Nati per la neve
È incredibile come i cani si adattino facilmente ai rigori invernali. In pochi giorni il loro manto s’infoltisce con un notevole sviluppo del sottopelo, i peli degli spazi interdigitali si consumano meno e formano così una sorta di “racchetta” che aumenta la superficie d’appoggio delle zampe e la pelle dei cuscinetti s’indurisce per resistere meglio all’aggressione della neve e dei sali disposti sulla strada in caso d’innevamento. Soltanto i loro occhi devono essere protetti dai raggi ultravioletti con un collirio che permetta di annullare gli effetti nefasti della luce riflessa.
Naso nella neve, sin da cuccioli
L’addestramento ha inizio quando gli amici dell’uomo sono cuccioli con appena quarantacinque giorni di vita e viene condotto come un gioco a nascondino sulla neve. Il padrone, cosiddetto conduttore, si nasconde in una buca prima scoperta e poi coperta, profonda cinquanta centimetri; il divertimento consiste nel ritrovarlo scavando festosamente finché il volto amico non riappare. Poi le esercitazioni si fanno via via più difficili, vengono simulate situazioni di emergenza sempre più complesse, inserendo variabili che rispecchiano quanto più possibile situazioni reali. I “campi”, che inizialmente avevano solo una o due “buche”, si fanno più impegnativi. Al posto del padrone nella neve, in fondo a un cunicolo, c’è un figurante. E poi bisogna imparare a salire in seggiovia, sul gatto delle nevi, addirittura a calarsi con l’imbracatura dall’elicottero. Il che non è un problema se il padrone ha imparato a proporsi come capo branco, se sa essere coerente e rassicurare il suo compagno che con lui è disposto ad affrontare qualsiasi prova. I programmi di addestramento prevedono per i cuccioli in “formazione”, ovvero dagli otto ai sedici mesi, due corsi intensivi di dieci giorni all’anno, con campi più o meno facili. In particolare il primo anno è dedicato alla formazione del cane, il secondo all’affinamento della preparazione del conduttore. Entrambi poi, indistintamente, si sottopongono a prove di verifica ogni quindici giorni da quando inizia a nevicare fino a maggio.
Cani da valanga: un po’ di storia
La storia dei cani da valanga inizia quasi per caso in Svizzera nel 1938, quando un cane permise il recupero dell’ultimo di un gruppo di diciotto dispersi. Il cane sembrava quasi impazzito, continuava a ritornare in un punto e faceva di tutto per richiamare l’attenzione del suo padrone. Finché quest’ultimo, incuriosito dall’atteggiamento del suo fedele amico, decise di sondare la zona e rinvenne così il corpo del giovane. Il fatto indusse Ferdinand Scmutz, uno dei cinofili più esperti mai conosciuti, a creare un corpo specializzato nell’esercito. Oggi la responsabilità dell’istruzione dei cani da valanga è del Club Alpino Svizzero (CAS). In Italia la prima scuola per l’addestramento di unità cinofile specializzate nel soccorso alpino è stata fondata nel 1964 a Solda, in Alto Adige, dalla guida Fritz Reinstandler dopo che il suo cane, un incrocio Spitz, aveva ritrovato il corpo del parroco di Solda scomparso sotto una valanga qualche mese prima. Reinstandler, peraltro, già da qualche anno aveva iniziato a utilizzare alcuni cani della Guardia di Finanza, ormai fuori servizio, per la ricerca delle persone travolte da una slavina. Oggi sull’intero arco alpino sono operative oltre centocinquanta unità cinofile U.C.V., cui si aggiungono anche i cani da ricerca in superficie e da valanga delle Guardie di Finanza, che si preparano all’operatività presso il Centro Addestramento del Soccorso Alpino, a Passo Rolle (Trento).
(13/02/2012)