Delfi è un luogo sacro. Lo era due millenni e mezzo fa e, se il suo aspetto monumentale com’è ovvio si è modificato in modo drastico per l’intervento del tempo, la sua sacralità non è cambiata di una virgola. Non bisogna fare l’errore di frequentarlo da turisti: meglio andarci da pellegrini. Per arrivarci bisogna percorrere una lunga strada costiera che passa attraverso una miniera di bauxite. La miniera, che è piuttosto vicina alla salita per la collinare Delfi, ha reso la zona a sé circostante di un rosso scuro e intenso, come se una specie di pioggia di sangue si fosse depositata piano piano tutto intorno: sulla terra, sulla strada, sugli alberi. Il risultato è un’impressione dantesca, perché l’inferno della miniera di bauxite fa da prodromo e sottolinea la bellezza dell’ascensione alla città di Apollo.
Il mare degli ulivi
Sotto il sito archeologico si stende quello che è conosciuto come mare degli ulivi. Per arrivare a destinazione bisogna attraversare questo mare verde e calmo. Guardando in alto s’intravedono il santuario e il monte Parnaso, la casa delle Muse. L’atmosfera di Delfi si potrebbe spiegare in mille modi, ma l’unico modo per capirla è andarci di persona, sperimentarne l’aria. È l’atmosfera ancestrale di ciò che ognuno di noi è davvero, nel profondo del profondo di sé. Certo, poi ci sono i turisti che arrivano a ondate sospinti dalla schiuma del mare (in poche parole i gitanti da crociera) e non guardano niente per più di tre secondi, comprese la statua dell’auriga e le sculture arcaiche dei Dioscuri, a cui gettano un’occhiata distratta prima di andarsene di corsa. E ci sono anche quelli che devono andare a casa e dire che questa volta hanno “fatto” Delfi e l’anno prossimo Ibiza. Costoro fanno parte della numerosa schiera di quelli che guardano e non vedono, si sa, ma se non ci fossero loro come faremmo noi a sentirci così coinvolti e sensibili a tanta bellezza?
Delfi, l’ombelico del mondo
Bisogna però fidarsi di Delfi e della sua magia. Se esiste la possibilità, anche per i casi che sembrano più disperati, di cogliere anche solo per un attimo l’anima delle cose, questa possibilità è più tangibile in questo luogo il quale, ricordiamocelo sempre, per gli antichi era l’ombelico (omphalos) del mondo, reso sacro per sempre dall’incontro nuziale tra Ouranòs, il Cielo, e Gaia, la Terra (prima di essere di Apollo, Delfi era di Gaia). Noi tutti in qualche modo proveniamo da lì e alla fine quell’ombelico è la nostra comune origine. Consola che sia anche un posto bellissimo, immerso in un concetto di tempo diverso da quello che conosciamo. “La Bellezza è l’unica cosa contro cui nulla può la forza del tempo. Ciò che è bello è una gioia per tutte le stagioni ed è un possesso per tutta l’eternità” (Oscar Wilde).
P.S.: Questo per quanto attiene sacro. Per ciò che attiene al profano non c’è niente di meglio, in un tardo pomeriggio estivo, dopo un’approfondita visita al sito Unesco, gettarsi nella piscina vista ulivi e mare dell’Hotel Amalia, che si confonde con il paesaggio insieme al pellegrino, riconciliato infine con acqua, cielo e terra.
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