L’uomo, lo diceva il famoso psicologo Jung, ha bisogno di simboli, di un qualcosa che in sé sappia racchiudere un mondo, un’epoca. Che diventi il paradigma, un punto fermo sul quale fare convergere passato, presente e futuro. Un luogo che, certamente, corrisponde a questa esigenza è la Sacra di san Michele, ad Avigliana, in provincia di Torino che, non per niente è diventata nel 1994 il simbolo dell’intera Regione Piemonte.
Siamo nella Bassa Val di Susa, proprio all’imbocco della valle. Provenendo dal capoluogo, spicca sulla sinistra un monte, il Pirchiriano, un picco di 936 metri che esce dal lato della valle, come a chiuderla, e a esso collegato da un istmo. I versanti sono ricoperti di boschi e, proprio sul cocuzzolo si staglia una costruzione alta e squadrata in massiccia pietra grigia: la Sacra di San Michele, un sistema di conventi e chiese sviluppatosi nel corso di sette secoli, dal 983 al 1622, fortunatamente conservatosi fino al 1836, quando riprende la vita monastica.
Quando l’Europa si percorreva a piedi
Per capire il significato della Sacra, bisogna tornare con la mente al Medioevo, attorno all’Anno 1.000 quando migliaia di pellegrini percorrevano l’Europa a piedi lungo quei sentieri che poi diventarono i “Cammini”. Viaggi avventurosi e pericolosi affrontabili solo con una grande motivazione.
Le destinazioni principali erano Roma e Gerusalemme, le due città sante del cristianesimo al quale si aggiunse Compostela per il culto di San Giacomo.
I luoghi di partenza, qualsiasi località d’Europa. In ogni caso chiunque provenisse da Nord aveva poche alternative per scavallare le Alpi e tutti coloro che partivano da Inghilterra o Francia dovevano necessariamente transitare per il territorio che oggi è il Piemonte.
Sacra di San Michele: una consacrazione miracolosa
Le esigenze primarie dell’uomo non sono cambiate nei secoli: mangiare e bere e un riparo per dormire. Perciò, lungo il cammino sono sorti i luoghi adatti. Le profane osterie e le spirituali abbazie. Queste ultime erano alloggio, ospedale, luogo di conforto religioso per chiunque e, nel tempo, acquistavano sempre più ricchezza e potenza grazie ai lasciti di ricchi nobili o mercanti in cerca di indulgenze per una vita non sempre specchiabile. La nostra Sacra di San Michele non fa eccezione. Per giunta partiva già avvantaggiata dalla fama della sua fondazione e consacrazione miracolosa.
Secondo la leggenda, l’eremita Giovanni Vincenzo, in odore di santità, volle edificare una chiesa in onore di San Michele Arcangelo sul Monte Caprasio, esattamente di fronte al Pirchiriano ma aveva fatto i conti senza il santo che, per fargli capire che il posto giusto era sul versante opposto gli sabotò i lavori (niente di nuovo in Val di Susa…) trasportando i materiali di costruzione sul luogo dove doveva sorgere la chiesa.
Una volta capita l’antifona, l’eremita concluse i lavori e, per la consacrazione chiamò il vescovo di Torino, Amizone. La notte prima della cerimonia, mentre il vescovo soggiornava ad Avigliana, la chiesa fu miracolosamente consacrata direttamente dagli angeli e divenne un luogo miracoloso e, da allora per tutti fu la “Sacra”.
Attraverso la Porta dello Zodiaco
L’evoluzione della struttura è chiaramente visibile nello sviluppo in verticale e nella contaminazione degli stili. Le tre cappelle primitive costituiscono le fondamenta dell’attuale chiesa della Sacra. La quarta e la quinta (e ultima) chiesa sono state costruite sopraelevando le precedenti e si accede da un ripido scalone, detto “dei morti” perché anticamente ospitavano le mummie dei monaci ivi defunti.
Al culmine della scalinata si passa per la magnifica Porta dello Zodiaco, opera del 1130 di quel famoso Maestro Niccolò che lavorò al duomo di Modena, con tutta la sua simbologia tipica medioevale.
Le due ultime chiese, la quarta e la quinta, sono costruite una affrontata all’altra in modo che la navata dell’una è il proseguimento dell’altra, e il risultato è che non esiste una facciata ma si entra da una porta laterale. All’interno sono conservati alcuni affreschi cinquecenteschi e un coevo trittico di Defendente Ferrari. Un’altra porticina laterale conduce su un terrazzo da cui si domina la Val di Susa. Sull’architrave, un diavoletto in pietra fa le boccacce a chi si appresta a entrare nel luogo sacro. Dal momento che quello era l’accesso dei monaci, era un chiaro monito a vegliare perché al di fuori del luogo sacro il maligno è sempre in agguato.
Il destino della Sacra
Il convento, anzi, i conventi perché sono due, si trovano entrambi sotto la chiesa. Uno, al’interno del perimetro è abitato e l’altro, quello esterno è diroccato.
Come diroccata è la torre della Bell’Alda, avvenente fanciulla che, secondo la leggenda, per sfuggire alle violenze delle truppe del Barbarossa si gettò nel vuoto dall’altro della torre ma fu salvata dall’intervento della Madonna.
La storia prosegue raccontando che la nostra fanciulla si montò un po’ la testa e sosteneva di sapere volare.
Sfidata a dimostrarlo lo fece rigettandosi dalla torre e, come disse il D’Azeglio: “Il pezzo più grosso [rimasto] è stato l’orecchio”. Per due secoli, dal 1622 al 1836 la Sacra fu abbandonata, finché il re Carlo Alberto la scelse come luogo per traslare le spoglie di 27 Savoia. Da allora, sotto protezione regia e affidata ai Rosminiani, il complesso ha trovato nuova vita. Nel XX Secolo è stato restaurato, consolidato e valorizzato.
Antiche mulattiere da percorrere
Sull’istmo che collega il versante della valle al Monte Pinchiriano si stagliano le rovine di un edificio ottagonale dedicato al Santo Sepolcro di Gerusalemme. In stile romanico, dell’XI Secolo, era destinato alla sepoltura dei monaci.
Per giungere alla Sacra c’è una comoda strada asfaltata che, partendo da Avigliana giunge a un posteggio a circa 10 minuti di facile cammino dalla chiesa.
Una volta si saliva a piedi e c’è ancora l’antica mulattiera che parte da S. Ambrogio di Torino e si inerpica, ripida, zigzagando in mezzo al bosco.
La mulattiera è ben tenuta ma è tutta pavimentata a sassi rotondi e lisci, la tecnica medioevale utilizzata per permettere alle slitte che trasportavano i carichi di scivolare meglio. Ci vogliono quasi due ore (faticose) per percorrerla in salita. Un po’ meno ma altrettanto faticoso, in discesa. Sono consigliabili scarpe adatte e i bastoncini per aiutarsi non fanno certo male.
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