Se in questi giorni vi capitasse d’imbattervi in un musicista di strada, aguzzate vista e udito. Potreste infatti trovarvi di fronte a Marco Sbarbati. Il giovane cantautore maceratese scoperto da Lucio Dalla mentre suonava in Piazza Maggiore a Bologna, all’epoca unico palco a lui accessibile, che dopo aver registrato il suo primo omonimo Ep è tornato a vestire i panni a lui cari del busker, l’artista di strada. A pochi giorni dalla presentazione del suo singolo “Se”, Marco Sbarbati si è messo in viaggio e lo si può trovare con la sua inseparabile chitarra nelle principali università e piazze d’Italia. Un tour il suo del tutto originale e dal nome più che azzeccato #InViaggio, inaugurato sull’account instagram.com/ marcosbarbati dove l’artista pubblica le foto dei suoi viaggi in musica.
Dopo un anno trascorso lontano dalle piazze italiane e un altro incontro fortunato (attraverso il canale YouTube è riuscito a far ascoltare le sue canzoni a Caterina Caselli partecipando nel 2012 a un Hangout in Diretta su Google+, promosso da Sugar per il progetto Messaggerie Musicali) Marco Sbarbati ha sentito l’esigenza di tornare al suo vecchio amore scegliendo l’arte di strada come sua forma di espressione sia per vivere il particolare rapporto che si crea tra un busker e il pubblico che lo sta ascoltando, sia per celebrare la propria identità in una dimensione collettiva. Da sempre Sbarbati si divide infatti tra le piazze d’Italia e le possibilità offerte dalla rete.
Dopo l’incontro “reale” con Lucio Dalla ne hai avuto una “virtuale” con la produttrice e talent scout Caterina Caselli, da cui è nato un contratto con l’etichetta discografica Sugar. Qual è il tuo rapporto con la rete?
La rete è molto, molto utile e importante. Penso soprattutto che YouTube abbia facilitato la carriera di molti artisti. Io, ad esempio, ho ricevuto proposte di lavoro da diversi festival in Europa, i cui organizzatori mi avevano ascoltato per caso su YouTube. Caricare un video dalla propria stanza e farlo arrivare dall’altra parte del mondo in pochi secondi è una rivoluzione. Sul web ho sempre caricato tutti i miei video e ogni volta che andavo in piazza a suonare, condividevo quel momento in rete.
Rispetto a un cantautore tradizionale il tuo percorso è stato… ?
Tutto da autodidatta. A me piaceva scrivere canzoni, ma senza una base, una musica era molto difficile. Così ho iniziato a suonare la chitarra e mi sono reso conto di essere anche bravino. Anche se come musicista non ti nascondo che ho molte lacune. Tutta la mia gavetta l’ho fatta poi suonando per strada. E posso dire che è stata per me una palestra importante, soprattutto a livello interiore.
Torniamo indietro nel tempo. Com’è avvenuto l’incontro con Dalla?
Mi ero trasferito a Bologna per poter studiare al Dams e, ispirato dalla mia amica, la cantautrice americana Spring Groove, avevo deciso di cantare in strada, in Piazza Maggiore. Un giorno però passa di lì Lucio Dalla e mi dice che è interessato alla mia musica. Da qui nasce una collaborazione: un mio brano, “I don’t wanna start”, è inserito nella colonna sonora del film AmeriQua di Marco Bellone e Giovanni Consonni, prodotto da Marco Gualtieri.
Se non ricordo male è sempre Dalla che ti spinge a provare a scrivere in italiano, lingua che non hai mai creduto potesse rientrare nelle tue corde.
Sì, anche se l’inglese mi è sempre piaciuta come lingua: è molto sonora e bastano poche parole per raccontare tante cose. Cantare in una lingua che non è la mia è stato il mio modo di vincere la timidezza. Per tanti anni l’inglese è stato il mio scudo.
Scudo di cui oggi puoi fare anche a meno.
Con Backwards, il mio brano d’esordio, con cui mi sono presentato al grande pubblico, raccontavo di quelle volte in cui ci succedono delle cose che ci fanno sentire come se cadessimo all’indietro. Tutte le nostre convinzioni, le fondamenta su cui abbiamo costruito la nostra vita fino a quel momento, svaniscono ed è come tornare al punto di partenza. Alcuni rivogliono quello che avevano e temono di dover ricostruire tutto. Altri vedono il punto di partenza con occhi diversi e sono pronti a ricominciare. Backwards parla di questa sensazione.
Il tuo nuovo singolo, Se, di che cosa parla invece?
Di un viaggio mentale, notare una persona mai vista prima e in un istante immaginare possibili futuri con lei. In momenti come questi la nostra fantasia corre veloce, tante immagini scorrono davanti ai nostri occhi mentre l’adrenalina scorre nelle vene. Allo stesso tempo però, insieme alla bellezza dell’immaginare, si accostano dei pensieri che ci riportano un po’ alla realtà, come quando temiamo un rifiuto. Citando il grande Guccini, “la fantasia può portare male se non si conosce bene come domarla”.
Come busker sarai abituato a viaggiare molto?
La musica mi ha portato ovunque, anche all’estero. Del viaggio ho comunque un’idea romantica.
Cosa non manca mai nella tua valigia?
Con me porto sempre il telefonino, con cui mi registro quando mi esibisco per strada e il computer. Poi una Moleskine, ahimè non originale, per prendere appunti.
So che sei orgoglioso delle tue origini.
Ogni volta che posso torno a Urbisaglia, nelle Marche, a cui neppure l’Alighieri, il padre della lingua italiana, rimase indifferente tanto da scrivere del suo destino nel Paradiso della Divina Commedia. Alla Rocca, uno dei monumenti della città, è invece stato dedicato un francobollo da 750 Lire della serie Castelli d’Italia. Il mio consiglio è di venire nelle Marche soprattutto per noi marchigiani: siamo persone molto genuine.
(09/05/2014)