Iskandaryya, in arabo Alessandria, seconda città della Jumhuriyat Misr al-Arabiyah, per gli arabi l’Egitto. Una città che mi intrigò fin da quando, imberbe aficionado alla geografia, posavo il ditino sulle mappe del concittadino “Istituto Geografico De Agostini”.
E apro un breve inciso, chiedendomi se fu mai questa gloriosa casa editrice novarese che – fungendo da Genius Loci – mi instillò quella matta voglia di andare in giro che tuttora felicemente mi angoscia.
Viaggi a corto e lungo raggio
Ma più probabilmente fu solo (benedetta non meno che benvenuta) casualità. Imperocché (se davvero di Genius Loci si fosse trattato) anche i miei amichetti sarebbero dovuti crescere con un debole per i viaggi. Non dico in capo al mondo, ma, vivaddio, almeno fino a Milano. Invece no. Perché, se ben ricordo, pochi e poco avventurosi miei coscritti si azzardavano ad attraversare il Ticino.
Troppi i rischi da affrontare, roba da dover decidere soluzioni estreme. Uno di loro, ad esempio, si ritrovò tanto allupato quanto indeciso tra una bella morosa di Milano, che ‘però stava lontano’ (per la cronaca a Città Studi), e un ‘cesso’, pure lei meneghina, ‘però più comoda’ in quanto ubicata proprio all’uscita dall’autostrada Mi-To. Superfluo precisare chi scelse l’amico globetrotter.
Scusatomi per l’inciso sul Genius Loci (quantomeno doppiamente utile per spiegare il mio amore per le gite e dimostrare che di pirla non c’è mai crisi) torno ad Alessandria.
Alex, dalla cultura poliglotta
Stavolta in carne e ossa e per conoscerla meglio (a Iskandaryya ero già stato, ma solo per imbarcarmi su un piroscafo della ‘Adriatica’, preistoria). Né stavolta potrò lamentare l’assenza di tempo o la carenza di informazioni. Dottamente informato da una hostess/cicerone visito la città coccolato (come devesi a un appartenente all’areopago mondiale di scribi viaggiatori in congresso) a bordo di un, ça va sans dire deluxe bus.
Detto tra noi mi sono divertito di più durante le 12 ore di viaggio – da Marsa Matruh al Cairo e di lì a Sharm El Sheikh – in bus di linea con decibelizzata tivù proiettante una cantilenata preghiera coranica seguita da films tipo Mille e Una Notte: questo è viaggiare! Ma perché mi ha sempre intrigato Alessandria d’Egitto, mi chiedo mentre affronto il “giro della città”?
Una “storia” intrigante come poche
Tanti i motivi di questa attrazione fatale e svariati (uno, poi, invero curioso: ad Alessandria è nata la mia Lady Precaria, ma troverei oltremodo ingeneroso prendersela con una città per volgari coincidenze di anagrafe). In primo luogo mi affascinava la Storia (importantissima, con la S maiuscola) di Alex. Così era familiarmente chiamata Alessandria da viaggiatori e/o colonialisti British, vedi il film Ice Cold in Alex, 1958, in italiano Birra Ghiacciata. Ovviamente mi ripromisi di bere pure io al bar del mitico Cecil, 1918 (lì Montgomery studiò come sconfiggere a El Alamein il nostro Regio Esercito e Rommel) solo che venni poi a sapere che il film fu girato a Tripoli.
Alessandria è quindi sinonimo di Storia. Il suo fondatore fu immenso interprete se si considera che il Macedone inventò tutto quel po’ po’ di conquiste (in tre continenti!) in un brevissimo spazio di tempo (morì 33enne). Non per nulla abbondano riferimenti e toponimi riferiti ad Alessandro, o se si preferisce Iskandar in arabo, Iskender in turco e c’entra pure nell’albanese Scanderbeg. (n.b. non per saccenteria ma solo per eliminare dubbi storici a lettori incerti preciso che la mandrogno-piemontese Alessandria detta anche della paglia deve, meno gloriosamente, il nome al papa Alessandro III).
La splendida “Corniche” che vale un viaggio
Già, la Storia di Alessandria, propone un menu che più completo non si può. Dopo un antipasto di nome Alessandro Magno (già presenti Greci e Fenici), i Tolomei con contorno della “meraviglia” Faro e della (non meno meravigliosa, oggi rinata) Biblioteca; poi (per Shakespeare un invito a nozze) il mènage à trois Cesare, Antonio e Cleopatra (forse un filino zoccola, ma è la Storia); indi gli Arabi eppoi i Crociati; seguirono i Francesi (Napoleone, mica uno qualsiasi) battuti, sì, da Nelson nelle antistanti acque di Abukir ma vincenti (dopo curiosi scavi Rosetta, a due passi da Alex) nella corsa alla decifrazione dei geroglifici; dopodiché ecco il XIX secolo, l’albanese Mohamed Alì comincia come soldato turco e finisce capo di una dinastia. Una dinastia dilapidata sui tavoli dei casinò italici (e forse solo per caso, comunque per fortuna, Re Faruk non si mangiò al gioco pure lo splendido palazzo di Montazah), il Canale di Suez, i British della Regina Victoria che “offrono” e (previo bombardamento di Alessandria) ottengono di “proteggere” l’Egitto.
Il resto è storia contemporanea. Laddove – prima della Seconda Guerra Mondiale, a cui seguì l’Egitto di Nasser, Sadat, Mubarak – si parla di una Alessandria a dir poco magnifica, ricca di tanti soldi ma soprattutto di tante culture. Lingua internazionale era il francese, alla politica pensavano gli “Inglesi”, ma l’opulenta vita di Iskandaryya era nelle mani di tante laboriose comunità, in primis l’italiana, la greca e l’ebraica. Vita vita sulla (ancor oggi) splendida Corniche (lei sola vale il viaggio).