“Roma la porto sempre nel cuore, ma non mi ha concesso quello che Torino mi sta dando, dopo un inizio difficile”. Con queste parole Danilo Pelliccia, lo chef che ha portato la romanità nella capitale sabauda, sintetizza il suo pensiero. Non è un caso che il libro dove ha messo nero su bianco – con l’aiuto della sorella Simona e le testimonianze di diversi amici – la storia della sua avventura professionale (e umana) abbia come sottotitolo “Roma-Torino, solo andata”.
Il titolo per contro è già programmatico: “St’ajo & St’ojo”, due degli ingredienti fondamentali della cucina romanesca; ma anche un gioco di parole per rendere omaggio agli attori Stanlio e Ollio che lo divertivano da bambino. La foto di copertina lo vede abbracciato ad un busto di Cesare e questo non può che rimandare al suo ristorante Dù Cesari di corso Regina Margherita 252, da inizio 2013 piccolo spazio di verace romanità ai margini del quartiere San Donato.
Un romano sotto la Mole: il segreto della sua carbonara
“Aprire un ristorante di cucina romana fuori Roma, non è semplice, perché i clienti chiedono sempre gli stessi piatti: carbonara, cacio e pepe e poco altro. Sta a noi far conoscere tante altre specialità” spiega Pelliccia. Ma quando gli chiediamo il segreto della sua carbonara preferisce glissare: “Nun se po’ dì”. Anche se concede che per stemperare il sapore forte del Pecorino preferisce usare anche un po’ di Parmigiano Reggiano 36 mesi Vacche rosse. In realtà poi nel libro la ricetta della carbonara c’è (assieme a tante altre) e quindi rimandiamo alla lettura del volume chi vuole cimentarsi con la preparazione del piatto.
Un romano sotto la Mole: coda alla vaccinara il piatto del cuore
Proviamo a stuzzicare il cuoco con un’altra domanda. Il piatto del cuore? “Se devo scegliere direi la coda alla vaccinara, anche se ci sono altri piatti che mi danno soddisfazione, come la pajata, la coratella, la trippa.” Sono ricette che arrivano dalle memorie di famiglia, in particolare dalla nonna materna Maria Pia, il primo riferimento quando si è trattato, da piccolo, di iniziare a mettere le mani in pasta. La dimensione familiare è ancora l’universo di riferimento di Danilo Pelliccia: “mia sorella Simona è quella che mi ha aiutato, non solo professionalmente, nei momenti difficili. Mi ha raggiunto a Torino dove sono saliti anche i nostri genitori, Mariateresa e Piero.”
Ora Simona è un pilastro dei Dù Cesari e quando si entra nel locale si percepisce che questo è un locale a dimensione familiare. “Ricordo sempre quando a Natale si mangiava tutti assieme, in grandi tavolate, e il fatto che oggi tutto questo si sta un po’ perdendo mi rattrista”, riflette Pelliccia.
Un romano sotto la Mole: Dù Cesari far riviere la romanità
Alle pareti ci sono le foto di grandi attori romani o dalla romanità acquisita. Alberto Sordi, Anna Magnani, Aldo Fabrizi e Ugo Tognazzi. C’è anche una maglia numero 10 giallorossa e potete immaginare chi la portava. Anche se lo chef ci scherza su: “potete anche darmi del laziale, ma non dirmi che servo la pasta scotta…”
L’orgoglio dello chef prevale sul tifoso che nel libro racconta del quartiere Prati, dove è cresciuto, di Genazzano a 45 chilometri da Roma dove la famiglia si ritrovava con i parenti, delle vacanze in Calabria, delle prime esperienze professionali nella capitale. Infine la sfortunata iniziativa del Bar Nazionale a Rivoli, appena fuori Torino e finalmente l’apertura dei Dù Cesari, dove adesso si fa sempre il doppio torno e per mangiare nel fine settimana bisogna prenotare con un bell’anticipo.
Un romano sotto la Mole: Abbacchio e Tartufonara
“Da Genazzano arriva l’abbacchio che preparerò per Natale assieme ai ravioli ripieni di porchetta”. E anche alcuni interessanti vini come il bianco Bellone e il rosso Cesanese pressoché sconosciuti sulla piazza torinese, ma molto popolari nel Lazio e a Roma. Poi ci sono i vini de La Tognazza, prodotti a Velletri da Gianmarco Tognazzi, un amico, ad accompagnare i taglieri romani (preparati con porchetta di Ariccia Igp, spianata laziale dolce e piccante, coppiette di maiale, salame di corallina, misto pecorino, coppa di testa, mozzarella di bufala e altre specialità).
“Finalmente anche a Torino quando vado al mercato e chiedo le puntarelle sanno cosa voglio. Dieci anni fa mi chiedevo, ma come le chiamano qui?” ride Danilo Pelliccia. Che ai suoi clienti dice “non chiedetemi i carciofi alla Giudea ad agosto perché non ci sono.” Nel suo menu adesso c’è anche un omaggio alla sua terra di adozione, la Tartufonara. “Questo piatto è un omaggio a Torino. È qui che cerco di unire il gusto della carbonara tipica della mia cucina romana a prodotti locali di alta qualità come il tartufo”.
St’ajo & St’ojo a cura di Simona Pelliccia, con la prefazione di Micol Ferrara e la postfazione di Gianmarco Tognazzi, il volume si può acquistare nel ristorante o su Amazon (148 pagine, 18,72 euro).