Venerdì 26 Aprile 2024 - Anno XXII

Tunisi, il museo Bardo e Cartagine

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Dal cibo alla cultura alla bellezza del mare ‘nostrum’. Gli ingredienti del viaggio fatto da Mondointasca in Tunisia. Passeggiate lungo la spiaggia di Tunisi e la meraviglia di Cartagine e del Museo Bardo

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Brik

Nella precedente puntata, mi sono forse eccessivamente dilungato nel narrare le vicende storiche della Tunisia. Ma la storia, si usa dire, è maestra di vita. Sarò pure stato prolisso, ma è anche vero che la storia tunisina è riccamente lardellata di vicende (mica solo le ben tre Guerre Puniche) di modo che per spaziare da Catone “il Censore” a Bourghiba m’è toccato sciupare un po’ di tempo e di righe. E dire, poi, che avevo risparmiato al lettore la guerra navale per Tunisi (1535) tra Carlo V (primo monarca absburgico di Spagna) e Kaireddin, ammiraglio nonché corsaro ottomano (mai confondere i corsari con i pirati: i secondi rubavano, accoppavano e stupravano “in proprio” mentre i primi soddisfacevano identici passatempi ma – almeno nominalmente – sotto una bandiera, sai che differenza). Se poi il lettore oltre che di storia è affamato di “mangiari” nella precedente puntata avevo espresso molto entusiasmo per un semplice piatto che (cous cous a parte) più tunisino non si può, il Brik (à l’oeuf e/o au thon), saporito, croccante, colorito, gustoso. E non disperi, il goloso lettore, per gustare il Brik non occorre volare fino a Tunisi. Mi informa infatti Frej Fekih, l’addetto stampa del Turismo tunisino a Milano che il Brik è gustabile anche in alcuni ristoranti tunisini della capitale lombarda. Sempre a proposito di piaceri palatali, non posso tacere sulla neoscoperta squisitezza dei datteri, laddove, beninteso, non mi riferisco a quei frutti stopposi che deglutiamo al termine delle cene natalizie bensì a quelli ammanniti nel sud tunisino, vicino alle oasi. E lì, contrariamente a quanto stoltamente credevo, ho capito che per rendere buono il dattero non basta tirarlo giù dalla palma e impacchettarlo: occorre pure procedere a una pulizia e trattamento abbastanza complicati, chi può li acquisti sfusi.

I danni arrecati al turismo dal terrorismo

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Tunisia, attentato di Sousse

Il viaggio in Tunisia accade poco tempo dopo le due vicende terroristiche sofferte dal Paese: nella capitale, all’interno museo del Bardo, e a Sousse, su una spiaggia, per colpire sia il turismo culturale sia quello balneare. Quando si affrontano questi tragici argomenti (soprattutto nei Paesi che di turismo vivono), come si può reagire, cosa dire, scrivere, commentare, suggerire a chi vive, conosce e opera nel mondo del turismo? Mah. Non saprei davvero rispondere, forse una vera e propria strategia di comunicazione nei confronti del mercato che scappa non esiste. Chissà, commenterei, la miglior soluzione potrebbe consistere nel ricorrere alla “costante tempo – silenzio” e penso a quel che disse Andy Warhol: “Prima o poi tutti hanno il loro quarto d’ora di notorietà”. E mi spiego chiedendomi se (in questi frastornati chapliniani Tempi Moderni) invece di strombazzanti campagne di stampa con rassicurazioni, garanzie di sicurezza e tranquillità non sia il caso di stare schisci per un po’ di tempo e aspettare. Oltretutto le recenti vicende politiche internazionali insegnano che la cadenza nel fare danno al Turismo mediante il terrorismo è ormai frequente e dispersa nei continenti.

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Bardo: il museo profanato

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Museo Bardo

Passo quindi alla cronaca del viaggio in Tunisia. Giunti a Tunisi (volo, meno di un’ora e mezzo, come a Palermo, eppoi i siculi si incazzano se li chiamiamo arabi, e beninteso senza spregio: si indovini chi inventò la matematica e le scienze mentre l’Europa languiva nei secoli bui) si va a dormire al Regency Tunis Hotel. Che proprio downtown (dicono gli yankees per dire centrale) non è, anzi, basta leggere l’indirizzo (La Marsa, in arabo il porto, Les Cotes de Carthage) per afferrare che si è abbastanza lontanucci dalla a me cara Medina. E l’hotel non è nemmeno lontano da Cartagine che a noi milanesi avrebbe fatto un gran favore facendo fuori Roma Ladrona (e comunque i miei amici Punici combatterono ben tre guerre durate più di un secolo prima di soccombere agli attuali ammiratori di Totti).
Belle passeggiate su una lunga spiaggia, spaziosa piscina, un giardino generoso quanto a flora e sentieri, financo un adiacente night club per eventuali peccati notturni, e last but not least un ristorante tunisino – ve n’era pure un paio d’altri, più da sciur – in cui degustare il da me amato Brik (au thon, viande ou crevettes, va bene comunque) mi hanno invitato a ricredermi sui miei entusiasmi per gli alberghi downtown. Oltretutto, complice un veloce raccordo stradale e un traffico umano, dall’hotel ospitante al Museo del Bardo il transfer non è poi risultato così lungo né logorante. A ciò aggiungo che visitando questo profanato non meno che meraviglioso museo Bardo dimenticherei anche una notte trascorsa su un cammello. Perché solo un fanatico, sicuro che Allah c’è mentre San Giuseppe, o Budda, invece no, non apre la bocca intenerito ammirando mosaici a dir poco favolosi. Il Bardo, uno di quei posti del mondo che lo scrivente è abituato a catalogare con uno slogan forse banale ma fors’anche convincente:“Vale il viaggio”.

Mosaici e opere ben conservate

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Mosaici al Museo Bardo

Il lettore che andrà a visitare il Bardo mi comunicherà se si è più entusiasmato (e mi riferisco solo ai miei amati mosaici, poi c’è pure un altro fracco di meravigliose statue e statuette, stele, vasellame, sculture) a Ulisse e le Sirene, oppure a Virgilio e le Muse, oppure al Trionfo di Nettuno; e poi c’è Dioniso che castiga i pirati nel mar Tirreno … e ammirando El Mosaico del Señor Julio apprendo dalla guida in spagnolo che trattasi di uno de los tesores del museo del Bardo.
Meglio però porre fine a tanti entusiasmi (ma mi si lasci almeno lodare la Sala della Musica con tribunette per principesse e musici, e il Salone delle Feste, o di Sousse) sennò, pago di eccessive sia pur modeste descrizioni l’aficionado lettore mica va più a Tunisi. Amati perché quest’arte sopraffina altrove non ha uguali. Le opere sono tanto ben conservate. E poi ci sarebbe da narrare le vicende di un mare, mai troppo lodato Mediterraneo, che oso definire la primaria e splendida culla, sede di culture del mondo (perdono quelli che vanno a fare il bagno ai Caraibi: vadano, sì, a conoscere natura e genti, ma un tuffo nelle cristalline acque della costa tra Egitto e Libia posso garantirlo, “vale il viaggio” … e ridai…).

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I resti della Carthago imperiale

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Le rovine a Cartagine

Per il resto del soggiorno a Tunisi, oltre quel che ho visto negli intervalli degli Ozi (e le eventuali trasgressioni, l’ho detto, c’era pure il Night) al lussuoso Regency, sono stato a Cartagine: delenda, da distruggere, tuonò quel balosso del Catone, vabbè, ma a spianarla a zero, tanto accuratamente (si visitano infatti i resti della Carthago imperiale, nulla essendo rimasto della nemica sconfitta delle Guerre Puniche) non ci sarebbero riuscite manco le recenti Giunte comunali dell’odierna Roma.
Un bel giro nella Medina è stato compiuto, e col neoamico Fekih mi sono complimentato per l’estrema tipicità di un rione storico – tutto come un tempo – contestuale però a ordine, sicurezza e pulizia. Sempre nella Medina, al ristorante Belhadj, non si è mangiato Cous Cous e tantomeno Brik, perché la cucina tunisina è gustosa non meno che variè (e quanto all’olio forse da queste parti c’è modo di capire cos’è l’extravergine, e mi sono spiegato). Ma dopo Tunisi? Alla prossima puntata sulle oasi.

Leggi le altre puntate:
1.”La Tunisia attraverso la storia
3. “Tunisia turistica: da Tunisi alle oasi nel deserto

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