Venerdì 22 Novembre 2024 - Anno XXII

Giulio II. La versione di Raffaello

Un grande Papa, diremmo oggi abbastanza “chiacchierato”, ritratto in tutta la sua “beffarda” spiritualità verso la fine della vita terrena da un altro grande dell’arte: quel Raffaello che, insieme a Bramante e a Michelangelo, egli stesso aveva scoperto e valorizzato

Raffaello Sanzio, Ritratto di Giulio II, 1511. National Gallery, Londra
Raffaello Sanzio, Ritratto di Giulio II, 1511. National Gallery, Londra

Nell’intervallo tra la realizzazione di una Madonna con Bambino e un’altra (e personaggi di contorno vari ed eventuali) Raffaello un giorno si decise finalmente a ritrarre un soggetto diverso; in particolare Giulio II, papa combattente nonché lungimirante talent-scout, scopritore, oltre che di Raffaello medesimo, del genio di Bramante e di quello di Michelangelo.

Ed eccolo qui, il nostro Giulio, che ci guarda da una parete della National Gallery di Londra. Certo lui era un uomo davvero di classe, che sapeva indossare l’armatura con lo stesso stile “english” con il quale portava la tonaca. Per quanto attiene l’attività bellica, il nostro Giulio era una specie di Rambo in lungo, di gran lunga più attivo in strategia che in sacrestia. Qui Giulio è ritratto in tutta la modesta semplicità che gli era propria. Lo vediamo assiso in una sedia che sembra un trono, la quale reca alle estremità superiori due grosse ghiande, simbolo dell’aristocraticissima famiglia romana dei della Rovere, cui il nostro apparteneva. Raffinato abito bianco, mantella e berretta rosse ornate di pelliccia, il papa sfoggia cinque anelli decisamente appariscenti e si può star certi che non erano gli unici che possedeva. Un uomo potente, ecco l’immagine che suggeriscono i pretenziosi gadget.

Sguardo saggio e profondo

Particolare del volto
Particolare del volto

Eppure egli non ci si pone di fronte in tutta la sua maestà, non sta cercando di intimorirci. Giulio è di tre quarti e non ci guarda nemmeno. Semmai si lascia spiare, facendosi cogliere in mezzo a una profonda riflessione. Il grande miracolo non è che lui si lasci vedere (si è fatto dipingere apposta per questo) ma che, al di là della seta, delle pietre preziose e della pelliccia, ci sia dato di intravedere un’anima.

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Del Giulio iracondo ed energico resta solo la barba, che egli si era fatta crescere non per desiderio di emulare quel santo eremita di Gerolamo, ma perché voleva autopunirsi per aver perso in guerra la città di Bologna, cosa che l’aveva seccato oltre ogni dire. Ma anche quella barba, attraverso la quale si data il quadro al 1511-1512, diventa, in quel volto, un segno di profondità e di saggezza. L’anno seguente Giulio si tagliò la barba e passò a miglior vita, senza poter vedere realizzato il suo sogno più colorato, la Cappella Sistina, che era ancora in fieri.

Il soggetto, in quanto papa, è completamente immerso nei simboli del sacro, ma non sono essi che lo evocano, anzi. Essi restano lì, come freddi segni di potere. Il sacro invece erompe inaspettato dagli occhi di quest’uomo navigato e potente, esattamente dove nessuno si aspetterebbe di trovarne traccia.

Forse fu proprio quella vecchia volpe di Giulio a volersi consegnare in questo modo ai posteri. Con la comprensibile complicità di Raffaello, ovviamente. Chi, avendo un grande talento, dipingerebbe colui che l’ha riconosciuto con uno sguardo poco intelligente?

(27/12/2011)

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