Un territorio tra i più belli d’Italia, molto vasto, dominato nel passato dalla presenza delle acque che hanno lasciato segni profondi nell’ambiente, nella natura e nella vita dell’uomo. Tra le distese di frutteti e campi di granturco, dove le strade seguono i meandri di vecchi argini fluviali, si raccolgono le testimonianze del passato e le vestigia dei fasti della corte estense. Raccontano la storia di comunità e abitati fioriti tra terra e acqua, lungo le antiche sponde dei corsi d’acqua che fluivano nel territorio. Queste terre oggi hanno dato forte impulso alla valorizzazione delle proprie risorse naturalistiche e ambientali: le oasi, dove si incontrano una grande varietà di specie vegetali e animali, le valli d’acqua dolce, i percorsi ciclabili, l’Ecomuseo di Argenta e gli altri musei che creano una rete di itinerari per gli appassionati del “turismo lento” e permette di assaporare il paesaggio seguendone i ritmi antichi. Una meta ideale per immergersi, in vari periodi dell’anno, in un’atmosfera dolce e rilassante e visitare paesaggi nuovi dai colori inconsueti, dove trascorrere piacevoli giornate, ritrovare il piacere di pedalare o pescare lungo le antiche sponde o per chi vuole trarne spunto per scoperte e visite di alto valore educativo.
Zone umide, scrigni di biodiversità
Per carpire tutti i segreti di questa terra bisogna visitare l’Ecomuseo di Argenta, al centro del triangolo formato dalle città di Ferrara, Ravenna e Bologna, nel cuore del Parco del Delta del Po. È un suggestivo percorso che si snoda attraverso tre stazioni museali e una sezione naturalistica: il Museo delle Valli di Argenta, il Museo Civico e il Museo della Bonifica. Il Museo delle Valli è il centro organizzativo di tutto l’Ecomuseo. È la porta d’ingresso al Parco del Delta del Po. Premiato nel 1992 “Museo dell’anno” dal Consiglio d’Europa, oggi è completamente rinnovato e offre ai visitatori un’interessante panoramica relativa alla cultura, alle tradizioni e all’ambiente del territorio. L’annessa oasi di Val Campetto è una delle più vaste zone umide dell’Italia settentrionale, riconosciuta di interesse internazionale nel 1976 ai sensi della convenzione di Ramsar. Comprende le casse di espansione Campotto/Bassarone e Vallesanta e il bosco igrofilo del Traversante, per circa 1600 ettari complessivi. Le frequenti variazioni dei livelli delle acque, connesse con i servizi di bonifica, influiscono notevolmente sulle presenze vegetali e animali, straordinariamente numerose e varie. Durante l’anno si avvicendano varie specie migratrici quindi la popolazione dell’avifauna si rinnova di continuo: anatidi, aioroni, cavalieri d’Italia, garzette, sgarze, mignattini piombati. Apposite postazioni ne permettono l’osservazione nei loro habitat.
Arte e archeologia
Il Museo Civico si trova all’interno della Chiesa di San Domenico, esempio di architettura quattrocentesca con mattoni a vista. Conserva ancora oggi il bel campanile con guglia in mattonelle di terracotta policroma. La chiesa era di proprietà della Confraternita dei Battuti Bianchi che nel 1495 la donò ai frati domenicani che appena insediatisi in città. Nel 1973 il Comune di Argenta stipula una convenzione con la Curia Arcivescovile di Ravenna per poter adibire la struttura a uso pubblico, con l’intento di raccogliere tutte quelle opere pittoriche che si sono salvate dal bombardamento dell’aprile 1945 e renderle accessibili al pubblico. All’interno del museo è possibile ammirare, oltre alla sezione pittorica, scultorea e lapidea, anche l’intera raccolta, suddivisa per sezioni, di tutti i reperti archeologici che sono stati rinvenuti nella zona limitrofa alla Pieve di San Giorgio e nei numerosi saggi di scavo effettuati dalla fine degli anni ottanta in varie zone del centro cittadino, e la Pinacoteca, composta da una trentina di opere che vanno dal XV al XVIII sec. Di notevole importanza “La decollazione del Battista” dello Scarsellino e la “Madonna col Bambino” di Benvenuto Tisi detto il Garofalo. L’interno dell’edificio è a navata unica, affiancata da sei nicchie sopraelevate su ogni lato, che anticamente erano dotate ciascuna di un altare, di affreschi e decorazioni a stucco che purtroppo sono andati perduti a causa dello stato di abbandono in cui l’edificio si è trovato più volte nel corso della sua storia.