È tempo di prendersi una pausa dalla rutilante Tōkyō, dove davvero non ci si annoia mai. Se siete in Giappone una tappa che non può mancare è una visita al complesso del monte Fuji e delle zone che lo circondano. Il monte è in realtà un ex vulcano – alto ben 3.776 metri e innevato quasi tutto l’anno – che si staglia al centro dell’isola di Honshū, nella parte sud che degrada verso l’Oceano Pacifico. Il Fuji è un capolavoro di bellezze naturali, con cascate, grotte laviche, foreste e la caratteristica forma a cono che lo rende così maestoso. Ma per i giapponesi è anche un luogo sacro, dato che secondo la tradizione shintoista è un sito spirituale abitato da numerose divinità.
Da Tokyo a Hakone verso il Fuji
La nostra tappa di avvicinamento all’area del Fuji è Hakone, uno dei tanti centri termali che sfruttano i fenomeni geotermici e vulcanici delle acque calde che sgorgano naturalmente dal terreno. Saya ed io partiamo da Tōkyō con il treno alla volta di Hakone, una cittadina situata alle pendici del monte omonimo, che insiste sulla baia di Sagami e da cui si vedono panorami del Fuji mozzafiato.
Arrivati nella località, ci dirigiamo verso il Ryokan tradizionale che abbiamo prenotato. È un posto semplicemente meraviglioso: stile pulito, elegante, un affaccio sul verde pieno di fascino, la camera raffinatissima con un set laccato da tè che mettiamo subito in funzione per scaldarci.
Il tempo è semplicemente inclemente: pioggia battente, freddo e nebbia. Purtroppo non si vede quasi nulla intorno e temo ci perderemo i famosi panorami sul Fuji con tutta questa foschia. Non ci resta che andare a rilassarci nell’Onsen del Ryokan, dopo aver indossato i vestiti tradizionali forniti, ovvero la Yukata. Rinfrancati dalle calde acque termali, usciamo per una serata a base di birra giapponese e Yakitori, i tipici spiedini di pollo alla piastra preparati anche con le cartilagini, che li rendono particolarmente croccanti!
Visita al Monte Fuji e alla distilleria Kirin
Il mattino seguente abbiamo in programma di visitare il monte Fuji e la distilleria Kirin a Gotemba. Il tempo è davvero tremendo: un nubifragio che porta con sé cascate d’acqua e vento freddissimo. È in corso una vera e propria tempesta. Raggiungere Gotemba in pullman è un po’ complicato. Il nostro autobus serpeggia lungo le salite invase da veri e propri torrenti d’acqua che coprono le strade. La fitta nebbia e la pioggia non ci consente di vedere nulla delle dolci pendici del Fuji. Peccato… mi sa che ho già la scusa per tornare al Fuji in un prossimo viaggio!
Arrivati alla distilleria Kirin, ci scaldiamo subito. Nonostante l’ambiente della fabbrica sia un po’ vecchiotto, abbiamo l’opportunità di vivere un affascinante viaggio tra sapori e profumi. La distilleria produce vari whisky pluripremiati a livello mondiale. Riscontriamo che la perfezione giapponese nel fare qualsiasi cosa si è trasferita anche nell’arte di produrre uno dei whisky più eccezionali di sempre. L’ambiente climatico è molto simile a quello della Scozia e alla purezza delle acque vulcaniche e delle nevi del Fuji usate nella produzione. La visita termina con una degustazione piacevolissima a base di whisky e cioccolata. Sarà l’effetto dell’alcol o in fondo al bicchiere si vede davvero il monte Fuji?
Nikkō, la Firenze del Giappone
Lasciamo Gotemba e torniamo a Tōkyō per la sosta di una notte. Il giorno seguente raggiugiamo con un altro treno una delle località più incredibili e imperdibili di questo viaggio: Nikkō. Una città che si può davvero definire la Firenze del Giappone. Un luogo in cui palazzi, templi, monumenti funebri hanno raggiunto, nel 17° secolo, il punto più alto dell’arte giapponese, della complessità e del suo manierismo. I santuari e i templi di Nikko, dichiarati Patrimonio mondiale dell’umanità, sono suddivisi in 103 strutture, distribuite su tre complessi principali. A Nikkō ci si perde tra le tantissime cose da visitare. Gli edifici storici sono maestosi e presentano tutti una qualche imperfezione, voluta per omaggiare gli dei e non farli irritare. Infatti un livello così alto di architettura e arte, raggiunto dagli esseri umani, avrebbero peccato di scarsa umiltà se avessero prodotto manufatti perfetti.
Dopo aver percorso il viale principale punteggiato da lampioni a forma di drago, raggiungiamo la prima area sacra. Un luogo in cui spiccano lanterne di pietra coperte di muschio, portali decorati finemente e tutto intorno un ambiente solenne incastonato nel verde della vegetazione. Il complesso di edifici che si susseguono è impressionante per vastità e bellezza. A seguire, l’area del santuario Toshogu, dove riposa Leyasu, primo Shōgun dei Tokugawa, è stupefacente. Vediamo decorazioni dorate e colorate che si susseguono con raffinati disegni geometrici. Si percepisce subito perché Nikkō sia entrata a far parte del patrimonio mondiale UNESCO.
Sull’edificio della scuderia sacra si trovano le raffigurazioni delle tre scimmie, la cui storia è arrivata a noi occidentali nella semplice accezione di “non vedo, non sento, non parlo”. Tuttavia nascondono una simbologia ben più profonda. Si tratta infatti delle tre scimmie sagge, che per rimanere pure esercitano sé stesse ad allontanarsi dal male: a non vederlo, non ascoltarlo e non pronunciarlo.
Realtà e ideogrammi
La vicina Honjido Hall è una sala che presenta sulla volta il famosissimo dipinto di un dragone; il drago sembra uscito da un manga per vividezza dei colori e modernità delle forme. Guardando il dipinto mi rendo conto che la visione del mondo dei giapponesi è davvero “fumettosa” fin dai tempi antichi: il loro modo di rappresentare la realtà, che passa anche attraverso gli ideogrammi, è in grado di visualizzare le forme di cose e di creature in un modo che a noi occidentali sembra precluso. La sala ha poi un’acustica particolare: battendo dei bastoncini di legno il drago sembra urlare sopra le teste dei visitatori.
Tra le tante cose che mi colpiscono ci sono le statue poste a guardia dei templi, sgargianti nei colori e incredibilmente vive nella loro esibizione di minaccia e potenza. Impressionante per bellezza e maestosità è infine il Taiyuinbyo ovvero il mausoleo di Iemitsu Tokugawa, uno degli Shōgun unificatori del Giappone, che riposa in un edificio elegantissimo e pieno di colore.
Lasciamo Nikkō, nella certezza che il detto giapponese “non dire kekkō – ‘soddisfatto’ – finché non vedi Nikkō” sia davvero azzeccato!
Giappone in tasca: consigli di viaggio
Le meraviglie del Fuji e la natura intorno a Nikko
Sul monte Fuji le attività da fare e i posti da vedere sono davvero tantissimi. La prima località imperdibile è il Lago Kawaguchi quello più facilmente raggiungibile da Tokyo. Il lago regala scenari da sogno con il vulcano che si riflette sulla superficie dell’acqua. Da non perdere poi la pagoda Chureito, nel complesso del santuario di Sengen. Da qui è possibile ammirare il Fuji e immortalare la splendida costruzione rossa con il vulcano innevato sullo sfondo. L’area è chiamata anche dei Cinque Laghi, tra i quali vi è il famoso lago Ashinoko, sulle cui rive sorge la località termale di Hakone. Un’area da non perdere: i panorami del monte Hakone con dietro il più alto Fuji e le acque blu del lago tolgono il fiato.
Nel complesso del Fuji c’è la foresta di Aokigahara, in molti fanno trekking nel bosco ricco di una fitta vegetazione. Da visitare le grotte del Ghiaccio (grotta Narusawa) e del Vento (grotta Fugaku).
Spostandosi nell’area di Nikkō si possono vedere le incredibili cascate di Kegon. Un salto di quasi 100 metri in mezzo agli alberi su uno strapiombo di roccia. È possibile ammirare le cascate da un belvedere abbarbicato sulla parete, raggiungibile con un ascensore. Le cascate sono la “valvola di sfogo” del vicino lago di Chūzenji, largo 25 km e ricco di Onsen e di attività turistiche. Vi si trovano hotel, ristoranti e anche l’ex residenza estiva dell’ambasciatore italiano, ora di proprietà delle autorità locali.
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L’Om e le statue delle divinità buddhiste a Nikkō
A guardia del portale Nitenmon, nel mausoleo di Iemitsu Tokugawa a Nikkō, ci sono varie statue. Da un lato ci sono le raffigurazioni di Jikoku-ten e Komoku-ten, due delle quattro divinità buddhiste guardiane dei quattro continenti; il primo è guardiano dell’est, che porta pace e dà protezione all’umanità, mentre il secondo è guardiano dell’ovest, che individua il male e lo punisce, e ha il compito di portare le persone all’illuminazione. Dall’altro lato si trovano invece le statue dei fratelli Fujin, dio del vento con l’otre dei venti, e Raijin, dio del tuono con i suoi tamburi.
Spesso queste figure hanno una caratteristica comune alle statue guardiane dei templi orientali, siano esse divinità, leoni, cani guardiani o draghi posti ai portali dei santuari. Le divinità guardiane sono due e una presenta la bocca aperta, mentre l’altra la bocca chiusa. Ma che cosa significa questa peculiarità? Le due figure in realtà stanno pronunciando l’Om, la sillaba sacra in sanscrito che è arrivata, dalla tradizione induista tramite il buddhismo, fino in Giappone.
L’Om è un mantra sacro ed è la contrazione di A-Um, ovvero l’alfa e l’omega dell’alfabeto sanscrito. Le due lettere rappresentano quindi l’inizio e la fine. Rappresentano il ciclo della vita. In “A” c’è il soffio vitale che esce dalla bocca aperta e genera la vita mentre “Um” è il suono a finire, che entra in vibrazione con l’Universo per poi spegnersi con la bocca chiusa.
Info: www.japan.travel/it/
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