Saranno presentati al pubblico il 12 novembre a Venezia i volumi “Torcello scavata. Patrimonio Condiviso” e “Quando Torcello era abitata” (scaricabile dal sito internet della Regione Veneto) che contengono tutti gli esiti delle campagne di scavo condotte negli ultimi vent’anni sull’isola di Torcello, nella Laguna e, in particolare, i risultati dell’ultimo scavo, realizzato e finanziato dalla Regione del Veneto, in collaborazione con l’Università Ca’ Foscari di Venezia, su concessione del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, nell’ambito di “Shared Culture – Progetto strategico per la conoscenza e la fruibilità del patrimonio condiviso”.
Un mito sfatato
I volumi gettano nuova luce sulle origini di Venezia e sfatano il mito della nascita della città a causa delle devastazioni barbariche nell’entroterra. Torcello narra il passaggio tra l’epoca antica, sviluppatasi intorno alla ricca città lagunare di Altino, che a partire dal periodo imperiale si insabbia a opera dei detriti del Sile, e l’eccezionale stagione commerciale e culturale rappresentata dalla Serenissima Repubblica. I recenti studi dimostrano come la colonizzazione della laguna sia stata opera di un graduale spostamento delle funzioni commerciali e portuali dall’entroterra verso il mare, in luoghi più adatti all’attracco e alla navigazione. L’ultimo scavo ha riportato alla luce numerosi reperti di epoche diverse e fondazioni di edifici a uso abitativo e produttivo, tra le quali alcune case a due piani del XIII-XIV secolo e una fornace dei secoli centrali del Medioevo, confermando come il sito sia di altissimo interesse culturale per ricostruire la storia economica, urbanistica e quotidiana della laguna.
Collaborazione internazionale
La ricerca ha visto lavorare insieme archeologi, archeometristi, restauratori di università italiane e straniere, come il McDonald Institute di Cambridge e il Dipartimento di Archeologia di Nottingham, della Soprintendenza per i beni archeologici del Veneto e della Regione del Veneto. Il cantiere di scavo è stato diretto da Diego Calaon dell’Università Ca’ Foscari, ora nell’ateneo statunitense di Stanford, mentre l’attività di studio, analisi e restauro dei reperti da Guido Biscontin ed Elisabetta Zendri del Dipartimento di Scienze Ambientali, Informatiche e Statistiche di Ca’ Foscari. Attraverso borse di studio la ricerca ha permesso inoltre l’alta formazione scientifica di una decina di giovani operatrici dei beni culturali.