Il Museo Diocesano di Manfredonia, inaugurato di recente, è un nuovo polo culturale, nato nel contesto di un territorio, quello di Siponto-Manfredonia, ricco di una lunga e grande tradizione di fede e di storia; non è un punto di arrivo, ma di partenza, che intende aiutare il visitatore a lasciarsi avvolgere dalla “contemporaneità della storia” (Mario Botta), e dunque vuole essere la prosecuzione di un ininterrotto percorso artistico, culturale e spirituale di una delle Diocesi più antiche d’Italia “le cui radici affondano in età apostolica”, come ebbe a ricordare San Giovanni Paolo II in occasione della sua visita pastorale alla arcidiocesi nel maggio 1987. Per la cronaca regionale pugliese questo nuovo Museo diocesano è in ordine cronologico il 15° nato in Puglia.
I Musei diocesani italiani negli anni Settanta del secolo scorso erano appena 35, alla fine degli anni Novanta sono diventati 104, e nel 2014, secondo il censimento effettuato dalla CEI, hanno toccato quota 218. In generale il numero totale dei musei ecclesiastici censiti in Italia da AMEI – l’Associazione Musei Ecclesiastici Italiani – ammonta a 875. Nel visitare il percorso museale si ha modo di capire subito che esso, così come è stato concepito e realizzato, è rappresentativo dell’intero territorio. Nel suo allestimento gli architetti progettisti hanno voluto calare la sua specificità culturale nella realtà territoriale affinché il Museo diocesano di Manfredonia possa essere manifestazione e sintesi di un patrimonio diffuso nella nostra area diocesana. Per questo, sia il Coordinatore scientifico del Museo, arch. Nunzio Tomaiuoli, che il Direttore dei lavori, arch. Antonello D’Ardes, hanno pensato e voluto presentare il Museo come centro operativo e formativo, rimandando il visitatore all’esterno dello spazio museale, intendendo così attuare quell’importante concetto di “museo diffuso” che supera quello di mero “museo edificio”.
Museo Diocesano: finanziamento con fondi europei e donazioni
Il Museo, realizzato con i finanziamenti europei per la “Riqualificazione e valorizzazione del sistema museale” e in parte dal 5×1000 della dichiarazione dei redditi, accoglie significativi manufatti recuperati nei vari magazzini della Cattedrale e delle altre chiese di Manfredonia. “Un museo – ha affermato Mons. Castoro – per tutelare e valorizzare il patrimonio dismesso. Per coadiuvare la chiesa nella sua missione evangelizzatrice. Per promuovere l’educazione al bello, poiché il frutto del genio umano è traccia della bellezza divina”.
La galleria conta sette spazi espositivi ad ognuno dei quali è stato dato un nome in base ai reperti contenuti. La prima sala della sezione “Fragmenta Sypontinae Ecclesiae”, chiamata “all’alba del primo millennio”, ospita frammenti scultorei che provengono dagli scavi della chiesa vescovile paleocristiana di Santa Maria a Siponto.
Proseguendo si giunge nella sala “del leone” riservata all’esposizione di uno dei due leoni marmorei che sorreggevano la ‘seduta’ del trono vescovile della cattedrale di Siponto e alcune travi marmoree del pulpito, firmate dai magistri David e Acceptus. La successiva sala “dell’aquila” prende il nome dalla presenza dell’affascinante aquila ‘reggi-leggio’ dell’ambone. Si giunge quindi nella sala “tra Siponto e Manfredonia” che raccoglie testimonianze lapidee del Medioevo inoltrato, tra cui due frammenti di una lastra sepolcrale del sec. XV e tre capitelli di fattura angioina. La seconda sezione, “Manfredonia, la diocesi dal XIII al XX sec.” ospita la suggestiva “galleria degli arcivescovi”, con gli stemmi di tutti gli arcivescovi della Chiesa sipontina dal 1218 ad oggi. Lungo le pareti sono inoltre esposti i ritratti degli arcivescovi a partire dal 1680. La sala “il bello sensibile della liturgia” espone paramenti e argenti sacri e una splendida cornice del ’700, che a suo tempo impreziosiva l’antica icona della Madonna di Siponto.
A concludere la visita al Museo Diocesano si entra nella sala intitolata “il buon vescovo” dove troneggia una tela raffigurante un inedito ritratto di papa Benedetto XIII, al secolo Pietro Francesco Orsini, con una collezione di paramenti sacri, tra cui una pianeta dal pregevolissimo ricamo con dodici fili di oro e argento, con lo stemma del pontefice sul dorsale, come la dalmatica e il piviale, corredati di stola, manipolo, cuscino e una calzatura. Inoltre un gruppo di reliquari in argento di straordinaria fattura, risalenti al 1676-77, attestano la particolare devozione a San Carlo Borromeo e a San Filippo Neri da parte dell’Orsini.
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