Dopo le Lofoten, ormai sono quasi arrivato alla fine del mio viaggio in Norvegia. L’ultima tappa è quella per me più emozionante: quella che mi porterà prima nella regione del Troms poi su nel Finnmark fino a Nordkapp, Capo Nord. Era il 1983 la prima volta che arrivai lassù. Allora la strada era ancora sterrata e si doveva prendere il traghetto da Kåfjord a Magerøya. Si viaggiava con mezzi di fortuna da Narvik, capolinea della ferrovia che saliva dalla Svezia: autobus lentissimi, autostop, macchine a noleggio… Con l’adattabilità dei 20 anni ho dormito perfino su un tavolaccio di legno alla stazione del traghetto, unico posto gratuito riscaldato e con l’acqua calda corrente…
Capo Nord: il mito e il sogno
Ma torniamo al famoso bivio di Skaidi e procediamo questa volta verso Nord sulla E69. Percorriamo tutta la penisola del Porsanger fino all’imbocco del tunnel per Magerøya. Magerøya: Isola Magra, infatti non cresce niente. Sono solo pascoli estivi di licheni per le renne che attraversano a nuoto il braccio di mare tra la terraferma e l’isola. Gjesvær, Skarsvåg e Honningsvåg sono i tre centri abitati dell’isola. I primi due sono nulla più di un porticciolo di pescatori con due case. Il terzo è la “capitale”. Trent’anni orsono conobbi addirittura un napoletano che si era trasferito da quelle parti per amore e ogni volta che ci capito ripenso sempre a quella storia dolcissima.
Perché si va a Capo Nord? Perché affrontare un viaggio splendido ma lungo? Soprattutto perché Capo Nord è stato un mito anche quando le strade erano sterrate, i mezzi scarsi e i disagi moltissimi? Tutto per arrivare su un piazzale a picco sul mare dove puoi solo girare la schiena e tornare a casa. Credo che la risposta si trovi nel cervello di ognuno di noi. Capo Nord è un confine mentale è un’idea di libertà, di evasione che però inevitabilmente ti riporta nella tua dimensione e ti fa capire che il sogno è meraviglioso finché rimane tale. Che esiste sempre una tua realtà con la quale confrontarsi e magari scontrarsi. C’è l’ansia di arrivare, il sottile piacere dell’attesa. Durante il mio primo viaggio conobbi un anziano signore di Monza il cui sogno era giungere a Capo Nord. Parlava solamente il dialetto brianzolo ma era riuscito lo stesso a raggiungere la sua meta anche grazie al nostro gruppo di ragazzi che gli aveva dato un passaggio da Narvik sul nostro pulmino a noleggio. Aveva risparmiato una vita per questo e sono sicuro che se non ci avesse incontrato sarebbe andato dal primo tassista che trovava per farsi accompagnare in un viaggio di 750 chilometri.
308 metri a picco sul mare di Barents
L’immagine classica di Capo Nord è quella del mappamondo metallico, eretto nel 1978, con il mare sullo sfondo e il sole di mezzanotte. Sono oltre 100mila all’anno i visitatori di questo sito che si trova su un altopiano a 308 metri a picco sul Mare di Barents. Nordkapphall è il centro turistico per i visitatori, aperto tutto l’anno, ospita: ristorante con vista sull’Oceano Artico (il Kompasset), bar/caffetteria scavato nella roccia della scogliera, luogo di convegni, chiesa ecumenica (molti vogliono sposarsi nella Skt. Johannes Kapell), negozio di souvenir e articoli da regalo e un’esposizione nel tunnel sotteraneo. Ma, soprattutto Il “Supervideograph”, uno schermo gigante dove è proiettato un film di Ivo Caprino sulle quattro stagioni a Capo Nord. Con i suoi 71°10’21” di latitudine è il punto più settentrionale d’Europa raggiunto da una strada asfaltata. Il “vero” Capo Nord è in realtà Knivskjelodden, una punta che si trova circa un chilometro e mezzo più a nord. Allora perché tutti vanno a Capo Nord anche se non è il vero Capo Nord? Semplice, per la bellezza della vista. La spianata è alta, panoramica e facilmente agibile a fini turistici, mentre Knivskjelodden è bassa sul mare, un antico luogo di approdo dove giunge il sentiero che percorre l’interno di Magerøya collegando i due capi “rivali”.
(18/07/2012)