Viaggiare fa tanto bene. E se lo dice un’artista cosmopolita come Davide De Gregorio (compositore ed arrangiatore italiano di origini campane che ha vissuto e lavorato in diversi paesi), in arte DDG, c’è da crederci. Il suo ultimo album, Chaos, che arriva dopo diverse collaborazioni e segna l’esordio di DDG Project. Un progetto a cui hanno collaborato musicisti e produttori di caratura internazionale. Tra questi Cora Coleman e Josh Dunham (musicisti di Prince e Beyoncè), Dave Pemberton (produttore e sound engineer di Kasabian e Prodigy), Simon Gogerly (produttore e sound engineer di U2 e No Doubt). Chaos è il frutto dell’esperienza artistica e personale segnata da molti viaggi in giro per il mondo (da notare la cover del disco Chaos tratta da un frammento del World Wall For Peace di Atlanta, in Georgia, USA).
Chaos è un misto di linguaggi
Registrato, mixato e masterizzato tra Londra, L’Avana, New York, New Orleans ed Athens (USA) è un album con sonorità che vanno dallo spaghetti western all’acustic dance fino all’alternative rock-blues, in un mix di linguaggi e culture musicali che creano “l’anti-genere”: in poche parole il Chaos. «Il mio “idioma” musicale è frutto delle esperienze vissute – racconta DDG – dell’uso di tutte le influenze assorbite ed amate negli anni ed è sempre in continua evoluzione. Unire e miscelare suoni, ritmi, lingue, battiti è la mia missione artistica». Scopriamo insieme come andare sulle sue tracce.
Che cos’è per te viaggiare?
Assoluto bisogno, necessità. In più mi arricchisce sempre: è incontrare altre culture, vedere altri paesaggi, provare sapori e cibi nuovi. È apertura. Spesso si può viaggiare senza muoversi, stando a casa ma il vero viaggio deve sempre arricchire. Da un viaggio ti devi portare a casa delle vibrazioni.
Vibrazioni che tu trasformi in musica.
La mia giornata tipo è 24 ore su 24 a pensare musica e canzoni.
Il tuo ultimo disco è frutto di un viaggio che ti ha portato dall’Inghilterra agli Usa. Quanto ne è stato influenzato?
Il viaggio in America è stato determinante per terminare l’album. È stato un vero road map. Abbiamo noleggiato una macchina e abbiamo girato Georgia, Alabama, New Orleans. La tappa americana mi ha permesso di chiudere il chiudere il cerchio e terminare brani come Don’t go mad e New Orleans.
Ai lettori di Mondointasca cosa consiglieresti di vedere?
Ad Atlanta, in Georgia, il Museo di Martin Luther King che per me è stata un’esperienza devastante, un turbine di emozioni. Ho versato lacrime vere nel vedere immagini e filmati su di lui. Da vedere anche il World Wall for Peace. Un muro fatto di tantissime mattonelle di ceramica dipinte, anche da personaggi famosi, che fa parte di un progetto che vede la realizzazione, in quattro paesi diversi del mondo, di un mosaico di lavori artistici per promuovere la non violenza e la cooperazione tra gli individui. New Orleans, invece, mi ha preso, per il suo aspetto del Sud, che mi ha riportato alle mie origini. Strade rovinate, catapecchie, è un carnevale di colori ed emozioni. Con le band che suonano lungo le strade, Bourbon Street, il Quartiere Francese, i tram, la gente meravigliosa che qui vive. Sicuramente un posto dove vorrei ritornare.
Altri posti da non perdere?
Sicuramente Cuba. Il mio consiglio è di provare a starci 20 giorni e di viverla non da turista. Io l’ho fatto ed è stato meraviglioso: ho fatto il bagno e mangiato dove vanno i cubani. Impagabile. Il viaggio deve essere scoperta, verso una nuova frontiera. Poi Cuba la consiglio per la grande umanità e semplicità che ho trovato. Qui la gente è sempre sorridente. Poi c’è New York che è un concentrato di input artistici. Le gallerie d’arte sono qualcosa di fantastico. Barcellona la consiglio per il mare e la libertà spagnola. Madrid è stata una bella scoperta. Mi manca ancora da vedere Los Angeles, che spero di andarci al più presto.
Come mai le canzoni sono principalmente in inglese?
La speranza è che vengano ascoltate da più persone possibili. E l’inglese è una lingua senza confini (DDG PROJECT è un progetto multiculturale che spazia dalla musica alle arti visive utilizzando un linguaggio globale, che mescola idiomi diversi ispirandosi al concetto di “Esperanto”, e ha l’obiettivo di abbattere musicalmente le barriere creative, culturali o di genere.
Per info: www.ddgproject.com