Non vi siete un tantino rotti delle recensioni che fanno ridere i polli? La filosofia della salsa e la metafisica dell’arrosto non vi hanno un po’ scocciato? Davvero si può spiegare il significato profondo del brodo o è meglio lasciarlo nel suo liquido mistero?
Da una parte ci sono le recensioni impaludate e untuose delle guide o presunte tali, dall’altra le valutazioni supponenti e approssimative degli utenti dei siti web. Perché dovrei fidarmi di uno che assaggia un piatto di spaghetti alla ‘pummarola’ come se facesse un expertise di un Van Gogh? Dall’altra parte invece che logica c’è nel dare credito alla presuntuosa sicumera di questi recensori improvvisati che spuntano su internet, che si mettono lì a tagliare giudizi come tagliano il salame e magari è la prima volta in vita loro che vanno al ristorante?
Gnocchi “algati”
L’altro giorno ho letto nel menù di un posto di lusso la seguente pietanza: “Gnocchetti di patata e alga al profumo di agrumi con astice e granceola”. Delirio. Cosa ci fa l’alga negli gnocchi? L’hanno raccolta a riva subito appena arrivata o l’avranno lasciata frollire ben bene sulla battigia? E gli agrumi cosa c’entrano? Questo profumo lo spruzzano sull’alga prima di tritarla, nell’acqua di cottura oppure negli occhi dei poveri crostacei prima di finirli? Permane anche il dubbio se astice e granseola stiano bene insieme, se siano compatibili tra loro, con l’alga e con l’agrume. Costo di tutto ciò 32 euro.
32 euro? E che meriti dovrà mai avere uno gnocco algato con prodotti ittici al limone per essere così caro? Evidentemente gli agrumi li ha raccolti il Presidente nel giardino del Quirinale e i crostacei li hanno pescati su Plutone e portati qui con il teletrasporto; altrimenti non si spiega. Eppure questo posto ha molte stelle sulle guide. Ah, le recensioni.
I buoni “piatti” della mamma
Il più illuminato giudizio su un piatto non è in una guida, ma in un film, Ratatouille. Anton Egò, il terribile esperto di cucina il cui giudizio può incoronare o stroncare uno chef, si trova davanti a una porzione di ratatouille, appunto, preparata dal topo protagonista della pellicola, che, sfidato a servire qualcosa di sconcertante, decide di cucinare un piatto semplice, non elaborato. Egò, animato dalle peggiori intenzioni, cupo come ogni volta che svolge il suo lavoro, procede a uno sparuto e annoiato assaggio e all’improvviso si rivede bambino davanti alla porta di casa, avvolto dall’aroma della ratatouille della sua mamma e dai raggi del sole del sud della Francia.
Eccolo, il punto: mangiare qualcosa di buono è come tornare bambini con la forchetta sprofondata nel capolavoro gastronomico dalla mamma, quello che per primo ha forgiato le nostre papille e il nostro olfatto, oltre che la nostra anima. Questa è la vera profondità del brodo. Non c’è recensione, granseola o alga che tenga. (03/10/11)