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Appartenente con altri 27 Stati al Bharat, Unione Indiana, il Gujarat conta molto nelle vicende della repubblica federale (e più popolata democrazia del mondo): grande due terzi dell’Italia, conta lo stesso numero di abitanti e oltre a potervi vantare la nascita di Gandhi si segnala come terra di frontiera. Là, al confine con il Pakistan, qualche decennio fa tra induisti e musulmani esplosero guerre e tragiche violenze – ormai sopite – tanto frequenti nei conflitti religiosi (e dire che da queste parti abbondano pacifisti e pure animalisti che si tappano il cavo orale per non deglutire manco un moscerino, India misteriosa).
Sempre più visitatori nel Gujarat
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New entry degli itinerari turistici indiani (e per certo aumenterà i visitatori, almeno dal Belpaese, visti i recenti e diversi problemi coinvolgenti civili e soldati italiani nell’Orissa e nel Kerala) il Gujarat non offre soltanto una full immersion nella storia gandhiana. Oltre a bei templi e luoghi di culto (secondi solo ai monumenti del “classico” itinerario in India, Delhi, Agra e Jaipur) la regione propone chicche della natura (un deserto, salato e non, quei pochi leoni asiatici che restano ed esotiche spiagge sul Mar Arabico) nonché città non grandi e dai nomi insignificanti, ma storicamente intriganti, per un passato prossimo in cui convissero ben tre culture (l’induista, la musulmana e quella british imperial della regina Victoria).
Ahmedabad dei Templi
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La gita in minibus (1.700 i chilometri percorsi, strade o paranormali o da disperarsi) ha avuto inizio e fine ad Ahmedabad, metropoli ormai non più capitale ma pur sempre la più popolata del Gujarat (chi vagamente dice 5 o 6 e chi 8 o 9 milioni di abitanti; meglio non domandare, d’altro canto se lo sviluppo demografico non è fuori controllo poco ci manca). Da qualche decennio la politica e l’amministrazione dello Stato si sono infatti trasferite nella vicina Gandhinagar, 200.000 persone, di cui le più brave e fortunate alloggiano nei moderni e pregiati edifici pubblici e privati disegnati da due esimi architetti indiani allievi di Le Corbusier.
Al peraltro non grande merito di costituire il traguardo di partenza e arrivo della spedizione, Ahmedabad non può aggiungere grandi ‘highlights’ (interessanti ma non esaltanti, un paio di moschee, un tempio hindu – e lì si comincia ad affrontare nomi che più complicati non si può, tipo Swaminarayan – e uno giainista, sulle placide acque del Kankaria Lake realizzato nel ‘400).