Le isole Svalbard formano un arcipelago situato nella parte settentrionale dell’Artico e occupano una superficie di circa 63mila chilometri quadrati, pari a quasi una volta e mezzo all’intera Danimarca. Scoperte da un marinaio olandese, tale Willem Barentsz, che nel 1596 le chiamò Spitsbergen, furono successivamente assegnate alla Norvegia, che le ribattezzò con l’attuale nome che significa “il paese dalle coste fredde”.
Nel XX secolo le miniere di carbone divennero la principale risorsa di queste isole, i cui abitanti erano vissuti fino a quel momento, solo grazie alla pesca, alla caccia e al commercio delle pelli. Oggi l’arcipelago conta circa tremila anime, tra le quali un migliaio di cittadini russi, i soli, insieme ai norvegesi, che hanno il diritto di utilizzare le risorse delle Svalbard. Sono per lo più ubicati a Longyearbyen (1500) e Barentsburg (1000). Quest’ultimo paese rappresenta l’enclave russa nell’isola e i suoi abitanti sono quasi tutti di origine e passaporto russo, autorizzati a soggiornare sull’isola, in virtù del Trattato delle Svalbard, la convenzione internazionale che tuttavia assegna alla Norvegia la sovranità delle isole.
Su questi ghiacci vivono circa 5000 orsi bianchi, vero e proprio simbolo dell’arcipelago. Lo splendido animale è protetto dal 1973, e convive in un territorio abitato anche da migliaia di volpi polari e renne. A causa della pericolosità degli orsi, gli abitanti delle Svalbard si muovono sempre accompagnati da un’arma da fuoco. Le motoslitte (il mezzo di locomozione più usato), hanno infatti una sacca laterale che contiene un fucile, per ogni evenienza.
Golf sulla neve? Ebbene sì
La luce soffusa della notte polare dei primi giorni di aprile alle Isole Svalbard forma, con il bianco dei ghiacci, uno straordinario prisma di rifrazione che rende il paesaggio circostante simile a un gigantesco cinemascope in bianco e nero. A questa latitudine, all’inizio della primavera, la notte non è mai completamente notte, in attesa che il buio scompaia definitivamente per quattro mesi. E il periodo primaverile, coincide spesso con il World Ice Golf Championship, una gara di golf che si disputa ormai da diversi anni. Circa sessanta giocatori, provenienti prevalentemente da Regno Unito, USA, Canada, Spagna e naturalmente Norvegia, si danno battaglia sulle diciotto buche di un tracciato disegnato alle spalle dell’abitato di Longyearbyn, dove il bianco è il colore dominate.
Neve e ghiaccio dappertutto, con il grigio del cielo che spesso rende ancora più irreale tutto il contesto. La spianata che sta alle spalle di Longyearbyen è perfetta per lo scopo. Si tratta della parte terminale di un fiordo che in questi mesi è completamente ghiacciato, sul quale viene disegnato il percorso delle 18 buche. Solo intorno alla bandiera, per una superficie di poche decine di metri quadrati, il ghiaccio e la neve vengono lisciati molto attentamente, per riprodurre le condizioni del green e permettere di usare il putt. Le palline non possono essere ovviamente di colore bianco e la gara è esattamente uguale a un torneo di golf tradizionale. L’abbigliamento dei concorrenti è adeguato alle temperature (sempre abbondantemente al di sotto dello zero), con calzoni imbottiti, scarpe da neve e guanti. Questi ultimi vengono tolti solo al momento di effettuare il colpo.
L’irreale atmosfera delle Svalbard
Longyearbyen è tappa d’obbligo per chiunque arrivi alle Svalbard. Di solito ci si passa almeno un paio di giorni, indispensabili anche per orientarsi tra le varie attività proposte dagli operatori locali nelle diverse stagioni. Irrinunciabile una visita al piccolo Svalbard Museum, che documenta geologia, habitat e storia dell’arcipelago con la ricostruzione di stazioni baleniere, accampamenti di trappers, i cacciatori di pellicce che vivevano per mesi isolati in baracche di legno tra i ghiacci e l’immancabile miniera. Il pezzo forte della Svalbard Gallery è però la collezione di mappe e di testimonianze delle prime escursioni a Spitsbergen: una vera chicca per appassionati, unica al mondo. L’artigianato locale è molto prevedibile: vedute ad acquerello, album ricoperti di pelle di foca, posate con manico di corno, piccoli gioielli con denti e pelli di foca o orso polare. Le infrastrutture turistiche sono costituite da un eccellente campeggio dotato di molte comodità, e da diversi alberghi. Alcune strutture ricettive sono ubicate in edifici ri-modernizzati, che furono costruiti come alloggi per i dipendenti della compagnia mineraria intorno al 1940 e danno un’idea di come i minatori vivessero a Longyearbyen agli inizi del secolo. Da alcuni anni sono sorti però anche alcuni alberghi di ottimo livello, con uno standard di servizi più elevato, tra cui il SAS Radisson, dove c’è il miglior ristorante dell’arcipelago, che propone una eccellente cucina norvegese e una cantina di buon livello dove trovano posto diverse etichette italiane. (29/04/2011)