Il Giappone è senz’altro il paese più futuristico al mondo. Ma è anche un luogo di pace, di spiritualità, di profondo rapporto con la natura, di meditazione e naturalmente di tradizione. E in questa ultima tappa del racconto del mio viaggio (ahimé siamo arrivati alla fine…) desidero connettermi con le dimensioni che più di altre mi hanno spinto sin qui: tradizione, natura e spiritualità.
Una prima fermata di questo tuffo nel passato è una serata nella vecchia Tōkyō e precisamente nel quartiere di Shinjuku. Poca pace e spiritualità qui ma tanta tradizione. In questa zona si trovano due aree che non dovete perdervi: la Golden Gai e la Omoide Yokocho.
La prima è composta da sei strettissime stradine, connesse tra loro da minuscoli passaggi, e racchiude più di 200 micro esercizi commerciali distribuiti in casupole di legno una attaccata all’altra. La sensazione è quella di essere catapultati in una Tōkyō d’altri tempi: insegne al neon di bar e ristoranti retrò e locali dai richiami rock, jazz e anni ‘70 e ‘80. Si tratta di una zona anche un po’ bohemien, in cui la scena artistica, cinematografica e musicale giapponese si incontra abitualmente.
Le vie dei pub: Omoide Yokocho e Golden Gai
E sempre a Shinjuku c’è Omoide Yokocho, detta anche la via dei pub o della memoria. Il dedalo di coloratissime stradine è pieno di bar e mini ristorantini, con le seggioline per i clienti disposte lungo la strada. Ci sono le stesse casupole in legno a dominare la scena, che mantengono intatto il sapore antico di questi locali, dove potete assaggiare specialità alla griglia di tutta l’Asia e sorseggiare un drink o un sakè.
La mia serata nella Tōkyō d’altri tempi non poteva che approdare in uno dei bar più caratteristici di Golden Gai. Si tratta bar molto particolari. A differenza di come siamo abituati in Italia, qui si tratta di minuscoli locali nei quali possono entrare solo 6 persone alla volta.
Qui fare amicizia e scambiare battute con i vicini è davvero un obbligo! E un po’ di sakè aiuta a lasciarsi andare e ad abbandonare la timidezza.
Yunishigawa: natura terme e ristorante
Il mio tuffo nel passato continua con una seconda fermata, questa volta fuori Tōkyō e precisamente nell’area termale a nord di Nikkō. Il luogo prescelto è davvero magico e si trova a Yunishigawa; si tratta di un ryokan dotato di onsen che risale al 1666! Stavolta devo fare pubblicità perché il posto è incantevole. Saya ed io arriviamo al ryokan Honke Bankyu in autobus, dopo aver lasciato la stazione dei treni di Yunishigawa Onsen. Arrivare qui è come scendere dalla macchina del tempo! L’edificio è tutto di legno ed è addossato alla riva del fiume che lo lambisce.
Dal ryokan parte un meraviglioso ponte sospeso di corda e legno per raggiungere il ristorante nascosto tra gli alberi, alla maniera delle case dei samurai. L’area termale poi è deliziosa, collocata proprio sul fiume: il suono dell’acqua che scorre in questo quadro antico è nutrimento per il corpo e per l’anima, in mezzo a una natura lussureggiante ed eterna. La cena è superba, servita con grazia e con l’antica sapienza di oltre 350 anni di continuato servizio di questo paradiso votato all’ospitalità, in una cornice unica che nel buio della sera brilla di magia.
Santuari e templi
Dopo la notte a Honke Bankyu, non mi resta che affrontare la terza fermata di questo tuffo nel passato, per la più profonda e toccante esperienza nella spiritualità in questo viaggio: vivere come un monaco zen! Stavolta senza Saya, ma con sue due amiche. Prendiamo un autobus che ci porta nella prefettura di Saitama, un’area dove si incontrano molti templi e santuari e che è relativamente vicina a Tōkyō. Arrivato a Kaminaguri entro con forte emozione nel tempio Shogakuji, dove per due giorni e una notte starò senza cellulare, senza internet, senza parlare, solo in contatto con me stesso. Il tempio è gestito da un monaco simpaticissimo che offre un programma di meditazione della scuola Sōtō Zen, incentrato sulla pratica dello Zazen, ovvero la meditazione volta alla consapevolezza.
Lo Zazen si fa seduti a gambe incrociate o nella posizione del loto, ma bisogna stare immobili! Mi immergo nella meditazione, osservando la bellezza della natura di fronte a me e mi perdo lasciando andare i pensieri come nuvole passeggere e concentrandomi su una fogliolina verde adagiata sui sassolini grigi.
Dopo un bel po’ il monaco si avvinca e pam! ci dà una sveglia con una paletta di legno sulla schiena! Il colpo nella pratica Sōtō può essere anche molto forte (qui non lo è stato) e serve sia a rifocalizzare la mente sulla meditazione, senza cedere alla sonnolenza, sia a correggere posture errate o punire i movimenti. Io non sono abituato a stare in certe posizioni e quella del loto mi risulta un po’ complicata. Dopo un po’ sento che le mie ginocchia sono quasi anchilosate: posso muovermi un pochino?
Scrittura e cibo della cucina buddhista
Nella due giorni, oltre all’ascolto della predica del maestro semi-tradotta in inglese, si recitano il sutra del loto, si pratica la trascrizione del sutra col pennello e si assaggiano le prelibatezze vegetariane della cucina buddhista.
Cenare senza parlare, meditando sulla gratitudine per la natura che ci ha donato il cibo e le persone che l’hanno coltivato, raccolto e preparato, è stato molto profondo. Non poteva mancare il bagno caldo serale, divisi tra uomini e donne, e l’offerta del proprio sutra trascritto alla statua del Buddha. Peccato sia rimasto lì: m’era pure venuto bene, ma è meglio che sia lì a onorare il Buddha piuttosto che appeso in un quadretto in salotto!
Esco da questo tempio profondamente rinfrancato. Mi sento svuotato e riempito allo stesso tempo, sgombro da pensieri e ricolmo di semplicità. Dopo aver salutato le amiche di Saya, non posso che riabbracciare la mia sorellina giapponese, ringraziando profondamente per questa esperienza nella spiritualità favolosa ed entusiasmante durata 4 settimane, che porterò sempre nel mio cuore e nella mia memoria.
Sayonara Giappone
E così sono giunto al termine di questo stupendo viaggio in Giappone. Per raccontarlo ci ho messo 14 tappe, ma questa esperienza ha coperto 28 giorni, migliaia di chilometri, decine di viaggi in treno e tanto tanto cibo esclusivamente giapponese.
Il mio fioretto di mangiare solo cibo locale (caffè a parte) sono riuscito a mantenerlo e sia la mente sia il fisico ne hanno beneficiato!
Sayonara Giappone, al prossimo viaggio… non vedo l’ora di ritornare!
Giappone in tasca: consigli di viaggio
Weekend nella spiritualità di un Tempio Zen
Si chiama Shukubo ed è sinonimo di “dormire in un tempio zen”. Originariamente gli Shukubo erano dormitori dedicati solo ai monaci pellegrini, ma ora sempre più turisti – fedeli e non – decidono di passare una o più notti in un tempio zen alla ricerca di pace, spiritualità, tranquillità e di un’esperienza fuori dal comune. E ce ne sono di tutti i tipi: si va dalle comunità più grandi e organizzate, nelle quali si può partecipare alle attività dei monaci, come ad esempio la famosa meditazione sotto la cascata – che può anche essere molto impegnativa – ai piccoli templi che per vivere attirano turisti e fedeli con programmi di weekend spirituali. Spesso questi mini santuari sono gestiti da un monaco e dai suoi familiari, che tengono vivo il tempio e si occupano della sua manutenzione grazie alle offerte dei fedeli, al ricavato dell’ospitalità turistica e al lavoro di volontari.
Sono ancora pochi gli Shukubo che offrono un vero e proprio programma di attività e meditazione anche in inglese, mentre per i giapponesi la scelta è chiaramente più ampia. Vista la vicinanza con Tōkyō, nell’area di Saitama è più facile trovare qualche monaco che parli inglese, ma ci sono Shukubo davvero sparsi in tutto il Giappone e se siete amanti del genere, può essere un’opzione da considerare per alloggiare durante il vostro itinerario. Soggiornare in questi luoghi può far scoprire non solo la spiritualità giapponese, ma anche zone naturali e villaggi in cui probabilmente non sareste capitati: un turismo alternativo, tranquillo ed economico!
Giappone in tasca: per i più curiosi
Curiosità sulla vecchia Tokyo
Golden Gai e Omoide Yokocho sono aree miracolosamente sopravvissute ai bombardamenti della seconda guerra mondiale e alle speculazioni edilizie del dopoguerra, che hanno portato alla crescita di grattacieli e palazzoni in tutto il Giappone. Fortunatamente il loro sapore d’altri tempi è rimasto intatto; pensare che gran parte di Tōkyō era costellata di casette di legno come queste prima del secondo conflitto mondiale fa davvero effetto!
Le casupole di Golden Gai insistono su strade private, tant’è che le gestisce un consorzio ad hoc e per questa ragione è vietato fotografarle o filmarle senza permesso. Prima del 1958, anno dell’entrata in vigore della legge antiprostituzione, la zona era costellata di bordelli; l’apertura dei bar iniziò negli anni ’60, cambiando per sempre il volto di quest’area malfamata.
Con lo sviluppo frenetico degli anni ’80 e le speculazioni edilizie che ne seguirono, la Yakuza fu responsabile del rogo doloso di alcuni edifici, dato il tentativo di sbarazzarsi delle casette e rendere i terreni acquistabili per i costruttori. Per bloccare gli incendi, proprietari e simpatizzanti di Golden Gai organizzarono ronde notturne con cui difendere gli edifici, preservando quanto vediamo ancora oggi.
Omoide Yokocho era invece una zona dedita prevalentemente al mercato nero; l’area fu in parte distrutta negli anni ‘60 con l’apertura della stazione di Shinjuku – la più affollata del pianeta, da cui mi son tenuto ben lontano! – e dopo un incendio scoppiato nel 1999. Nell’area rimasta intatta pullulano soprattutto ristoranti, che datano l’inizio della loro attività ai tempi del mercato nero, anche se oggi operano con regolare licenza!
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