La città di Buenos Aires è un “puzzle” estetico del quale è ancora possibile distinguere i singoli pezzi. Un crogiuolo composto da comunità dalle più svariate origini: spagnola, siriana, basca, tedesca, polacca, russa e ovviamente italiana, il cui numero è stimato essere il doppio degli abitanti di Roma, tanto da venire definita “la città al mondo con il maggior numero di italiani”. Ai residenti d’origine europea, si aggiungono i più recenti immigrati dal resto del Sud America. Tutti riuniti in una città “laboratorio della mescolanza globale”. L’estrema frammentarietà delle origini culturali di Buenos Aires è alla base della schizofrenia espressiva che la rende così inquietante e nel contempo affascinante. Le continue citazioni che ne caratterizzano l’architettura sono uno degli effetti più palesi.
Una città a sè stante
Vale l’opinione che molti francesi hanno di Parigi o i turchi di Istanbul. La capitale non rappresenta l’Argentina, è un luogo a sé. La forza accentratrice che ha portato milioni di persone a lasciare le fertili campagne del resto del paese per tentare l’avventura urbana, ha creato un grande distacco tra la città dei “porteños” (discendenti dei cittadini del porto sul Rio de la Plata) superba ed eccentrica e le altre regioni spesso depresse della nazione argentina. Buenos Aires vive una dimensione esclusiva, elitaria, lontana dai problemi e dalle preoccupazioni di un paese impegnato a trarre giovamento dalle immense risorse agrarie, minerarie ed energetiche.
Gli “Italianos” sono tantissimi a Buenos Aires e qualcuno ha fatto anche una grande carriera, come Jorge Mario Bergoglio ormai celeberrimo come Papa Francesco. È una città schizofrenica per la sua identità mutevole, per l’eleganza astratta e surreale del pensiero, l’urgenza della fame e poi le luci, miriadi di luci. Insomma: un enigma apparentemente irrazionale. Atterrare a Ezeira e farsi portare da un taxi fino al proprio alloggio, può rappresentare per molti versi uno “shock”. Dopo un’estenuante traversata in aereo di dodici ore, dopo aver sorvolato di netto l’intero continente africano, il fatto di trovarvi circondati da tratti somatici, architetture, posture e profumi del tutto europei, potrebbe rappresentare per molti versi una cocente delusione. Non vi è nulla di oziosamente esotico nel visitare, conoscere e fotografare Buenos Aires. La più europea delle grandi metropoli sudamericane.
Tradizioni rurali e metropolitane
Molte famiglie hanno voltato le spalle alla propria tradizione rurale, per cercare miglior fortuna tra le carezze volubili della città. E hanno trovato spesso perdizione, emarginazione, la disperazione della strada. Si è creato così un grande solco tra la città e il resto del paese, grande quanto il “gap” che spacca il tessuto sociale urbano tra la colta e sofisticata classe dirigente, erede delle prime generazioni di immigrati europei e i più recenti immigrati dal resto del paese e del Sud America. Oggi, a molti di questi ultimi, non resta che vagabondare dalla periferia al cuore della metropoli, rovistando tra la spazzatura, selezionando cartone, plastica, vetro. Materiale preziosissimo, in presenza dei residui di una crisi finanziaria ancora da superare e arginare, per i quasi centocinquantamila “cartoneros” – così vengono definiti – che aspettano gli avanzi delle cene dei lussuosi ristoranti di Puerto Madeiro.
Un pezzo d’Europa oltreoceano
Le influenze europee rendono il panorama urbano familiare e prossimo alle diverse sensibilità del nostro continente, dai tratti spagnoli di molte sue chiese (la Basilica del Pilar e San Ignacio) ai fervidi fasti prossimi alla Parigi più intellettuale di Recoleta, con i suoi frequentatissimi caffè; fino agli accenni veneziani presenti nella singolare Casa Rosada, dalla quale solevano affacciarsi Peron ed Evita durante i celebri comizi in Plaza de Mayo. E poi il Monumentale “Palacio del Congreso”, dall’imperioso stile greco-romano.
Parigi, Madrid e Roma, intrappolate nelle dimensioni spropositate della metropoli d’oltreoceano, tra spregiudicati grattaceli, esagerate insegne al neon e la frenesia post moderna dei marchi, degli spot pubblicitari, delle luci, dei veicoli, anch’essi tipici delle più caotiche città degli Stati Uniti. Buenos Aires non manifesta una bellezza oggettiva. Per essere compresa va assorbita, interiorizzata, interpretata soggettivamente nel linguaggio “aperto” che esprime attraverso la sua inafferrabile identità. Lo stesso enigma che rende così attrattivi i suoi più illustri e conosciuti scrittori, Jorge Luis Borges e Julio Cortazar.
Info: www.scopribuenosaires.com/
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