Lunedì 25 Novembre 2024 - Anno XXII

Mille e un deserto d’Algeria

Il Sahara algerino ha una stupefacente moltitudine di anime, colori persino forme di vita, tutte differenti l’una dall’altra. Questo brano è tratto da “Tutto il mondo in una guida”, la nuova pubblicazione del Touring che vuole racchiudere il mondo intero in 480 pagine

L'altopiano dei fiumi, Tassili n'Ajjer. Foto: getintravel
L’altopiano dei fiumi, Tassili n’Ajjer. Foto: getintravel

 

Dicono i tuareg che Dio ha creato le terre con i laghi e i fiumi perché l’uomo possa viverci, e ha creato il deserto affinché l’uomo possa ritrovare la propria anima stanca. Probabilmente sono stati ispirati dal Sahara algerino, un deserto che rifiuta ogni definizione e che, lungi dall’essere infinitamente uguale a se stesso, declina invece una stupefacente moltitudine di anime, colori persino forme di vita, tutte differenti l’una dall’altra. C’è il Tassili n’Ajjer, che in tuareg significa ‘altopiano dei fiumi’, tutto di pietra arenaria e disseminato di incredibili formazioni rocciose dall’improbabile forma sferica. Ma ci sono anche i grandi erg, con le loro iconografiche dune sabbiose. E poi il massiccio dell’Hoggar (o Ahaggar) lì, solo in mezzo al nulla.

Del resto questa affascinante e caleidoscopica mutevolezza è una caratteristica di tutta l’Algeria. Esplode nel deserto, ovvero nell’8o% del suo territorio, ma la si incontra e la si riconosce anche nei paesaggi umani e nelle città: ad Algeri innanzitutto, reticolo di vicoli freschi, silenziosi e ovattati che si aprono d’improvviso su piazze vocianti e battute dal sole; o a Tamanrasset, Tam per gli amici, che, oggi come ieri, è percorsa da polverose carovane che incessantemente vanno e vengono dall’Hoggar. E a Bou Saada, che riesce magicamente a conciliare l’asprezza del deserto da cui è circondata con la coltivazione di filari e viti che producono vini di qualità.

Tutto questo è Sahara

Mille e un deserto d'Algeria

Le foto da satellite che riprendono l’Africa settentrionale sono impietose: un fascia bianco-giallastra si stende da ovest a est per tutti i 4000 chilometri che vanno dall’oceano Atlantico al Mar Rosso. Una fascia interrotta solo da qualche macchia scura di elevazioni montuose. E dalla striscia verde della valle del Nilo. Una fascia che nel suo punto più stretto (dal golfo della Sirte verso il centro del continente) misura più di 1000 chilometri. La superfìcie totale è pari a 9 milioni di chilometri quadrati: come dire quasi tutta l’Europa, compresa la Russia a ovest degli Urali. Il colore elaborato dal computer indica un mondo arido e spopolato, una terra dove non piove quasi mai e dove l’acqua non scorre se non nelle profondità del sottosuolo, per emergere solo in quei pochi, circoscritti luoghi privilegiati, verdi di vegetazione, che inevitabilmente chiamiamo oasi. Per il Sahara bisognerebbe avere a disposizione un vocabolario fatto solo di superlativi: basti dire che è il più vasto deserto del mondo, la cui sola presenza ha avuto un peso decisivo nella storia di tutta l’Africa, o meglio del pianeta. Il paesaggio si presenta dunque come un immenso tavolato quasi completamente spoglio di vegetazione, nel quale si distinguono; l’erg, il deserto di sabbia a forma di dune; l’hammada, il deserto di rocce, più o meno grandi, quasi sempre dalle forme acuminate; il serir, di sassi e ghiaia. E alcune grandi formazioni rocciose, a volte di origine vulcanica, delle quali l’Hoggar è forse la più famosa. In un mondo arido e praticamente privo di piogge l’Hoggar è un’assoluta eccezione: d’inverno qui può comparire anche la neve.

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Sempre, più o meno violento, soffia il vento, che sia il ghibli o l’har-mattan. E trasporta terra, sabbia, spore, raramente umidità, sempre storie. In primavera e nella prima parte dell’estate può facilmente diventare tempesta di sabbia. E ricoprire il mondo.

Tutto questo, e molto di più, è Sahara.

Terra di contrappassi

Algeri
Algeri

Racconti straordinari, eppure oggi l’Algeria è una delle mete dell’Africa settentrionale meno ambite dai turisti. I motivi sono noti. Da anni questo è un paese infuocato, non solo dal sole ma anche dalle tensioni sociali, dall’autoritarismo e dal terrorismo. Problemi che affondano le radici nella storia, fìn dai tempi della lotta per l’indipendenza. Fu una guerra feroce quella che l’Algeria combatte per la propria autonomia, e altrettanto feroce fu lo sforzo che la Francia mise in atto per trattenere a sé quella che avvertiva, più che come una colonia, come un distaccamento del proprio territorio: oltre due milioni erano infatti i pieds-noirs, cioè i francesi che si erano trasferiti in Algeria. Quella guerra segnò una sorta di contrappasso, perché fìno a una manciata di anni prima l’Algeria appariva come un simbolo di esotismo e vitalità, il luogo ideale dove fuggire dal grigiore del Vecchio continente. Terra di colori saturi e di suggestioni stordenti, giardini verdeggianti e selvaggi che provavano a dissimulare l’asprezza del deserto, quel suo senso di libertà sconfinata e implacabile ineluttabilità. Deserto, teatro di morti spietate e inattesi ritorni. Forse per questo l’Algeria aveva affascinato molti grandi scrittori: André Gide, ma anche Oscar Wilde e Albert Camus, che era lui stesso un pied-noir: agli occhi dei pallidi e cagionevoli intellettuali europei, storditi da tanta luce come da una sbornia d’assenzio, l’Algeria rappresentava una prorompente e inesorabile incarnazione della vita, che magmaticamente si portava dietro il suo contrario. Ed è forse proprio in nome di questa ambivalenza che l’Algeria ha ancora molto da raccontare.

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(18/01/2013)

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