Venerdì 19 Aprile 2024 - Anno XXII

La Pinacoteca di Brera vista da Ermanno Olmi

Lo storico museo milanese presenta un nuovo scenografico allestimento curato dal grande regista di due dei suoi maggiori capolavori: il Cristo morto di Andrea Mantegna e la Pietà di Giovanni Bellini

Il nuovo allestimento firmato da Ermanno Olmi. Foto di Giacomo Gatti
Il nuovo allestimento firmato da Ermanno Olmi. Foto di Giacomo Gatti

 

La Pinacoteca di Brera presenta il nuovo scenografico allestimento di due dei suoi maggiori capolavori: il Cristo morto di Andrea Mantegna e la Pietà di Giovanni Bellini. Il 3 dicembre dalle ore 17 alle 19 il pubblico potrà accedere alla Pinacoteca e vedere gratuitamente la nuova collocazione, di grande rigore e poesia, secondo la cifra stilistica del grande regista che ne ha curato l’allestimento. Skira che ha sostenuto i lavori con il main sponsor Van Cleef and Arpels, pubblica il catalogo che illustra il nuovo allestimento, realizzato in collaborazione con il Piccolo Teatro di Milano.

Per tutto il mese di novembre le sale del museo sono state interessate da lavori di movimentazione e riallestimento, per donare alle due opere, per anni penalizzate da una collocazione che non tiene conto della loro eccellenza e notorietà, una nuova centralità spaziale, in dialogo con la loro singolarità prospettica e figurativa. Il progetto, realizzato e studiato in tutti i particolari da Ermanno Olmi, tiene conto non tanto e non solo dei valori emozionali di questi due straordinari dipinti – tasselli fondamentali della pittura rinascimentale in Italia settentrionale –, ma è delineato anche secondo un’attenta valutazione dei dati storici e di quelli compositivi, con particolare attenzione ai valori prospettici, luministici, cromatici e iconografici, oltre che alle problematiche conservative.

Due grandi dipinti in dialogo

Il Cristo morto, capolavoro di Andrea Mantegna. Foto di Giacomo Gatti
Il Cristo morto, capolavoro di Andrea Mantegna. Foto di Giacomo Gatti

 

Il dipinto del Mantegna è ora posto sul fondo di una saletta a lui solo dedicata e sarà anticipato, quasi creando un effetto “sorpresa”, dalla Pietà di Giovanni Bellini. Pur nell’apparente rispetto dei valori espositivi tradizionali, in realtà è stato creato finalmente un ideale dialogo tra i due dipinti, appartenenti alla categoria del “compianto”, e dunque tra i cognati Giovanni Bellini e Mantegna che, proprio attraverso queste due opere appartenenti alla Pinacoteca di Brera dall’inizio dell’Ottocento, sembrano alla ricerca di temi comuni. La tela del Mantegna, caratterizzata da una visione essenziale e da una resa quasi rarefatta del dolore, viene proposta attraverso il filtro dell’opera di Bellini, cronologicamente anteriore, nella quale spiccano, accanto a una durezza mantegnesca appena percepibile, valori pittorici, cromatici e sentimentali in sintonia con i dipinti della Scuola veneta del primo Rinascimento posti intorno ad essa. Al di là della tavola del Bellini, grazie a un attentissimo studio progettuale basato su prospettiva, altezza e illuminazione, viene posizionata la tela del Cristo morto di Mantegna, secondo una visione icastica concentrata sul tema del dolore. Con un linguaggio scabro ed essenziale il progetto di Ermanno Olmi valorizzare le potenzialità drammatiche dei due dipinti, dando vita a una nuova visione, che nel pieno rispetto delle regole espositive, curate in ogni dettaglio, rivoluziona i tradizionali criteri museali.

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Devozione e compianto

Il riposizionamento della Pietà di Giovanni Bellini.  Foto di Giacomo Gatti
Il riposizionamento della Pietà di Giovanni Bellini. Foto di Giacomo Gatti

 

Il dipinto di Bellini è inserito in una vetrina, studiata per garantirne la giusta protezione, mentre la tela del Mantegna, particolarmente delicata per la sua stessa natura – pittura a tempera su tela quasi senza preparazione – è collocata in una nuova teca, più trasparente rispetto all’attuale e dotata di sistemi di controllo microclimatico a distanza. Il progetto studiato da Olmi sottolinea il significato profondo del Cristo morto, dipinto destinato probabilmente alla devozione personale del pittore, dal momento che risulta registrato nel 1506 fra le opere presenti nel suo studio poco dopo la sua morte, quale unico dipinto non in fase di lavorazione. La destinazione di un’intera sala (sala VII) al solo Cristo morto comporta la ridistribuzione dei ritratti del Cinquecento lì presenti (Tiziano, Tintoretto, Lotto, Moroni), fra le opere dei Saloni napoleonici (sale IX, XIV, XV) adeguatamente inserite fra le scuole di appartenenza.

In occasione del nuovo allestimento è pubblicato un catalogo, edito da Skira, con testi di Ermanno Olmi, Antonio Giuliano, Sandrina Bandera, Edoardo Rossetti, Sandra Sicoli, Andrea Carini e Sara Scatragli, e un’introduzione di Giovanni Reale.  (03/12/2013)

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