La più grande piazza di Roma e una delle più ampie d’Europa, con i suoi 316 metri per 174. L’unica piazza “torinese” della città circondata da palazzi dotati di portici e raggiunta da ben tredici strade. Ecco piazza Vittorio, cuore dell’odierno quartiere Esquilino, bazar multi etnico che tuttavia conserva in larga misura la “romanità” e la genuina connotazione popolare.
Venne realizzata nell’ultimo scorcio dell’Ottocento, nel quadro dei massicci sventramenti per la costruzione dei quartieri residenziali destinati ai burocrati della nuova capitale del Regno d’Italia; sventramenti che sacrificarono le grandi ville e i giardini sorti nell’area collinare, a partire dalla seconda metà del XVI secolo. Ma l’Esquilino non è solo il nome di un rione cittadino: con i suoi sessantacinque metri di altezza è anche il più elevato e ampio dei sette colli di Roma e la sua storia rimonta ai primordi della Città Eterna… Chi l’ha detto che quando si visita Roma bisogna andare solamente al Colosseo?
Dall’antica “Suburra” alle dimore imperiali
Nella sua parte occidentale si sviluppò (oltre a un quartiere aristocratico su un’altura) il più antico rione di Roma al di qua del Tevere: la Suburra, area “sottostante la città”, esterna al primo insediamento sul Palatino che, abitata dalla metà dell’VIII secolo a.C., fu tra i luoghi più popolosi, popolari e malfamati dell’urbe antica; la “periferia”, oggi centro storico. La parte orientale e più consistente dell’Esquilino, a partire dal IX secolo a.C. fino a tutto il periodo repubblicano, fu occupata dalla maggiore necropoli cittadina, che Augusto decise di bonificare affidandone il risanamento all’amico Mecenate, il quale, intorno al 35 a.C., vi fece costruire una splendida villa dando impulso alla trasformazione della zona in quartiere residenziale.
Solo allora l’Esquilino fu incluso a tutti gli effetti nella città; vi sorsero sontuose dimore e divenne proprietà imperiale. L’area mantenne però sempre un carattere periferico rispetto al cuore urbano antico, attirando numerose delle prime chiese paleocristiane e, durante il Medioevo, un’alta concentrazione di addetti alle scienze occulte.
Termini, stazione “viva”
Porta d’accesso all’Esquilino la Stazione Termini, ingresso ferroviario alla capitale, sorta nel 1867, terminata negli anni Cinquanta del Novecento e completamente rinnovata per il Giubileo del 2000. Vera città nella città oggi costituisce un bel biglietto da visita per Roma, con i suoi spazi espositivi, i numerosi negozi, bar, ristoranti e servizi. Da notare, in piazza dei Cinquecento di fianco alla stazione, un significativo tratto delle mura serviane, attribuite dalla tradizione a Servio Tullio (VI secolo a.C.); più volte restaurate e ricostruite, poi in parte demolite a causa dell’espansione urbana.
Oggi l’Esquilino, area densamente popolata che risultava assai deteriorata fino agli anni Ottanta, sta cambiando faccia, grazie agli interventi di riqualificazione urbanistica e architettonica. Da piazza Vittorio ha preso avvio la rinascita dello storico quartiere che, vicino al Colosseo, è però ben poco conosciuto: un accurato restyling di strade e piazze ha richiamato nella zona artisti, designer e creativi; sono stati ristrutturati loft e aperte gallerie d’rte.
In pochi rioni di Roma l’intreccio tra antico e moderno è tanto evidente e affascinante. Liberata da uno dei più grandi e degradati mercati di Roma, risistemato al centro il giardino intitolato alla memoria di Nicola Calipari – con le palme donate dalla regina Margherita di Savoia – la piazza dedicata a Vittorio Emanuele II (questo il nome ufficiale di piazza Vittorio) si è rifatta il look negli ultimi anni e oggi è piacevole e interessante. Imponenti nel verde le rovine di una monumentale fontana, realizzata in opera laterizia nel III secolo, la cui facciata si può ricostruire (mentalmente) grazie alle immagini che hanno fornito alcune monete del tempo: tre piani impreziositi da statue nelle numerose nicchie e sormontati da una quadriga bronzea e una vasca che raccoglieva l’acqua. La grande opera pubblica è chiamata erroneamente “Trofei di Mario” per i due trofei marmorei qui rinvenuti, associati alle vittorie riportate dal generale e uomo politico (della fine II secolo a.C.) Caio Mario e trasferiti nel 1590 sulla balaustra del Campidoglio.