Giovedì 25 Aprile 2024 - Anno XXII

“Corridas y Toro” (correggendo Santoro)

Nella puntata preliminare si è parlato delle lotte storiche e leggendarie tra uomo e fiera, i primordi della corrida. Che da circa un paio di secoli è stata opportunamente regolamentata. Vediamo come

"Corridas y Toro" (correggendo Santoro)

Come una commedia (protagonista la muerte, tema immanente e ricorrente nella cultura spagnola) una corrida con 6 tori si divide in altrettante lidias/combattimenti, suddivisi in tercios della durata complessiva di più di una ventina di minuti ciascuno (una corrida dura quindi più di 2 ore).

Regole (per matador e … tori!)

"Corridas y Toro" (correggendo Santoro)

1. Tercio/atto/fase della corrida. Dopo un breve prologo in cui il matador (chiamarlo torero è riduttivo perché torero è ogni membro della cuadrilla, anche l’ulltimo peòn) fa passare il cornupeta attirandolo con la capa (l’ampio mantello color violetto, nero per i già citati sciur dei tempi di Filippo II e i nostrani ex reali carabinieri) inizia il tercio de varas (picche, aste) che vede il toro lanciarsi sul cavallo e il picador picarlo per fargli abbassare la testa (e togliergli un pò di forza).

2. Tercio. Segue il tercio de banderillas, infilate sul garrese del toro (non solo per folklore ma anche e per studiarne mosse e reazioni) mediante belle piroette in cui si fondono geometria ed eleganza dei movimenti.

3. Tercio. Quello finale, ai tempi di Hemingway chiamato de la muerte (leggere Morte nel Pomeriggio mirabilmente tradotto da Fernanda Pivano, mia brava docente al liceo) detto anche tercio de muleta, per il drappo di flanella rossa, avvolto in un bastone appuntito, con cui il matador/espada esegue la faena (lavoro, fatica) culminante nell’uccisione del toro. E’ il momento della verità, di matar, in due modi: recibiendo (aspettando a pié fermo la carica del toro, ormai raro) o mediante il volapiè (il matador parte da 4 o 5 metri sperando che il toro non si muova e lo trafigge sfiorando le massicce corna).

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Dagli “eroi” Cordobés e Dominguin al torero per sole donne

"Corridas y Toro" (correggendo Santoro)

Belmonte, el Mito Legendario, nacque umile (beninteso a Siviglia) ma ricevette dal destino quell’intelligenza naturale che con buone letture e frequentazioni diventa cultura: e fu così che convisse con una saggia dama della buona società di Madrid partecipando a letterate tertulias/chiacchierate nel celebre Cafè Gijon. Nel dopoguerra grandi le notorietà del bel Dominguìn (con la milanesa Lucia Bosè genitore del divo Miguel) e del bellissimo El Cordobès (coscritto dello scriba, che, invidiosissimo del suo successo con le turiste da lui accompagnate, con la speranza di far colpo pure lui si inventò l’apodo/soprannome de El Novarés). E più recentemente il romantico Jesulìn de Ubrique è divenuto l’unico matador de toros che si sia esibito in una Plaza davanti a sole donne. Cosa non si fa per un paio di corna.
Olè! -che durante la corrida, repetita juvant, il turista avrà il buon gusto di non gridare datosi che è sempre fuori tempo e a sproposito. (2 – continua giovedì 7 febbraio). (31/01/2013)

Toros Bravos nel mondo

"Corridas y Toro" (correggendo Santoro)

I toros bravos, razza iberica autoctona, sono parte della storia, della vita e del costume spagnolo (la corrida è detta Fiesta Nacional) e finirono oltre oceano con i Conquistadores. Ecco spiegata la aficiòn con temporadas di corride in Perù, Venezuela, Colombia (la più grande Plaza de Toros del mondo? la Monumental a Città del Messico). “Adiòs toros, sono finiti per me…” sospirava l’imperatrice Eugenia de Montijo alla vigilia delle nozze con Napoleone III (dopodicha, organizzatasi con il duca d’Alba, suo cognato, riuscì a ricevere a Parigi le cronache delle corride più importanti). Dici “Carmen” e pensi al torero (toreador non si usa più o si riferisce, con sufficienza, a un matador francese, perché pure nella Francia meridionale c’è molta aficiòn). E in Spagna, pare ovvio, i personaggi, le figuras del toreo siano entrati nel mito.

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Toreri spagnoli e … italiani!

Pedro Romero
Pedro Romero

Cominciò il rondeño (di Ronda) Pedro Romero, capostipite della moderna tauromachia (c’è pure un ristorante che porta il suo nome di fronte alla Plaza de Toros). I famosi Miura (1849) incrementarono la lista dei Caduti nelle Plazas di Spagna. Primo decesso, scherzi del destino, per le corna di Jocinero, il nonno di Manolete, la più illustre vittima dei Miura, colpito da Islero alle 18 e 50 del 28 agosto 1947 nella Plaza de Toros de Linares, per morire nel locale ospedale alle 5 e 05 del giorno seguente. Sul finire dell’800 acquistò buona fama Luìs Mazzantini. Figlio di un ingegnere ferroviario toscano trasferitosi in Spagna per la costruzione della linea Bilbao-Santander, don Luìs visse brevemente a Roma e tornò nel Paese natale come cocchiere di Amedeo, fratello di Vittorio Emanuele II, re a Madrid con il soprannome di Macaroni Primo. Rispedito il Savoia in Italia (mica scemi gli spagnoli a finir sotto certe dinastie) il Mazzantini cambiò mestiere, facendo prima il capostazione a Santa Olalla eppoi il matador de toros. Infine, appese le corna al canonico chiodo o per meglio dire tagliata/cortada la coleta (il codino dietro la nuca, segno della casta torera, abolito da Belmonte) divenne pure prefetto di Cuenca.

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