* Comincio con l’affermare (con la mia abituale ed estrema franchezza) che le Vuvuzele (le trombette suonate no-stop durante le partite, malefici strumenti musicali un tempo confezionati da Zulu, Tswana & C. con la pelle del Kudu, oggidì sostituita da vile plastica) mi hanno subito rotto le palle. Non ne potevo più, fin dall’inizio, di vedere le partite assordato da quel suono che insopportabile è dir poco.
* E dopo averle rotte a me le Vuvuzele hanno (finalmente) rotto le palle anche al resto del mondo, laddove intendo l’abbondante miliardo di spettatori tivù, gli addetti ai lavori, gli addetti soltanto a far soldi e soprattutto i telecronisti e i pubblicitari che con quel monotono rumoraccio di fondo mica possono lavorare bene. La “rottura” da parte dei media è però avvenuta solo per gradi, progressivamente, dopodiché pure loro hanno cominciato a lamentarsi di queste trombacce. Ma perché ‘sto ritardo? Per il semplice motivo che nei primi giorni della kermesse pallonara, in ossequio all’ormai imperante conformismo, non ci poteva essere niente, ma proprio niente, che non andasse bene in questo Mondiale sudafricano.
* Ad ogni buon conto i decibel hanno fatto aggio sul conformismo e (finalmente) le lamentele sono fioccate (ma continuo a non comprendere i timori di dire quel che si pensa, come se la maledizione nei confronti delle malefiche trombette avesse costituito vilipendio di quella splendida persona che è Nelson Mandela).
* Conformismo, come sempre accompagnato dall’ipocrisia, perché giocandosi per la prima volta in Africa questo megatorneo balompedico (e datosi che prima o poi la coscienza del mondo doveva essere ripulita dai rimorsi del bieco colonialismo europeo perpetrato nel XIX secolo, con gli italiani giunti fuori tempo massimo un secolo dopo, ma questa, avrebbe detto Kipling, è un’altra storia) ecco che tutto ciò che era africano (sud o nord od ovest che fosse, dall’ Hinc Sunt Leones dei romani, la Libia, in giù) non poteva essere che perfetto. “Ma come sono simpatiche le trombette qui, ma che belle quelle danze là e come son vivaci quelli che si spingono ai cancelli per entrare” garantivano festanti i cronisti di giornali, radio e tivù.
* La South African Airways ha informato che dispone ancora di posti per andare a vedere il Mondiale di Calcio. A bordo no stop di Vuvuzele (servizio riservato alla classe turistica).
* Sarà un demenziale pallino del vecchio estensore di queste righe, ma ogni tanto qualche dato geopolitico, un commentino sul posto dove si gioca al balòn o si corre sulle autoscontro della F.1. (chi sono i locali, quanti sono, cosa fanno) dovrebbe essere fornito. Invece niente, tanto blablabla, ore e ore a sentirti narrare che la zia di Buffon ha un ascesso in una ascella (non precisano però quale) a farti vedere la mamma di Cannavaro fianco a una gabbia con dentro due canarini. Poveretti (i poco informanti cronisti, non i canarini).
* Morale, tutti a “blatterare” (bella eh? e spiego ai calcisticamente ignoranti che Blatter è un ex colonnello dell’esercito svizzero oggi potente padrone della Fifa, la Federcalcio mondiale) a “dire la loro”, alla faccia del mai troppo lodato detto meneghino “offelée fa el to mestée” (pasticciere, fa il tuo mestiere). Perché, se si parla di Calcio, capisco chiedere a un calciatore cosa ne pensa di questo Campionato del Mondo, ma (e ci aggiungo invece) che senso ha intervistare tronisti, gente del gossip, damazze “abbronzate” da lampade dei “villaggi bene” romani o veline di passaggio da un sofà a un altro della Rai di Roma? Perché mai, fosse solo in omaggio alla Par Condicio, non sentire una tantum anche (invento nomi e mestieri a capocchia) il rag. Busoni cassiere al Banco Emilia di Novellara o il geom. Cazzulani contabile all’Ente Risi di Mortara (uno di loro potrebbe anche essere stato a una partita Calcio, hai visto mai?).
* Per la Serie “Puñetas del dopopartita” (ovvietà e quisquilie in libertà). Sky: Ilaria D’Amico con la solita vocina rompicristalli si domanda inquieta: “Ma come la prenderanno i Bafana Bafana, si dispereranno per questa drammatica sconfitta con l’Uruguay?”. E Mario Sconcerti (ogni tanto qualcuno col senso della misura ci vuole proprio) le fa: “Guarda, Ilaria, che nel Sudafrica c’è un omicidio ogni mezz’ora (in Italia ogni due giorni) e il Paese è devastato dalla più alta percentuale di Aids nel mondo.
* Che casino la Corea del Sud. Oltre a possedere un solo vicino di casa (oltretutto quei bei tipini del Nord del Caro Leader) i sudcoreani dispongono solo di tre cognomi sicché si chiamano tutti (o quasi) Park (che in coreano vuol dire Magnolia) o Lee (Prugna) o Kim (Oro). Ne consegue che il telecronista ha rare occasioni di sbagliare. Ma che noia (e che continuo scioglilingua)! Non sarebbe meglio se invece dei nomi desse i numeri?
* Turismo (sportivo) italiano in sud Africa? Ma mi faccia il piacere! Di tifosi al seguito degli Azzurri, nisba, niente, o quasi (non potendosi ovviamente inserire nel conteggio la massiccia emigrazione, purtroppo solo provvisoria, del popolo della Rai; una vicenda che sarà dettagliata alla prossima puntata).
(24/06/10)