Venerdì 22 Novembre 2024 - Anno XXII

Gujarat, India. Asini e Deserto salato

Assieme ai simpatici quadrupedi, alle meraviglie del Deserto Salato, ecco uno spaccato d’India che potremmo definire “provinciale”, se paragonato alle grandi metropoli. Ma una provincialità ricca di storia, monumenti, religiosità talvolta esasperata. E non mancano i ricorsi ai “Nababbi” e ai “Maharajà”

Ricchezza e povertà

Gujarat, India. Asini e Deserto salato

Il già citato terremoto che sconvolse il Rann (2001) devastò anche Bhuj, danneggiando gravemente storici monumenti (il britannico Prag Mahal e il settecentesco Aina Mahal) la cui ricostruzione richiederebbe costi che l’economia del Paese non può sopportare. Perché sarà pur vero che (con Cina e Brasile) l’India appartiene al lodevole gruppo delle Economie emergenti, ma è anche vero che (oltre all’assenza di valide infrastrutture, strade moderne, accettabili servizi pubblici nei centri minori) di miseria se ne vede molta. Chiarito che (more quasi solito) tanti soldi sono contenuti in poche tasche (per certo ripiene quelle della potente dinastia Tata) l’establishment indiano ha un bel da proclamare che il Paese ‘non è povero’ (vabbè, recentemente comprato dalla Russia un sommergibile atomico da più di un miliardo di euro) se poi la soglia di povertà è fissata a un income quotidiano di 30 rupie, meno di mezzo euro. (12/04/2012)

Rann, natura grande e terribile

Gujarat, India. Asini e Deserto salato

La prima tappa del Giro in minibus termina dopo più di 200 chilometri in un Lodge poco distante dal Rann of Kutch (sulle carte geografiche indiane Kachchh, ovvero deserto, meglio non tentarne la pronuncia) da Kachbo, in gujarati tartaruga, tale è la silhouette di questo territorio al confine con il Pakistan. Un posto coi fiocchi, il Rann of Kutch, da non perdere (è pure Riserva della Biosfera), sia quello Great-grande che il Little-piccolo, quest’ultimo arricchito da un’inattesa attrazione: l’Asino Selvatico Indiano (Khur, equus hemionus) che trotta con eleganza, esibisce un mantello dai teneri colori pastello, un delicato beige e un bianco sporco tendente al crema. Ma è il deserto salato a rendere Great! (nel senso di entusiasmo) il Rann maggiore. Una infinita candida distesa, resa accecante dal sole, dal passato a dir poco inquietante per le bizze di madrenatura. Perché nei millenni, dalle parti del Rann, è accaduto di tutto. Su questa pianura affiorata dal fondo del mare (ecco la salinità) arrivarono a scorrere l’Indo e alcuni suoi grossi affluenti, fin quando nel 1819 uno spaventoso terremoto non rivoluzionò la geografia della regione rendendola desertica. E nel gennaio 2001 un altro tragico sisma compì l’opera. A ciò aggiungansi i potenti monsoni estivi trasformanti il territorio in un immenso acquitrino. Tante calamità, previste e non (più le mortali dispute tra musulmani e induisti prima della separazione dell’India dal confinante Pakistan, seconda metà del secolo scorso) non convinsero comunque varie tribù indigene ad abbandonare alcuni villaggi che non dà fastidio visitare (l’ovvia vendita di prodotti dell’artigianato – valido e variato, magnifici i colori naturali dei tessuti – non è insistente e insistita, né sono richiesti bakshish per una foto: in tutta l’India la gente, già accennato, è allegra e disponibile).

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