Giovedì 12 Dicembre 2024 - Anno XXII

La gita sta finendo, arrivederci Salento

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Quarta ed ultima puntata della nostra gita in Salento. Dopo le Marine di Melendugno, Castellana Grotte, Alberobello e Galatina, oggi vi porteremo con noi in due località pugliesi poco conosciute: Nardò e Castro

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Ho già spiegato all’attento lettore (e spero tanto che l’uso del singolare si riferisca al gergo  giornalistico e non alla quantità dei miei aficionados) che la colpa del dover ricorrere a ben tre puntate per descrivere quanto visto nel Salento non è stata tanto dovuta a una mia (peraltro innegabile, ebbene sì, lo confesso, e mi scuso) prolissità quanto alle numerose ‘belle cose’ che ma Musa Carmen ci ha portato a vedere (nel mio caso ri-vedere, se non ri-ri, essendo la Puglia troppo bella).
Ma Panta Rei, tutto scorre, nel senso che tutto ha, non un (ormai mica si va più al sodo, basta solo dare aria alla bocca, vigono i blablabla, aria fritta epperò divenuta social) fine, bensì, ahimè, tutto ha una fine. E chiarisco che, dopo le Marine di Melendugno, Castellana Grotte, Alberobello e Galatina (e tralascio Lecce, nel senso che non la descrivo perché già nota a chi si vantasse di essere buon viaggiatore) non è che si esauriscano le tantissime bellezze del Salento (per vederle tutte ci sarebbe da stare qui qualche mese).
Si esaurisce, invece, il tempo a disposizione degli scrivani turistici (ormai le quattro paghe per il lesso sono ahinoi ulteriormente diminuite e si lavora sempre più per sempre meno, o financo per niente, e vabbè, da cui il ridursi a scrivere persino i bollettini parrocchiali, quantomeno ci scappa una benedizione) mentre escludo un esaurimento della pazienza (continua a sorridere, e genuinamente) e tanto meno delle forze della Musa Carmen (ma quanto si sbattono questi salentini).
Ma non disperi il (spero non unico, già detto) lettore. C’è ancora spazio per qui descrivere quanto visto, sentito, notato (nonché sbafato & bevuto, l’appetito di chi descrive i viaggi è inferiore soltanto alla onnivoracità dei giornalisti di tennis in visita a una fabbrica di magliette, ne ricordo uno che – in piena Intifada – dovendo vestire un po’ di figli finì per essere chiamato Arrafàt ….).

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Le due chicche turistiche di Nardò

Nel Museo della Memoria e dell’Accoglienza di Nardò
Nel Museo della Memoria e dell’Accoglienza di Nardò

Eccomi pertanto alle prese con Nardò e Castro, ma prima racconto il mio evviva alla vista (sono ritornato sul Canale d’Otranto, dopo una puntata sulla costa ionica) dei Faraglioni di Sant’Andrea, roba fina, se si parla di paesaggi turistici, per non parlare della susseguente visita a Roca Vecchia, definita dalla  Musa Carmen la Micene del Salento. Un valido sito archeologico, fu anche scalo marittimo, che va obbligatoriamente visitato per ammirarvi una piscina naturale tanto bella da essere finita sul National Geographic Magazine e non dico altro.
Più che per il ricco barocco di chiese e alcuni edifici cittadini, Nardò (dalla natura alquanto curiosa, la messapica Naretòn sorse su un territorio paludoso, non comune nel Salento) mi è piaciuta assai per due chicche extra moenia tanto inaspettate quanto diverse. La prima, fianco alla strada verso la marittima Santa Maria al Bagno, è consistita in una suite di belle magioni, eleganti residenze di campagna dei sciur (vescovo compreso), dai vari e tanti – e tutti per me piacevoli – stili architettonici fioriti nell’’800 e nel primo ‘900. Seconda chicca, ancor più impensabile e invitante a una seria meditazione storica, il Museo della Memoria e dell’Accoglienza sul lungomare di Santa Maria al Bagno. E detto tra noi, un abbastanza buon conoscitore (tale mi ritengo, e non solo per aver visto Exodus) delle recenti vicende storiche degli israeliti nella Seconda Guerra mondiale, mai avrebbe pensato di trovare in un borgo marittimo sul Mar Jonio un (molto) interessante Centro di documentazione di quanto accadde nella zona tra il ’43 e il ’47 a migliaia di ebrei diretti verso la futura Israele.

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Castro: una bellezza arroccata sul mare

Castro Marina
Castro Marina

Altrettanto sconosciuta, e quindi inaspettatamente apprezzata e goduta, è stata la ahimè breve (ma chissà che Musa Carmen non vi combini una gita bis) sosta a Castro. E avrei dovuto prevedere che la località fosse importante, con quel nome così intrigante, perché anche i toponimi contano, eccome, per spiegare e nobilitare un posto, una città. Seppoi occorresse una conferma concordo (al netto dell’entusiasmo e dell’interesse commerciale dell’autore) quanto  è scritto sul corposo opuscolo redatto dal Comune: “Un palcoscenico di natura e cultura … Castro  arroccata su un promontorio a strapiombo sul mare, borgo antico culla di noobili civiltà”. Tutto vero. Provare per credere (previa una deliziosa passeggiata sotto il castello Aragonese, di fronte il mare tra Otranto e la candida Leuca.

Leggi le puntate precedenti:
1. “Salento: terra di sorprese e meraviglie
2. “La Puglia di sotto e i piaceri della tavola
3. “Alberobello e il mistero dei trulli
4. “Galatina paese delle meraviglie per arte e cultura

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