Venerdì 22 Novembre 2024 - Anno XXII

Sulle Isole San Blas, il sorprendente popolo dei kuna

Abbandonare tutto e partire in barca a vela. Ci avete mai pensato? L’autrice di “Allora vengo con te”, edizione Magenes, ha trasformato il suo sogno in realtà. Il progetto consiste nel fare il giro del mondo a bordo di un catamarano. Protagonisti sono Guido, l’ingegnere che ha costruito l’imbarcazione e organizzato il viaggio, Sabina, la voce narrante e Pluto, un piccolo robot sottomarino. Seguiamoli sulle Isole San Blas, Panama

Arcipelago delle San Blas. Credit: Magenes editore
Arcipelago delle San Blas. Credit: Magenes editore

Dobbiamo affrontare le settecento miglia

che ci separano dalle San Blas e ci prepariamo con ogni cura. Faremo il viaggio assieme alla Cin-Clo e stabiliamo il contatto radio ogni tre ore. Quelli che hanno fatto la traversata prima di noi ci hanno messo in guardia per le difficili condizioni di mare e di vento. Speriamo bene! Intanto la prima giornata di navigazione è molto tranquilla, vento quindici nodi, velatura a farfalla. Il secondo giorno il vento aumenta e le onde sono di tre/quattro metri e siamo costretti a ridurre le vele, e ogni tanto salta il timone automatico. Quando Guido parla con Luigi alla radio, vado in pozzetto a timonare cercando di prendere bene le onde e di mantenere la rotta. Altra cosa che ho dovuto imparare è quella di leggere gli strumenti per capire l’angolatura del vento. Andiamo abbastanza veloci, otto nodi, ma è una navigazione scomoda che non mi consente neppure di leggere. Sento Guido preoccupato e anche sulla Cin-Clo, distanziata di dieci miglia, ci sono tensioni e malumori dovuti alla difficile navigazione. Ci teniamo lontani dalle coste della Colombia per evitare possibili incontri con narcotrafficanti.

"Allora vengo con te" L'avventura di un uomo, una donna e un robot Megenes Editoriale
“Allora vengo con te” L’avventura di un uomo, una donna e un robot Megenes Editoriale

Guido comunica via radio con un elicottero US Navy che ci sta sorvolando, forse cercando barche sospette. Nel pomeriggio del quarto giorno siamo in vista delle isole San Blas. Ancoriamo di fronte a un villaggio di capanne addossate agli alberi di cocco. Indios sulle piroghe vengono a salutarci, ci portano banane e una cernia appena pescata. Il popolo Kuna, che vive su queste isolette nel golfo del Darien, merita un cenno a parte. Questo piccolo popolo o etnia che dir si voglia, è costituito da circa sessantamila anime. Originario del territorio che sta tra Panama e la Colombia ha cominciato a popolare le isole San Blas nel 1600 e oggi difende con risolutezza la sua autonomia e soprattutto la sua integrità etnica. Addirittura nel 1925, poiché il Governo panamense voleva imporre ai Kuna un modo di vivere moderno o civilizzato, reagirono con una vera e propria insurrezione cacciando dalle loro isole tutti i mestizos vale a dire quanti discendono dall’incrocio di spagnoli e indigeni.

I colorati tessuti locali
I colorati tessuti locali

Di fronte al nostro ancoraggio c’è un piccolo isolotto con un agglomerato di capanne: solo donne e bambini piccoli, gli uomini sono a pesca o a raccogliere cocchi. I bambini più grandi sono a scuola nelle isole più importanti, l’Isola Tigre e Rio Diablo. Ci trasferiamo anche noi all’Isola Tigre. Qui è prevista una grande festa nazionale. Ci hanno raggiunto Luigi e Silvana. Insieme scendiamo al grande villaggio dove visitiamo la Casa del Congresso e la capanna del capo del villaggio. Queste capanne hanno un unico stanzone dove convivono tutti i membri della famiglia: le madri, antiche, sono appassite, provate e sdentate. Faccio incetta di molas e penso che potrò usarle per fare cuscini da regalare alle amiche. A questo punto consideriamo esauriti i filmati sul popolo Kuna. Ci trasferiamo a Coco Banderas, un ancoraggio tranquillo al riparo di due isolotti disabitati. Guido è finalmente rilassato. Tra un grigio piovasco e l’altro – ma quanto piove in queste umide isole San Blas! – accantonate forzatamente tutte le esplorazioni sottomarine, ci dedichiamo a noi stessi, aspettando la Cin-Clo che ci raggiungerà fra qualche giorno. Quando arrivano Luigi e Silvana programmiamo con loro una lunga nuotata lungo la barriera corallina.

San Blas il popolo Kuna
Donne del popolo dei Kuna. Credit: viaggiareliberi.it
Donne del popolo dei Kuna. Credit: viaggiareliberi.it

Oggi la gran parte dei Kuna è padrona assoluta di un arcipelago, in realtà un pulviscolo di isole, isolotti, scogli, strisce di sabbia che raccolgono i loro villaggi e insieme le Casas del Congreso, grandi capanne collettive dove i Sailagan, guide spirituali e insieme autorità politiche e amministrative dei villaggi, si radunano per deliberare. I temi e i problemi messi in discussione possono essere anche minimi, non fa niente: l’importante è che i Sailagan, veri difensori del popolo Kuna, dopo aver ascoltato i cantores che si rifanno alle storie degli antenati, prendano le giuste decisioni. II loro principale introito è dato dai cocchi, per produrre i quali hanno distrutto la vegetazione di molte isole dell’arcipelago ed è dato dalle molas, specie di tessuti patchwork colmi di personaggi e di animali rappresentati in colori sorprendenti e vivacissimi. Questo è il mondo dei Kuna e delle isole di San Blas. Ma non completerei questa mia narrazione se non parlassi dell’inna-nuga un rito tutto particolare perché celebra le prime mestruazioni delle ragazze Kuna ed è anche chiamata fiesta de la chica. E un’occasione per fare socialità e forse anche baldoria.

Indigeni in visita sul catamarano Daedalus. Credit: Magenes editore
Indigeni in visita sul catamarano Daedalus. Credit: Magenes editore

Durante la cerimonia le donne più adulte e quelle più anziane, approfittano dei festeggiamenti per adornarsi, con vanità tutta femminile, di enormi orecchini d’oro mettendosi poi tra le dita dai quattro agli otto anelli d’oro. Tra una libagione e l’altra arrivano a simpatiche sbornie senza pensare alle ragazzine che ora, chiuse in una capanna, ascoltano i consigli di saggezza e d’esperienza delle donne adulte. Per le ragazzine si tratta d’un momento importante perché, dopo quell’evento che le rende donne, dovranno cambiare i loro nomi da bambine: nella notte i cantores decideranno come dovranno chiamarsi d’ora in avanti.

Guido è incuriosito e ansioso di cominciare a filmare questo strano popolo. Ma diventa nervoso e irascibile se non trova subito i soggetti giusti. Ci sono discussioni tra di noi: vorrei che affrontasse le giornate in modo più rilassato e tranquillo, ma non è nel suo carattere. Quando arriviamo in un posto nuovo, deve trovare subito uno scopo al viaggio, mentre per me è il viaggio in se stesso lo scopo. Lo stoico e l’epicurea, una bella accoppiata davvero. Poi, trascorsa una giornata da cancellare e che ho ben ricordato nel mio diario – nigro signando lapillo – facciamo pace e decidiamo di ripartire da zero.

Il mare ceruleo delle Isole San Blas
Il mare ceruleo delle Isole San Blas

La gioia nel vedere quel mondo sottomarino, affollato da miriadi di pesci d’ogni dimensione e colore, è grande. Le ansie tuttavia non mancano: una grande manta ci passa vicino, e per nostra fortuna ci ignora maestosamente. Ci gironzolano intorno alcuni piccoli squali grigi ma, anche loro, non si dimostrano interessati alla nostra presenza. L’unica cosa da evitare è che sentano l’odore del sangue. A Los Róques m’ero molto spaventata quando un barracuda ci aveva stretto contro la barriera corallina, muovendosi nervosamente attorno a noi. A differenza dello squalo che, quando la tiene chiusa, ha la bocca quasi invisibile sotto il suo capo il barracuda, altrettanto carnivoro, ha la bocca ben corredata di denti acuminati proprio sulla punta del muso. Lungo com’è – può arrivare anche a due metri – ha un aspetto funesto, agghiacciante. In quel momento sott’acqua c’era con noi Italo e Guido aveva appena pescato una cernia con il fucile: il barracuda evidentemente era stato attirato dalle vibrazioni del pesce ferito. Siamo riusciti ad allontanarlo con una lunga picca che, fortunatamente, avevamo portato con noi, in previsione di brutti incontri Devo ammettere che quando sono riuscita a rifugiarmi sul gommone, ho tirato un sospiro di sollievo. Nei mesi successivi in Polinesia avremmo imparato a tirarci appresso un recipiente di plastica galleggiante, legato a una cimetta, così da mettervi dentro il pesce pescato, evitando che funzionasse da esca. Dopo tali esperienze decidiamo di far rotta a piccole tappe, verso il porto di Colon dove facciamo un trionfale entreè sulla scia spumeggiante di una grossa nave.

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