Venerdì 3 Maggio 2024 - Anno XXII

Tortelli e Vino, in un fine-settimana piacentino

Due giorni trascorsi tra Vigolzone e la medioevale Castell’Arquato assaggiando i tesori della tavola delle colline affacciate su Piacenza. Tortelli, “Pisarè e Fasò” e delizie del “divin porcello” innaffiati da Gutturnio e Ortrugo. Bella (ri)scoperta!

Gli affettati son serviti
Gli affettati son serviti

Ebbene lo ammetto, c’era un punto oscuro o quantomeno meno noto nella mia conoscenza di genti e paesaggi proposti ai piedi delle colline appenniniche, che dal pavese Oltrepò si distendono fino alla Romagna. Mi riferisco alle terre piacentine laddove cominciano i rilievi, fosse solo in contrasto al monotono piattume che ti annoia dall’altra parte della Camionstrada del Sole…

Sono infatti di casa nel già citato Oltrepò, attratto dalla a me cara Bonarda. In quel di Parma fui anche studente universitario (ancorché un filino scarso datosi che si trascorreva la brutta stagione giocando a carte o in sala corse e giunto il bel tempo si andava in piscina laddove l’allora noto musicista Luciano Sangiorgi, fattosi trasportare un piano, suonava per gli amici); e la sera noi studenti, trasferendoci nella non lontana stazione termale, si diveniva gigolò invitanti al ballo le ricche tardone che passavano le acque a Salsomaggiore.

Gli italianissimi “must” della Cucina piacentina

Un succulento piatto di Pisarè e Fasò
Un succulento piatto di Pisarè e Fasò

Ad ogni buon conto e con l’intento di non passare soltanto per un mangione, informo anche – un filino di cultura non guasta mai – che a Castell’Arquato nacque Luigi Illica, famoso librettista di eccellenti opere liriche (La Bohème: “Per castelli in aria l’anima ho milionaria”). Ma mi è tornato un filino di appetito fosse solo per il fatto che sempre a Castell’Arquato, ma in campagna, e così mi godo pure un tramonto (lo dicono tutti i mezzibusto tivù ma proprio tutti) “mozzafiato”, inaugurano il ristorante, beninteso azienda agrituristica, come ormai ovunque se tra i campi, La Noce (e qui gli faccio “l’areclàm” visto che ho giornalisticamente sbafato ‘a gratis’) e risulto pure tra gli invitati al calorico ‘vernissage’. Sapida la Bordeleina (acqua e farina fritta, nient’altro, ma quanto sapore), gustosi i Tortelli (qui a forma di Caramella), beninteso presenti i piacentinissimi Pisarè e Fasò eppoi ottimi i Chisolini, cosiddetti da queste parti, dopodiché, man mano che nascono lungo l’Appennino che va verso l’Adriatico assumono tanti differenti nomi: pizza fritta, gnocco fritto, crescentine e chissà quanti altri ancora). Ahh vini (alla Noce): Gutturnio e Ortrugo, roba giusta del posto.

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(09/09/10)

Castell’Arquato: Rocca e “Divin Porcello”

Il centro storico di Castell'Arquato
Il centro storico di Castell’Arquato

Di Vigolzone, però, ho già contato nel Gossip, eppertanto procedo verso Castell’Arquato, un posto medioevale davvero vero (mica Grazzano Visconti, borgo antico tirato su solo pochi decenni fa, ma anche questo l’ho già esternato). A Castell’Arquato, poi, oltre a tanto vero Romanico e a merlate storiche torri evocanti la miglior Italia di sempre (quella dei Comuni e quella delle Signorie) c’è pure un baldo salumificio (ne faccio pure “l’areclàm”, anche se ho giustamente non meno che ovviamente pagato quanto portato via: si chiama La Rocca) che con la merce ti consegna pure due interessanti stampati, firmati da tale Nonna Angela, insegnanti cosa sono i salumi stagionati e cosa sono i salumi ‘da cotta’ (e visto che il cortese lettore si sta ponendo qualche interrogativo preciso trattarsi di: salamini e salsiccia, cotechini, zampone e cappello del prete) e spiega pure come conservare queste, commenta la Nonna, “delizie del divin porcello”. Ahh dimenticavo, il Culatello sia sempre avvolto in un panno imbevuto di vino – ça va sans dire bianco secco – e lo zampone non sia mai – e ripeto mai – mosso durante la cottura sennò corre il tremendo rischio di spezzarsi.

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