Andate! Andate pure a Porto Cervo. In Costa Smeralda! Ammassatevi nella piazzetta a pagare 20 euro per un caffé, solo per appoggiare le chiappe dove, presumibilmente, le avrà appoggiate la soubrettina di turno! Lasciate a noi, invece, la Sardegna vera; quella appena sfiorata dal turismo; quella (forse) povera di soldi ma ricca di storia, di valori, di tradizioni, di sapori, di umanità. Oristano e la sua Provincia sono uno degli esempi che possono essere fatti a proposito. Fuori mano rispetto ai porti e agli aeroporti principali dell’Isola deve essere cercata e voluta per potere offrire tutte le meraviglie che ha.
Tutto comincia con un numero: 131. Il numero della Statale “Carlo Felice” che attraversa tutta la Sardegna da Sud a Nord. In questa provincia si biforca nei due rami che saliranno rispettivamente a Occidente verso Sassari e a Oriente verso Olbia. Se si guarda il percorso di questa arteria si vede che compie una curva a sfiorare il capoluogo ma soprattutto per evitare di inoltrarsi nelle zone impervie del Monte Arci, a Sud e del Mandrolisai, a est al confine con la Provincia di Nuoro. L’Oristanese parte dal mare e sale verso l’interno. Il territorio è un continuo susseguirsi di rilievi, un paesaggio ondulato in gran parte disabitato e coperto da vasti pascoli per le innumerevoli pecore che sono lasciate allo stato brado per lunghi periodi.
Provincia di Oristano: Terra aspra e fiera
Su queste vie il traffico è molto scarso e ancora si vedono anziani proseguire lentamente a dorso di mulo. I colori sono vivi, intensi. Forti. La luce è violenta e satura le rocce vulcaniche il nero e il rosso sono potenti ed esprimono tutta la forza della Creazione e l’asprezza delle lande. Anche l’erba non è verde ma piuttosto giallastra. La Sardegna è una terra forte, decisa. E i suoi abitanti non sono da meno. Talvolta spigolosi, sempre fierissimi, non è facile saperli prendere, ci vuole diplomazia, rispetto assoluto e pazienza, allora si riesce a entrare in sintonia con loro, scoprendo una faccia ben nascosta dietro la loro riservatezza.
Il Lago Omodeo è un bacino artificiale creato dallo sbarramento del fiume Tirso. Fu costruito tra il 1919 e il 1924, uno dei laghi artificiali più grandi d’Europa. Prende il nome dall’ingegnere che redasse l’ampio progetto che comprendeva anche la bonifica della pianura di Oristano. Come spesso succede con le dighe, la costruzione causò il sacrificio di alcuni siti archeologici; nuraghi, tombe di giganti, l’insediamento prenuragico di Serra Linta furono sommersi come il piccolo villaggio di Zuri che venne riedificato su un’altura nelle vicinanze. Dell’antico villaggio fu salvata la chiesetta di San Pietro Apostolo che fu smontata pietra per pietra e ricostruita nella posizione odierna. Il lago ospita numerose specie animali e vegetali al punto di essere incluso nell’elenco dei siti di interesse comunitario. Per raggiungere l’invaso si percorre la bella Statale 388 che sale da Oristano.
Provincia di Oristano: Più pecore che abitanti
La pastorizia ovina è tuttora l’attività tipica di queste zone, si calcola che in Sardegna ci siano più di tre milioni di capi, circa il doppio degli abitanti di tutta l’isola. Questo spiega molte cose della cultura sarda. I pascoli esausti sono regolarmente incendiati per rigenerarli. Un’usanza antica che causa diversi problemi, dall’imprevedibilità delle fiamme che arrivano a distruggere tutto quello che incontrano, al pericolo per la circolazione dovuto al fumo che impedisce la visibilità. Percorrendo le strade interne della provincia di Oristano si vedono vaste aree carbonizzate e la notte i bagliori gialli e rossastri degli incendi rompono l’oscurità. Uno spettacolo terribile ed emozionante allo stesso tempo.
Lo scrittore inglese David Herbert Lawrence, nel corso di un breve itinerario nell’isola, nel 1921 scriveva meravigliato nel suo diario di viaggio: “Questa terra non assomiglia ad alcun altro luogo. La Sardegna è un’altra cosa: incantevole spazio intorno e distanza da viaggiare, nulla di finito, nulla di definitivo. È come la libertà stessa”. Non potrebbero esserci parole migliori per definirla, esprimono perfettamente anche il mio pensiero che era nato osservando cielo e terra che si univano in lontananza e le strade interne, tortuose, contornate da grandi fichi d’india che crescono spontaneamente offrendo il loro frutto di un colore che varia dal rosso intenso all’arancione carico.
Provincia di Oristano: Acque calde nelle antiche terme
Fordongianus ha un’origine molto, molto più antica come testimoniano le necropoli preistoriche ma non è altro che la romana Forum Traiani. Ai tempi dei nostri antenati il posto era famoso per le acque calde e infatti le rovine di quelle che furono delle grandi terme sono state restaurate e sono visitabili. L’acqua è importante e infatti è stato costruito un nuovo stabilimento che si aggiunge ai “Bangius” le terme costruite a inizio ‘800 sulle sponde del fiume Tirso, azzurro e limpido che, uscendo dal Lago Omodeo, attraversa il paese.
Poco oltre, Busachi è il comune più importante. Sorge sulla sommità del versante della sponda sinistra del lago, in un piccolo anfiteatro naturale nella subregione del Barigadu, una delle quattro subregioni storiche. Nel paese domina il colore rosso della trachite, una pietra vulcanica con la quale sono state costruite le case. Da vedere il Collegiu, un antico chiostro in stile sardo-catalano nel quale oggi sono ospitate mostre e spettacoli teatrali e la chiesa sconsacrata di San Domenico, detta Conventu, che ospita il Museo del Lino e del Costume, con diversi pezzi antichi e pregiati. Busachi è un paese antico.
Nelle vicinanze ci sono un complesso di domus de janas letteralmente “Case delle fate”, tombe risalenti al IV millennio a.C., Sa Jacca uno pseudonuraghe perché rappresenta una tappa dell’evoluzione dell’architettura nuragica verso il tipo a cosiddetto a tholos: cioè “a cupola” costruito presumibilmente all’inizio dell’età del Bronzo Medio, tra il 1.500 e il 1.400 a.C. e il nuraghe di Santa Marra.
Provincia di Oristano: Fattorie didattiche e menù in stile “Slowfood”
Una passeggiata nel paese mette drammaticamente di fronte allo spopolamento di queste zone. In giro solo anziani. I giovani vanno via in cerca di opportunità che qui non si trovano. Il turismo potrebbe essere una grande fonte di reddito e qualcuno sta già iniziando a creare piccole strutture a livello familiare ma di alta qualità. Un esempio lo troviamo a Ula Tirso, un altro degli antichissimi piccoli comuni intorno al Lago Omodeo. Sa tanchitta (dal termine sardo “Tanca” che designa un grosso appezzamento di terreno recintato) è una Fattoria Didattica cioè una struttura che accoglie scolaresche e alunni per trasmettere la conoscenza della natura ma soprattutto è un luogo dove si mangia splendidamente.
Tipici della zona sono i cannisones, pasta fresca fatta con il tornio, o i tira’e petta, pezzi di pasta fresca, conditi con sughi di carne. Un altro esempio di imprenditorialità lo troveremo più avanti nel nostro itinerario, a Santulussurgiu, già nella subregione del Montiferru, dove Gabriella Belloni ha messo da parte la sua laurea in filosofia conseguita in Germania e ha trasformato la settecentesca casa di famiglia in una struttura ricettiva piccola, di gran classe e, soprattutto con una splendida cucina, lo chef Roberto Flore è fiero e degno seguace delle teorie di Slowfood, con prodotti locali come la carne del raro bue rosso o il più classico pecorino. Di Santulussurgiu si dice che possegga uno dei centri storici più belli della Sardegna con le sue viette ad acciotolato.
Provincia di Oristano: Nuraghi millenari costellano il paesaggio
Da Ula Tirsu in una dozzina di chilometri si torna verso la Statale 131 a Paulilatino. Una breve deviazione porta a Santa Cristina, un’area archeologica famosa per la chiesa di campagna e, soprattutto per il pozzo sacro, uno scavo risalente all’XI secolo a.C. perfettamente triangolare con una scala di 25 gradini, alti e ripidi, che scendono sottoterra fino a una camera che custodisce la sorgente che in età punica era consacrata a Demetra e Core e in età romana a Cerere. Una caratteristica di questo pozzo è che è stato circondato da un muro perimetrale dalla curiosa forma di serratura al cui interno c’è un bancone che serviva da sedile, probabilmente per i sacerdoti durante il culto.
Questa parte di Sardegna è ricca di monumenti tra i più antichi dell’isola. Dopo millenni i nuraghi puntellano ancora il paesaggio, più o meno ben conservati. Risalendo la “Carlo Felice” dove questa si biforca per uscire dalla Provincia di Oristano verso Nuoro e dall’altra verso Nord, ad Abbasanta, si incontra uno dei nuraghi meglio conservati, il cosiddetto Nuraghe Losa che, in realtà è un complesso di tre costruzioni circondato da una cinta muraria risalente a epoche diverse. (Fine prima puntata).
Seconda puntata:Nei dintorni di Oristano, profumo di mare e Malvasia
Provincia di Oristano: L’itinerario del nostro viaggio
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