, senza contare che se qualche curioso volesse mai vedere come si dice in portoghese coltello o ciliegia, forchetta o salame ecc., può sempre farlo consultando il citato mio minidizionario ispanico a cui ho aggiunto una “appendice” intitolata “In un ristorante portoghese”.

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