Natura incontaminata e una ricca vegetazione è lo scenario che contraddistingue Bitti, cittadina di circa 3500 abitanti in provincia di Nuoro, situata al Centro della Barbagia settentrionale. Qui si trova il famoso sito archeologico di “Su romanzesu”, un complesso nuragico scoperto nella foresta di sughere dell’altipiano del piccolo paesino. La popolazione e molto religiosa (venti chiese), le leggende e i racconti tramandati sono molti. La maga Dejina, leggendaria profeta della fiorente città di Bitti un giorno sentenziò con tono neutro ma risoluto: “Per il rifiuto della matrice del pane e del fuoco, una catastrofe si abbatterà sul territorio”.
La rinascita
Venerando con nostalgia ciò che rimaneva della sua città, la maga Dejina, scortata dalla fiduciosa presenza di un gallo oracolare, si recò presso la sorgente di Su Cantaru, dalle cui acque di speranza fondò la nuova Bitti. Proseguendo verso nord fu il gallo stesso a suggerire, con il suo canto ridondante ma sereno, il nome di un altro nuovo villaggio. Fu così che, nel punto esatto in cui esso recitò cantando “Puddu-so! Puddu-so!” (“Gallo-sono! Gallo-sono!”) nacque l’attuale Buddusò, nella regione del Monteacuto.
Furto e distruzione
Si narra, infatti, che fu per mano straniera che la sentenza si avverò. Accostatosi alla sorgente sacra di Terunele in cerca di refrigerio, un potente forestiero di nome Bardilio, fu attratto dal continuo pullulare delle anguille sacre, meglio conosciute con la loro denominazione religiosa di Sas Fadas. In un impeto di curiosità, il peccato di gola fu inevitabile e fatale: l’atto sacrilego del sacrificio di una delle anguille costò a Terunele la vita, che egli vide dissolversi in quelle stesse acque, per mano della rabbia dei cittadini che non potevano capacitarsi di cotanta empietà. La volontà divina volle però che il vile gesto consumato dall’odio di massa perpetuasse la maledizione delle acque che, contaminate dal cadavere straniero, scatenarono un’epidemia che distrusse la città.