La ‘politica’ snobba il turismo
Quanto sopra lamentato si riferisce soprattutto all’Outgoing, ma è l’Incoming (fosse solo per la Bilancia Commerciale, vedi storia dei soldi che vengono invece di andarsene) che più importa e in tal caso le critiche maggiori, più gravi e pesanti vanno rivolte al “pubblico” , alle istituzioni che dovrebbero gestirlo. Quindi la politica. La politica, che peraltro come la stragrande maggioranza degli addetti ai lavori, economisti, imprenditori, ha sempre creduto che i soldi venissero fuori solo dai traffici ma soprattutto dagli altiforni, dalla fabbrichetta. Poi, invece, ma solo recentemente, ecco chi definisce il Turismo “Industria senza Ciminiere” e chi, fatti due conti, scopre che il Turismo produce il più grande fatturato nel mondo (e pure, signori ecologisti, senza inquinare). Ma il Turismo (però) politicamente conta pochino, non solo per i suddetti motivi (pensa ‘solo’ al tempo libero, al divertimento, alla cultura che è cosa astratta) ma anche per altre motivazioni variè (ad esempio non coinvolge grandi masse quindi pochi voti e quei pochi sono dispersi nel territorio).
Bella e inefficiente (l’Italia)
E fu così che oggidì, retrocessa l’Italia al 4° posto della classifica dell’Incoming, si scopre che i siti archeologici sono tenuti da far pena, i musei sono gestiti male, i treni (salvo quelli deluxe del Luca e delle ex FFSS) fan schifo, quanto a Wifi ce n’è di più nel Botswana, nei ristoranti ti fan la cresta sul conto (e l’Italia è l’unica in Europa a fregarti col ‘coperto’) e – quanto a pierre & immagine – ci si è messo pure Schettino (ma questa, avrebbe detto Kipling, è un’altra storia).
Qui giunti, non è il caso di stupirsi se Beppe Severgnini scrive sul Corriere della Sera (domenica 11 agosto, pag. 19), titolo: “Cartoline dall’Italia così bella e inefficiente, che spreca un tesoro”, sottotitolo “Perché non c’è un vero ministero del Turismo?”.
(17/10/2013)
Mete incoming. Sempre quelle?
Una prova? Il Turismo è stato sempre tanto svilito e sottostimato al punto che per decenni il relativo ministero – dopo l’abbuffata di assegnazioni dei dicasteri più importanti ai boss più potenti – veniva regolarmente affibbiato al peòn più pirla della più sfigata delle correnti della Diccì. E parimenti l’Enit finiva come contentino a gente da accontentare, rampolli eccellenti, amici degli amici (gente che, in generale, dei viaggi&turismo conosceva solo il top, caviale e hotel 5 stelle, mica sapeva come si viaggia con un budget in low cost, che costituisce poi il Turismo più numeroso, ma se è per questo nella testa dei sedicenti esperti nostrani il Turismo nazionale si circoscrive a Roma, Venezia e Firenze, posti che, lo san tutti, ‘si vendono da soli’).