Camminando lungo il perimetro di un immenso frutteto, scala di alluminio in spalla e sacca di tela che dondola sul ventre, alzo gli occhi verso il cielo e il mio sguardo si perde tra rami e foglie, fronde cariche di frutti ormai maturi, il cui profumo riempie l’aria. Così inizia la mia giornata da picker in Tasmania. Una lunga camminata che porta dalla macchina alla fila dell’orchard, l’enorme frutteto, che mi è stata assegnata oggi. Ogni raccoglitore ha con sé tutto quello che gli servirà per la giornata: una scala, la sacca di tela in cui verrà depositata la frutta prima di essere rovesciata nelle casse, qualche litro d’acqua, il pranzo e tanta buona volontà. La giornata inizia presto; alle sei e mezza in molti sono già sotto gli alberi a raccogliere: bisogna essere mattinieri per assicurarsi un buon posto, uno di quelli che permette di non spostarsi continuamente: una fila intera.
Tasmania, nel cuore della Huon Valley
In silenzio, ancora assonnati, iniziamo a raccogliere le mele, appoggiandole con delicatezza nella sacca da venti chili che abbiamo sulle spalle e solo quando è piena la apriamo e rovesciamo il carico nelle casse, enormi bin con capacità di 420 chili. Il fattore passerà a ritirarle quando nulla potrà più esservi aggiunto, se non solo l’etichetta numerata da attaccare sulla parte frontale, con il nome del picker che si è occupato di riempirla. Tutto intorno, aria fresca, una nebbia sottile che avvolge gli alberi, il cinguettìo degli uccelli e il fiume che si scorge dall’ultimo piolo della scala, lontano, che anima silenzioso il cuore della Huon Valley. Solo quando il sole fa capolino da dietro le colline e la rugiada si scioglie, rendendo più facile la raccolta, la nebbia scompare e tutto si risveglia, noi compresi. Il fattore ci parla di come anche gli alberi provino le stesse nostre emozioni, insistendo sul fatto che siano sensibili a gioia, dolore e rabbia ed abbiano mantenuto quell’istinto di giudizio primordiale che noi abbiamo perduto. Le prime chiacchiere iniziano e l’orchard prende vita, parole che animeranno il frutteto fino a sera e che saranno l’unica compagnia e il modo migliore per passare il tempo, che scorre con noi su e giù dai pioli di una scala.
Frutta, verdura e ostriche: raccolta in amicizia
Risate interminabili tra i molti backpackers, perlopiù giovani asiatici o centro-europei che si dedicano alla raccolta con più o meno entusiasmo ma un unico obiettivo: ottenere il second year visa, il sospirato visto che garantirà il secondo anno in Australia alle stesse condizioni del primo working holiday; in sostanza si lavora per assicurarsi la possibilità di vivere e lavorare all’interno dei confini australiani un altro anno. La condizione per ottenerlo è infatti quella di prestare lavoro nel settore primario per 89 giorni, circa tre mesi da passare al di fuori delle aree urbane e più popolate mettendosi alla prova nei numerosi frutteti, serre o qualsivoglia shed per l’impacchettamento della frutta o della verdura. Altri modi per ottenerlo includono negozi all’ingrosso o al dettaglio connessi al settore primario, oltre a un datore di lavoro che possa garantire la corrispondenza della propria prestazione ai requisiti di legge per la richiesta del visto di secondo anno; un’alternativa poco conosciuta è quella delle pearl farms in Australia Occidentale; letteralmente “fattorie di perle”; questi luoghi altro non sono che porzioni di costa, paradisi di acqua cristallina e pesci tropicali in cui vengono allevate le ostriche per la produzione di perle. Compito del picker in questione è quello di dedicarsi alla raccolta delle reti, alla supervisione delle aree di coltivazione e talvolta all’immersione.
Visti per vacanze di lavoro. Una meta giovanile
Grazie a un accordo con il governo australiano, ogni cittadino italiano di età compresa tra i 18 e i 30 anni ha la possibilità di richiedere un working holiday visa, ovvero un visto che permette di soggiornare e lavorare in Australia per un intero anno; la richiesta può essere inoltrata online direttamente al sito del governo australiano o ad altri come www.nationalvisas.com.au, non più di dodici mesi prima della data di ingresso prevista nel Paese. La richiesta per il visto relativo al secondo anno può essere effettuata solo se si posseggono certi requisiti, tra cui i tre mesi di lavoro anche non continuativo in aree rurali dell’Australia e l’età compresa tra i 18 e i 30 anni al momento della presentazione della domanda, a condizione che il soggetto richiedente non sia accompagnato da minori a carico; il tutto viene spiegato sempre dal sito del governo australiano (il link specifico per l’argomento è il seguente: www.immi.gov.au/visitors/working-holiday/417/eligibility-second.htm).
Per chi è “specializzato”, ingressi più facili
Esistono tuttavia anche altri tipi di visto che è possibile ottenere, tra cui quello relativo alla skilled immigration, ovvero a professionisti di alcuni settori lavorativi che l’Australia richiede; in questo caso i requisiti sono molto diversi e il visto offerto è un permanent, che non garantisce la cittadinanza ma la possibilità per i primi cinque anni di entrare e uscire liberamente dall’Australia e dopo la scadenza di rimanere nel Paese a tempo indefinito a condizione di non commettere reati. Ulteriore alternativa, che esula dalla richiesta formale di un visto, è l’ottenimento di una sponsorship da parte del proprio datore di lavoro, il quale con documenti ufficiali dichiara l’insostituibilità del proprio dipendente e si impegna ad assumerlo a tempo pieno, con paga pari o maggiore al minimo salariale, per i successivi quattro anni. Ovviamente il fortunato è tenuto a prestare lavoro per il dichiarante, e qualora il rapporto lavorativo venisse interrotto, tale sponsorship potrebbe non essere più garantita. Quest’ultima è probabilmente la forma meno diffusa di richiesta per il prolungamento del soggiorno lavorativo, data soprattutto la difficoltà di ottenimento. Tutte le informazioni relative a questo e ad ogni tipo di visto sono disponibili sul sito del governo australiano.
Tasmania: picking (raccolta), per conoscere l’Australia
Per molti, quindi, l’unica possibilità per prolungare la permanenza in Australia resta il lavoro nel settore primario. Comunque la si guardi, l’esperienza del picking può dare molto; le sue mille sfaccettature non nascondono giorni di caldo torrido, lunghe ore sotto il sole o sotto la pioggia, molta fatica e spesso poco guadagno. Ciò che però si guadagna in amicizie ed esperienza, quasi sempre compensa ogni sforzo e la volontà di mettersi alla prova – anche se solo per una manciata di settimane – tanto quanto dura la raccolta, ne è ripagata. Quando gli ultimi raggi di sole spariscono dietro le colline, una brezza fresca avvolge la valle, lasciando spazio a ciò che in poche ore si trasformerà in un cielo scuro ma pieno di stelle, che sembra davvero di poter toccare con un dito. Tornando a casa, stanchi, lasciamo che la mente vaghi tra i ricordi della giornata e i campi verdi che scorrono fuori dal finestrino. E’ in quei momenti che, di frequente, mi scoprivo a pensare ad una frase sentita una volta in un film: “spesso bisogna immergersi in una realtà completamente diversa per capire la propria”. Questo, e molto altro, è ciò che a me hanno lasciato l’Australia e le lunghe giornate di picking in Tasmania.