Venerdì 22 Novembre 2024 - Anno XXII

Tra i castelli di Duino e Miramare nella Marca orientale del Belpaese

Arruolato in un Famtrip del Movimento Turismo del Vino del Friuli Venezia Giulia, lo scrivano sta girando per la Marca Nordorientale del Belpaese. E poiché fortunatamente non si vive di solo pane (ogni tanto ci scappa anche qualche fetta di salame) ecco che  – tra svariate agapi e degustazioni – i gentili anfitrioni hanno lasciato spazio pure a  qualche esigenza culturale. Per la gioia del cronista si  è pertanto  visitato Monfalcone, Gorizia, il Collio, Udine e Redipuglia. Dopo la bella cena nel Carso goriziano (di cui alla puntata precedente)  il megatour approntato dagli amici furlàn si conclude con una gita … Leggi tutto

Arruolato in un Famtrip del Movimento Turismo del Vino del Friuli Venezia Giulia, lo scrivano sta girando per la Marca Nordorientale del Belpaese. E poiché fortunatamente non si vive di solo pane (ogni tanto ci scappa anche qualche fetta di salame) ecco che  – tra svariate agapi e degustazioni – i gentili anfitrioni hanno lasciato spazio pure a  qualche esigenza culturale. Per la gioia del cronista si  è pertanto  visitato Monfalcone, Gorizia, il Collio, Udine e Redipuglia. Dopo la bella cena nel Carso goriziano (di cui alla puntata precedente)  il megatour approntato dagli amici furlàn si conclude con una gita ai castelli di Duino e Miramare …

Made in USA, odio e amore

Castello di Duino
Castello di Duino

Ed eccoci alla tappa finale del famtrip, orrida parola (deriva da “familiarization” – vedere, conoscere, parlare ma soprattutto magnare e bere – e da “trip”, viaggio) che detto col poeta significa “giornalisti e addetti al turismo viaggianti a sbafo”, brutto neologismo che nel “mundillo” turistico del Belpaese ha riscosso successo per il solo motivo che proviene dagli States. Perché, come già accennato nel tomo precedente, ai raduni antiamericani potranno anche manifestare in milioni urlando “Yankee Go Home” ma alla fine della fiera l’italico sport nazionale resta lo “scimmiottamento” di tutto ciò che è “Made in Usa”, ivi comprese le consumistiche feste fasulle tipo Halloween, San Valentino, la Festa di Papà, Nonni e Zie (manca solo la novembrina Festa del Tacchino, forse solo perché il pennuto non è incluso nello spot televisivo dei polli garantiti dalla “parola di Francesco Amadori”).
Ne consegue che anche il più accanito “No Global anti-Bush” nostrano (indossante jeans, teeshirts, Ray Ban, Timberland, Baseball cap, magliette Nyc e scarpe Nike) somiglia più all’Alberto Sordi “del Kansas City” nel film ”Un Americano a Roma” che a un kamikaze Fedayn rigenerante il Mondo, quale si crede (e vorrebbe) essere.

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Da un Casato alemanno ad uno bergamasco

Duino
Duino

Galop finale, dunque, verso Trieste (fosse solo per non “vederla in cartolina” come nella scherzosa canzoncina del “General Cadorna che scrisse alla regina”) non senza due doverosi stop negli asburgici castelli di Duino e Miramare.
Non solo per storica vetustà e magnifica posizione panoramica e strategica, ma anche per altri validi motivi, l’arroccato borgo di Duino andrebbe preferito all’arzigogolato edificio di metà Ottocento voluto dal fratello di Cecco Beppe.
Invece non è così, visto che il castello di Miramare è il quarto monumento più visitato in Italia. Duino vanta comunque un intrigante “ensemble” di architetture (bella la corte) che spazia dall’epoca medioevale a costruzioni più recenti, propone attualmente una valida e varia attività culturale (interessante, durante la nostra visita, un’esposizione dell’arte cinese) e grazie alla posizione sull’ultimo sperone roccioso del Carso, offre dintorni contrassegnati da una Natura aspra eppur piacevole. Ulteriore attrazione della storica rocca di Duino, la mitica passeggiata di Rainer Maria Rilke, indiscutibile “dritto della Mecca” nel trovare i posti giusti dove campare, considerato che quando non se la spassava a Duino se la godeva all’hotel Reina Victoria nell’andalusa Ronda, ospite sì assiduo da convincere i proprietari a trasformare in museo la camera da lui abitata.
“Noblesse oblige”, il castello è da secoli proprietà della dinastia Thurn und Taxis, alias la bergamasca famiglia Tassi che fece fortuna inventando il servizio postale (e pure sulla parola “taxi” potrebbero rivendicare una sorta copyright). Un casato che, con tutta la grana accumulata facendo i postini nell’impero asburgico, oggidì potrebbe anche permettersi il lusso di non dover vendere la birra di famiglia nel bar dell’avito borgo (ma i bergamaschi, si sa, se si parla di “danée” non vanno per il sottile e a conti fatti la birra Thurn und Taxis non è poi così male).

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