Quando la cronaca turistica si faceva in mountain-bike
Con non tante cose da fare-vedere (tanto, poi, c’è la Bit) la gita alla Fitur, con prevalente presidio davanti allo stand di Turespaña, mi ha però permesso un reencuentro-rimpatriata con altri direttori del turismo spagnolo ancorché non transitati a Milano. E rivedendoli ecco spuntare bei ricordi. Alvaro Blanco non ha dimenticato (e sadicamente sorride) quando, a lui spedito dal sempre a me caro Guillermo Puerto, Jefe in Milano (bei tempi, tutti amici nel mundillo del turismo, adesso ci si ignora, esistono solo funzionari che timbrano il cartellino) nonostante la mia quasi senescente età, mi fece correre una Vuelta/Giro dell’Extremadura in mountain bike (nell’invito si accennava a un equipo de periodistas, ma al Giro d’Italia i giornalisti mica li fanno correre in bici). E saluto anche Antonio de la Morena (Turespaña a Canton) pregandolo di rinnovare i miei ringraziamenti a sua moglie Mercedes: fu lei – lìder del equipo femenino alla mia sullodata, drammatica Vuelta – che ‘tirandomi’ (in gergo, fendere l’aria a chi segue) mi aiutò a raggiungere il traguardo finale (il Teatro Romano di Mèrida, premiatissimo, ero diventato una figura del mountainciclismo extremeño). Pensa tu se con cotanta leggenda alle spalle dovevo finire in una anonima cafeteria di una Feria ad addentare un bocadillo con tortilla (pure fredda). Sic Transit Gloria Mundi.
Sfiziosità da Post Scriptum
Ma alla Fitur (è proprio il caso di dire alla fine della fiera) cos’è successo? Boh, mi sembra di aver sentito che nel 2012 la Spagna ha fatto bingo col Turismo incassando 56 miliardi di euro, che la spesa media è stata di 960 euro a cranio (di turista) e quanto a presenze la classifica è guidata dai British. (Non credo che alla Bit il turismo del Belpaese vanterà altrettanto successo, e ce credo: con quel ministro che c’è … anzi, ma poi, c’è?). E quanto ai “Paesi visitati” mi sono soffermato (alla caccia di scoop con Paco Rivero, mio “Presi” degli scribi dell’Extremadura) nello stand del Kerala (curiosità su una prossima mia gita) e dell’Armenia (offertoci vino di melograno, roba da restare fedeli al Ribera del Duero e al Barolo).
(14/02/2013)
Scopo primo Fitur? Rivedere i vecchi amici!
Ma alla Fitur dovevo andare, sia – dicono gli spagnoli – per pundonor, sia – dicono i francesi – perché noblesse oblige (ho o non ho ‘cantato’ la Spagna in una recente Guida del Mondo del Tci?). E sapendo della crisi (in Spagna hanno fatto indigestione con il ladrillo/mattone, costruzioni, nel Belpaese ce l’han messo in quel posto coi derivati) ho pensato bene di rinunciare ai piaceri del palato tentando invece di risolvere il problema economico. Resta però il fatto che, gastronomicamente parlando, mai avrei pensato di cadere così in basso in una Fitur: un tempo invitato a sbafare innumere fette di divino Pata Negra de Bellota, stavolta mi sono ritrovato nella cafeterìa, pertanto pure pagando, a ingurgitare en solitario un volgare bocadillo con tortilla/frittata (ragazzi che tristezza). Ma l’importante è aver contenuto i costi del volo + soggiorno (quello che, turisticamente, un tempo si chiamava i.t. (inclusive tour). I voli, ovviamente mediante il loucost (poco o punto bagaglio a mano ma col freddo invernale un paio di mutande può anche durare due giorni) non senza ricordare i bei tempi in cui Iberia ‘invitava’ (ma detto tra noi non è che risparmiando sugli inviti abbia fatto grandi affari: da aprile, commentavano in Fitur, la compagnia aerea spagnola cancellerà un fracco di destinazioni, l’ispanicissima Cuba in primis). E quanto a fornirmi di un giaciglio notturno ci ha pensato, come sempre a Madrid, Carlos Hernandez (magnifiche le alcachofas in padella della di lui señora, Carmen) che dopo aver governato il turismo spagnolo nel Milanesado è da poco assurto agli altari di identico ufficio in Roma (ma se la caverà bene anche lì, gli ho fornito preziose istruzioni su come adattarsi al cambio di continente e non cercare sui Colli Albani la profumata trufa/tartufo che amava degustare in Langa).